Digital Urbanism | semi di Eden (Energy Data ENgagement)

Internet smetterà di essere il protagonista della nostra evoluzione tecnologica. Lo ha affermato Erich Schmidt al World Economic Forum 2015. L’executive chairman di Google ritiene, infatti, che la rete sarà completamente assorbita  da tutto ciò che ci circonda e, metabolizzata dalla nostra società, arriverà a far parte di essa in modo definitivo. A innescare questo processo l’internet delle cose (Internet of Things-IoT), ovvero l’estensione per cui i nostri oggetti acquisiscono intellingenza comunicando dati su se stessi e sull’ambiente che li circonda.

//Internet of Things

L’analisi di Schmidt sull’IoT trova conferma nei dati di una recente ricerca di mercato condotta da Gartner secondo cui entro il 2020 questa rivoluzione arriverà a coprire oltre 26 miliardi di dispositivi connessi. Un numero di gran lunga superiore a quello attuale di smartphone, tablet e pc: l’Internet of Things avrà un impatto sulla società superiore a quello che ha avuto internet stessa.

Sempre Gartner, compagnia leader nella ricerca sull’informazione tecnologica e nella consulenza, dichiara in un report dedicato  che le persone stesse diventeranno “nodi” di internet, producendo sia dati statici che un sistema costante di attività capaci di generare informazioni.

In quest’ottica rispetto all’IoT le città sono leggibili come microcosmi che beneficiano della connesione tra persone, processi, dati e cose. L’evoluzione del concetto di “Smart City” negli anni è stata soggetta a numerosi rielaborazioni, ma una parte è rimasta sempre costante: la parte relativa alla dimensione “smart” è sempre stata connessa con la tecnologia delle informazioni e della comunicazione e internet per rispondere alle sfide urbane. La sfida che ora sorge per progettisti, architetti e urbanisti è ilDigital Urbanism”.

//Efficienza Energetica

Oltre alle sfide legate al passato l’IoT diventa strumento fondamentale anche per il miglioramento di ciò che esiste, come ad esempio nei processi di efficientamento energetico degli edifici pubblici. La Direttiva europea 2002/91/CE, fonte di tutta la recente legislazione in materia di rendimento energetico nell’edilizia, sottolinea che “l’energia impiegata nel settore  residenziale e terziario, composto per la maggior parte di edifici, rappresenta oltre il 40% del consumo finale di energia della Comunità; in questo contesto, gli edifici pubblici   costituiscono   un   considerevole   patrimonio   edilizio   sul   quale   poter intraprendere iniziative di miglioramento del rendimento e di efficienza energetica.

Il modello consolidato di produzione centralizzata di energia elettrica va trasformandosi in quello più articolato e avanzato, sia dal punto di vista tecnologico che gestionale, di generazione distribuita. Tale evoluzione suggerisce un nuovo paradigma per la produzione e distribuzione di energia che vede energia e informazioni veicolate su rete attiva, secondo un modello internet-like, con interazione continua tra produttori e consumatori e scambio costante di informazioni sui flussi di energia prodotta e la richiesta del momento.

Le nuove tecnologie offrono agli obbiettivi di efficenza energetica strumenti rivoluzionari. Di particolare interesse il sistema di smart metering : sistema di controllo basato su reti di sensori (wireless, Pic, RS485) per il monitoraggio in tempo reale dei consumi di luce, gas e acqua. La possibilità di monitorare i consumi con una cadenza molto più serrata che in passato (si passa dai dati della bolletta mensile alle informazioni prodotte ogni ora dagli smart meters) offre opportunità interessanti sia per i consumatori che per i produttori. Ma la massa di dati prodotti non sempre è leggibile. La sfida degli open data, infatti, è aperta.

Ma i cittadini sono pronti ad utilizzare questi strumenti?

//EDEN_Energy Data ENgagement

L’abilitazione al cambiamento trova idealmente sponda nell’educazione ma la scuola fatica ad accogliere le istanze tecnologiche sottese a questi processi. Alcuni esperimenti iniziano a prendere piede, come EDEN_Energy Data ENgagement. Progetto di IREN che nasce dall’idea di utilizzare il paradigma dell’Internet delle Cose per favorire una consapevolezza diffusa sui consumi energetici all’interno delle scuole.


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Il progetto ha coinvolto 3 scuole del quartiere Campidoglio della Città di Torino (Scuola Elementare Gambaro, Scuole Medie Nigra e De Sanctis). In alcune classi, o luogo significativi per la socialità sono stati posizionati dei sensori (in maggioranza rilevatori di parametri termici) distribuiti e connessi a internet. Questi smart meters sono stati integrati a una serie di strumenti di controllo dei dati raccolti (app, siti internet, cruscotti digitali di analisi e gestione dei dati), la cui osservazione permette di elaborare strategie di divulgazione e comunicazione che rendano gli utenti capaci di compiere scelte energetiche razionali e improntate alla riduzione dei consumi.

 

SocialFare® | Centro per l’Innovazione ha contribuito allo sviluppo di una social platform digitale studiata per l’engagement che, dando visibilità e significato a dati raccolti da sensori collocati negli istituti scolastici e in altri edifici e luoghi pubblici, potesse generare consapevolezza e stimoli comportamenti sostenibili negli studenti e, attraverso loro, nella cerchia più ampia di famiglie e cittadini. Il progetto intende sviluppare un sistema di raccolta, rappresentazione e condivisione di informazioni a soggetti diversi (Energy Manager, Studente, Stakeholder), rendendo accessibili e trasparenti i dati afferenti alle “cose” che ci circondano e stimolando l’implementazione di azioni e progetti di efficienza energetica. 

Al termine del progetto, conclusosi a luglio del 2015, è stato prodotta una valutazione dell’impatto sociale generato, rendendo evidente:

– l’importanza centrale degli insegnanti come mediatori di diffusione di consapevolezza e acquisizione di buone pratiche;

– l’importanza del gaming nell’engagement degli studenti;

– le potenzialità di diffusione connesse al ruolo degli studenti all’interno dell’ecosistema scuola-famiglie-quartiere.

La valutazione d’impatto ha coperto tutta la durata del progetto, prevedendo:

//in fase preliminare i rilievi olistici di contesto per evidenziare le specificità delle tre scuole e per studiare le condizioni “ambientali” in cui il progetto veniva realizzato.  

//In fase di implementazione alcuni nostri progettisti hanno proposto laboratori living-lab sia ai docenti che agli studenti con la finalità di co-progettazione la social-platform. L’indagine a chiusura del progetto ha previsto, accanto ad alcune interviste semi-strutturate, la somministrazione di sondaggi on-line ai docenti, e questionari in versione cartacea per  raggiungere studenti e famiglie.

//A chiusura del progetto gli esiti delle nostre ricerche sono stati formalizzati attraverso una data visualization, che ha rappresentato l’impatto sociale generato come una goccia capace di propagarsi attraverso le diverse cerchie coinvolte a seconda dell’estensione degli stakeholder raggiunti.

Il progetto ha vinto il premio SMAU per le Smart Communities.

 

Net2Share | la social card sostenuta dalla comunità

Dal 2008 l’assistenza statale alle fasce di popolazione più fragili si è dotato di un nuovo strumento: la social card. L’obiettivo è quello di aumentare le possibilità di spesa garantendo la privacy del beneficiario. In quell’anno gli aventi diritto identificati sono i pensionati di età superiore ai 65 anni con reddito inferiore ai 6000 euro annui e le famiglie con bambini con età inferiore ai 3 anni e ISEE al di sotto di 6000 euro. Oggi in fase di definizione la diffusione di una social card sperimentale dedicata ai disoccupati, già testata in 12 grandi città italiane Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, Verona.

Nonostante la validità dello strumento proposto i primi tentativi hanno mostrato dei grossi limiti, in particolar modo il fatto che spesso le carte erogate fossero prive del credito promesso. Inoltre i crescenti tagli al welfare pubblico da una parte e l’aumento dei “nuovi poveri” dall’altro rendono  questo strumento sempre meno sostenibile. L’impresa sociale Enzo B. propone una soluzione innovativa a queste difficoltà mettendo in relazione social card e crowdfunding, e lo fa con il progetto Net2Share (vincitore del bando Fatto per bene della Compagnia San Paolo).

L’idea è quella di sfruttare le nuove tecnologie digitali per creare delle reti virtuose e trasversali all’interno delle comunità locali. Si chiama Net2Share, dove:

// “Net” sta per la rete di soggetti locali che diventa protagonista di relazioni di aiuto e di prossimità;

// “2” perché connette due sistemi: quello del riuso di beni privati e quello delle donazioni mediate da un circuito commerciale;

// “Share” indica il risultato finale del progetto: redistribuzione e condivisione.

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Il progetto, che ha vinto 35 mila euro dal bando dedicato alle reti di prossimità indetto dalla Compagnia San Paolo, avrà una sperimentazione di un anno, prevedendo un market test per la start-up con l’Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo per poi puntare a crescere.

Entro la fine del 2016 la conclusione della sperimentazione a opera di Enzo B. in collaborazione con la rete di partner: SocialFare® | Centro per l’Innovazione Sociale, Associazione Arcipelago, Associazione Miravolante, Social Street di Corso Traiano e dintorni, le scuole Collodi Rodari e Cairoli, la Pasticceria del Borgo e l‘Associazione ComART.

Se vuoi saperne di più leggi anche l’articolo pubblicato da VITA dedicato a Net2Share!

Local economic Development | Il caso dei Cartoneros

Si concludono oggi i quattro giorni di incontri in cui si è articolato il Terzo Forum Mondiale dello Sviluppo Economico Locale. Raccontare la ricchezza del programma proposto è difficile, ma proviamo a restituire alcuni degli stimoli raccolti, riportando qualche spunto dall’incontro  “Social innovation: the case of Cartoneros”: uno dei molti workshop nell’ambito della linea tematica Localizing Employment Generation. Towards Local Inclusive Growth. Decent work and Green Jobs. Esperienza significativa per mostrare come esperienze locali possano orientare lo sviluppo globale.

Invitati sul palco a raccontare la loro esperienza Guadalupe Quijada Herandez (Recicladora/Pepenadora a Huajauapan de Léon, Mexico) e Marcelo Loto (Presidente della Cooperativa argentina della prestazione servizi “Reciclando Sueños”). Pepenadores messicani e Cartoneros argentini sono persone che in paesi in cui la raccolta differenziata fatica a prendere piede si occupano di raccogliere la carta dalla spazzatura, o dalle discariche, per rivenderla. Un lavoro pieno di pericoli, spesso considerato illegale, e nella maggior parte dei casi non regolamentato. Questi lavoratori oggi chiedono all’Onu il riconoscimento economico e sociale del loro lavoro. E lo fanno attraverso l’ideazione di una Carta per i diritti dei Raccoglitori informali di Rifiuti.

Guadalupe e Marcelo hanno raccontato la loro realtà in una Sala degli Svizzeri (Palazzo Reale, Torino) gremita di persone, e ascoltato le parole di Mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, che vede in questa Carta dei diritti uno strumento di grande efficacia per ricordare alla politica e alla Chiesa il loro compito di formare le coscienze per creare un’economia migliore. Enzo Lavolta, assessore all’ambiente (Comune di Torino) ha confermato l’impegno delle istituzioni nel riconoscimento dei diritti dei lavoratori e nell’attuazione di un ciclo di vita dei prodotti più sostenibile, evidenziando come questo documento consenta di dare dignità a un lavoro che ha anche uno straordinario valore ambientale.

“La carta — spiega Tito Ammirati, Presidente della Cooperativa Arcobaleno — ha lo scopo di riconoscere l’attività del raccoglitore di rifiuti come un lavoro, con competenze, regole e diritti riconosciuti.” Aggiungendo: “Nelle discariche di tutto il mondo moltitudini di persone producono un reddito. Chiediamo che la raccolta dei rifiuti sia universalmente riconosciuta come un lavoro.”
Obiettivo dichiarato dell’incontro: sottoporre per un riconoscimento formale dell’esistenza e delle rivendicazioni di questi lavoratori la Carta a Ban Ki-moon, Segretario generale delle Nazioni Unite.

Carta dei Diritti

FOUNDAMENTA#1 | Call4Startups

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FOUNDAMENTA#1 è prima call lanciata da Rinascimenti Sociali, acceleratore di conoscenza e imprenditorialità sociali: un ecosistema aperto che aggrega partner nazionali e internazionali con l’obiettivo di co-sviluppare soluzioni innovative alle più pressanti sfide sociali.

La call FOUNDAMENTA#1 ha come obiettivo selezionare fino a un massimo di 12 tra le migliori business idea/ start-up che rispondano a importanti sfide sociali del nostro paese presentando una soluzione innovativa nelle seguenti aree a impatto sociale generando nuova economia:

// Istruzione e Apprendimento
// Cibo e Alimentazione
// Salute e Benessere
// Housing
// Patrimonio culturale e artistico 
// Cittadinanza attiva 
// Migrazione

Le business idea/start-up selezionate saranno ammesse gratuitamente al programma di accelerazione Rinascimenti Sociali.

C’È TEMPO FINO AL 5 DICEMBRE!

// La partecipazione alla call è gratuita e APERTA a tutti gli italiani o stranieri che studiano o lavorano in Italia. Il referente del team deve essere maggiorenne.

// Sono ammesse imprese/soggetti costituiti in qualsiasi forma, purché costituiti da meno di 24 mesi (snc, srl, associazioni, cooperative, imprese sociali, ecc.), che team di progetti (eventualmente anche spin-off universitari o di altre organizzazioni/enti).

// La value proposition dei proponenti deve costituire una potenziale risposta a una sfida sociale o la generazione di valore economico condiviso e comunitario.

Le proposte selezionate accederanno a un programma unico in Italia, della durata di sei mesi (da gennaio a giugno 2016), capace di mettere a sistema per la prima volta diverse professionalità ed expertise, partner e mentor di eccellenza a livello nazionale e internazionale!

La call aperta ufficialmente il 14 ottobre 2015 alle ore 12:00, terminerà il 5 dicembre. Comunicazione delle business idea e start-up selezionate entro il 14 dicembre.

www.rinascimentisociali.org

Per maggiori informazioni in merito alla call FOUNDAMENTA#1 è possibile:

visitare il sito

http://rinascimentisociali.org/foundamenta/

scaricare il bando completo al seguente link

http://rinascimentisociali.org/wp-content/uploads/2015/10/foundamenta-bando.pdf

scrivere a

info@rinascimentisociali.org

La call FOUNDAMENTA#1 è promossa e gestita da

SocialFare® | Centro per l’Innovazione Sociale in collaborazione con il Consorzio TOP-IX

Il programma di accelerazione è erogato e gestito da SocialFare® in collaborazione con il Consorzio TOP-IX e la rete dei partner Rinascimenti Sociali.

 

 

 

 

20 ottobre 2015 | Giornata Europea della Microfinanza

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“Il microcredito è uno strumento finanziario rivolto a chi non riesce ad accedere al credito tradizionale a causa di mancanza di garanzie reali oppure per insufficiente storico creditizio. Tale strumento offre a soggetti deboli e a rischio di emarginazione una valida opportunità di inclusione finanziaria e sociale.” 

 

 

 

 

In occasione della Prima Giornata Europea della Microfinanza, PerMicro organizza una giornata PORTE APERTE nelle sue filiali e un evento esclusivo a Torino.

Il 20 ottobre 2015 alle h.18 presso la sede di Rinascimenti Sociali, via Maria Vittoria 38 (TO), si terrà un evento per festeggiare il ruolo del microcredito di PerMicro nella nascita e sviluppo di imprese.
L’aperitivo e alcune esposizioni saranno a cura di imprenditori finanziati da PerMicro.

 

PROGRAMMA

Modera: Francesco Manacorda – Vicedirettore de La Stampa

Andrea Limone – PerMicro
Guido Giubergia – Fondazione Paideia
Riccardo Aguglia – European Investment Fund
Silvia Boschetti – Citi
Laura Orestano – SocialFare®
Guido Bolatto – Camera di Commercio di Torino
Luis Alejandro Aonzo – Imprenditore
Stefano Giaquinta – Associazione PerMicroLab Onlus
Con la presenza del Sindaco della Città di Torino, Piero Fassino, e dell’Assessore della Regione Piemonte, Giuseppina De Santis

 

Per maggiori informazioni: giulia.boioli@permicro.it o www.permicro.it

Terzo Forum Mondiale dello Sviluppo Economico Locale

Il Terzo Forum Mondiale dello Sviluppo Economico Locale avrà luogo a Torino dal 13 al 16 ottobre presso il Polo Reale.

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Il LED (Local Economic Development) è un approccio guidato localmente e pianificato in modo strategico per consentire la crescita dell’occupazione, la riduzione della povertà e una maggiore qualità di vita. Una migliore governance economica a livello locale ed una più inclusiva ed equa partecipazione di tutti gli attori presenti sul territorio (privati, pubblici o civili) raggiungono tali obiettivi.

Il Terzo Forum Mondiale si propone di essere una piattaforma attraverso cui analizzare le esperienze che hanno influenzato le politiche economiche nel corso degli ultimi due decenni, cogliendo l’occasione offerta dal 2015: anno traguardo degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e contemporaneamente anno di avvio dellAgenda post 2015 di Sviluppo. Gli obiettivi individuati saranno adottati in occasione del Summit delle Nazioni Unite sullo Sviluppo.

Per rafforzare le capacità della comunità internazionale nell’affrontare le sfide globali è necessario, infatti, un maggiore impegno di tutti  per garantire un’armonizzazione delle politiche a livello locale.

Più di 300 Sindaci. 70 Paesi rappresentati. Tra i relatori attesi a Torino Ban Ki-moon, Luiz Inácio Lula da Silva, e i Sindaci di Barcellona, Belgrado, Belo Horizonte, Betlemme, Dakar, La Paz, Maputo, Santa Fe e Strasburgo.

I temi che saranno trattati riguarderanno tre aree tematiche:

 

La registrazione dei partecipanti si svolgerà martedi 13 ottobre dalle ore 13.00 alle 16.00 presso Palazzo Chiablese (Polo Reale).

I momenti legati alle Matching Opportunities, saranno ospitati invece nell’appartamento di Madama Felicita, all’interno del Palazzo Reale. In questa occasione la piattaforma Net-TO-Work sarà messa in atto dando l’opportunità – ad attori pubblici, privati e della società civile – di incontrarsi per sviluppare possibili accordi e  partnership.

Il programma è fitto di workshop, plenary session e panel.

(La registrazione è obbligatoria. Per ragioni di sicurezza sarà richiesto un documento di identità al registration desk.)

 

Quale sfida sociale vuoi vedere vinta? | HorizonPrize

Innovare significa migliorare in modo inedito (o significativo) beni, servizi, processi e metodi. Si parla di Innovazione Sociale quando essi sono progettati a beneficio della comunità, piuttosto che del singolo. Molto spesso le sfide sociali non possono essere incontrate attraverso approcci e soluzioni tradizionali.

Nell’ambito dei finanziamenti europei, all’innovazione è dedicato un programma di quasi 80 miliardi di euro: Horizon 2020. La Commissione Europea, in cooperazione con l’European Investment Bank Institute, pianifica ora di lanciare entro la fine dell’anno all’interno di questo programma un premio da 2 milioni di euro dedicato alle sfide sociali.

Lo scopo è il coinvolgimento delle comunità a lavorare con un obiettivo comune, suscitare interesse su questioni specifiche, attrarre innovatori dinamici verso aree finora non sondate, mobilitare nuovi investimenti privati per la ricerca e l’innovazione, e stimolare soluzioni inedite alle sfide che si propongono attualmente ai cittadini europei.Schermata 09-2457284 alle 18.00.41

Il premio si propone di essere innovativo fin dalle sue prime mosse, tentando l’engagement della società civile a partire dalla scelta della prima sfida da affrontare. Da ieri, infatti, è possibile votare online tra cinque temi differenti per scegliere quale tema sarà protagonista del premio.

Gli ambiti proposti sono:

  • Obesità infantile
  • Invecchiamento della popolazione
  • Integrazione dei migranti nel mercato del lavoro
  • Imprenditorialità femminile, e cittadini per l’energia pulita.

Il voto per #HorizonPrize si chiuderà il 22 ottobre, e sarà possibile votare fino alle ore 12 del 21 ottobre al link http://ec.europa.eu/research/horizonprize/index.cfm?prize=social-innovation.

 

 

SUPERNOVA TORINO | 26-27 settembre 2015

SocialFare® partecipa a Supernova: un festival pensato per far nascere sinergie e contaminazioni, esplorando esperienze locali di innovazione e riflessioni sulle possibilità offerte dai nuovi strumenti tecnologici.

Il primo Centro per l’Innovazione Sociale in Italia sarà presente alle due giornate per parlare di social innovation. Tra gli appuntamenti da non perdere segnaliamo:

  • L’Innovazione sociale dirompente: cosa fare e con fare per provocarla“, conferenza (26 settembre 2015, 16:00 – 17:00; main dome in Piazza Carlo Alberto, Torino). Spunti e riflessioni per un ecosistema locale attrattivo e creativo: Torino ha tutti i presupposti per candidarsi a diventare polo europeo dell’innovazione sociale. Un’occasione di confronto tra i più vivaci protagonisti del panorama torinese, tra gli oratori del panel Laura Orestano (CEO di SocialFare®) che presenterà l’Acceleratore Rinascimenti Sociali di Torino.
  • “Pensa, Scopri e Sperimenta la progettazione sociale”seminario (26 settembre 2015, dalle18:30 alle 20:00, dome stories in Piazza Carlo Alberto, Torino). L’Accademia di Progettazione Sociale Maurizio Maggiora guida il dialogo informale fra moderatore, pubblico ed esperti progettisti per indagare assieme differenti esperienze e metodi di progettazione sociale. Ogni presentazione risponderà a uno specifico motivo conduttore: “Pensa” : come strutturare un’idea perché possa trasformarsi in un’iniziativa sostenibile nel tempo? “Scopri: come si crea una rete efficace di partner, e si coinvolge la comunità? “Sperimenta: quanto è importante la sperimentazione nella realizzazione di un progetto vincente, sostenibile, e dall’impatto misurabile? Intervengono Laura Orestano (SocialFare®), Vittorio Pasteris (Quotidiano Piemontese), William Salice (Fondazione Color Your Life).
  • WikiSocial“, format innovativo di dibattito (27 settembre 2015, 16:00 – 17:00, Piazza Carlo Alberto, Torino). Nel 2001 la cultura è stata rivoluzionata dall’avvento di wikipedia, una enciclopedia online a contenuto aperto, collaborativo, multilingue e gratuita. Oggi SocialFare® propone la prima conferenza open source. Un format innovativo capace di scardinare l’impostazione convenzionale delle conferenze, trasformando un evento in un luogo di convergenza in cui i diversi punti di vista possono contaminarsi, arricchirsi e integrarsi. Alcune tra le più significative parole appartenenti al nuovo lessico proposto dall’innovazione sociale diventano lo spazio per confrontare azioni già compiute, esigenze del territorio, proposte che possano orientare i prossimi passi assieme. Prenderanno parte all’occasione di confronto: Daniele Alberti (Starboost), Carlo Boccazzi (Consorzio Kairos, progetto P-PSAFA),  Luca Facta (Federsolidarietà), Federico Maggiora (Accademia di Progettazione Sociale M. Maggiora), Daniele Russolillo (Fondazione per l’Ambiente T. Fenoglio), Alessandro Toci (Slow Food).

Per maggiori informazioni sul Festivalhttp://torino.festivalsupernova.it 

WEstart | Mapping Social Entrepreneurship in Europe

  Il progetto WEstart è un progetto di ricerca europeo dedicato alla mappatura dell’imprenditorialità sociale femminile in Europa. La prima fase pilota, che si concluderà a settembre 2015, è il primo passo verso una più estesa strategia a lungo termine: sostenere l’imprenditorialità sociale femminile favorendo il contatto con gli stakeholder chiave e la promozione di mirate azioni di policy.

Tra le dieci nazioni coinvolte è presente anche l’Italia, a cui è dedicato il mini report Women’s Social Entrepreneurship in ITALY, creating value by addressing and tackling unmet social needs. Il report sintetico, disponibile da pochi giorni online, è basato sui primi dati empirici raccolti tra maggio e giugno del 2015 in Italia da European Woman’s Lobby.

I dati raccolti uniscono una desk research articolata su 10 intervistate attraverso un format di indagine semi-stutturato secondo il feminist interview method, e i sondaggi sottoposti on-line a 32 imprenditrici. Tra di loro Laura Orestano, CEO di SocialFare®.

Il quadro, che risulta dall’indagine condotta da Valentina Patetta, offre una visione complessiva sullo stato dell’arte dell’imprenditorialità sociale in Italia, evidenziandone punti di forza e criticità. In questa mappa complessiva emerge con forza il contributo specifico che le donne sanno portare in questa nuova forma di imprenditorialità caratterizzata da un approccio responsabile, trasparente e innovativo.

 

Women’s Social Entrepreneurship in Italy, report integrale.

Mapping Women’s Social Entrepreneurship in Europe, synthesis report.

WEstart, piattaforma.

Fare impresa sociale si può, si deve, conviene. Ecco perché

Le diverse esperienze imprenditoriali che un po’ ovunque – anche in Italia – stanno attecchendo in un terreno inaridito dalla crisi si collocano in uno scenario di cambiamento, di rottura con il passato che impone un nuovo modello di sviluppo. Un modello che esprime esempi concreti, quindi reali, di come un’impresa sia capace di generare valore economico e valore sociale allo stesso tempo, facendo incontrare due mondi che fino ad oggi pensavamo opposti e inconciliabili.

L’imprenditorialità sociale è possibile, anzi, auspicabile in una società dove la contrazione delle risorse pubbliche e la crescente disuguaglianza costringono a percorrere nuove strade: alcune non portano lontano, altre sì, con tutti i rischi di fallimento che comporta ogni nuova sperimentazione, soprattutto se non è sostenuta da un’”alleanza” tra le diverse componenti della società civile.

Ne parliamo col prof. Filippo Giordano, dal 2011 docente di imprenditorialità sociale alla Bocconi di Milano, al quale chiediamo innanzitutto: cos’è un’impresa sociale, quali sono gli elementi che caratterizzano questo modello?

Filippo_GiordanoNon c’è una condivisione sul piano scientifico di cosa è un’impresa sociale. Ci sono diverse scuole di pensiero e tantissime definizioni che risentono dei diversi approcci al tema (giuridico, manageriale, economico e sociologico).

Per gli studi di management un’impresa sociale è un’organizzazione che ha come finalità primaria quella di generare cambiamento e impatto sociale, non dando semplicemente risposta ai problemi ma contribuendo alla loro risoluzione. Ciò connota la parola “sociale” in senso ampio. Mentre “l’impresa” è lo strumento attraverso cui si persegue questo scopo.

Un’impresa sociale, come le imprese tradizionali, è infatti basata su un business model market-based in cui la sostenibilità economica ed il perseguimento della missione sono garantiti prevalentemente dalla produzione e vendita di beni o servizi. La finalità sociale di un’impresa, però, fa sì che l’imprenditore agisca nell’esclusivo interesse della missione e non nel suo, destinando ad esempio i margini a favore dell’obiettivo sociale da perseguire.

Eppure non profit e impresa sono due modelli completamente differenti…

Certo. Il concetto d’impresa porta con sé l’elemento del rischio imprenditoriale, dell’innovazione e dall’orientamento al mercato. Questi aspetti non appartengono al non profit tradizionale, che si finanzia prevalentemente con donazioni e contributi pubblici ed eroga servizi gratuitamente e in ogni caso non con logiche market-based.

Anche le logiche di intervento sono diverse. Il non profit tradizionale interviene per rispondere a un bisogno sociale generato dal fallimento del mercato e dello stato. L’imprenditorialità sociale cerca soluzioni innovative in grado di rimuovere i fattori alla base dei problemi. Per questo le organizzazioni che lavorano per favorire l’inclusione sociale possono essere definite imprese sociali.

Inoltre, un modello di impresa sociale impone strategie di funding e diversificazione delle attività che permettano di raggiungere autonomamente la sostenibilità economica. Ma devo dire che su questo il non profit tradizionale sta evolvendo e si verifica una certa convergenza di pratiche. E’ frequente che il non profit, quando incontra il mondo del business, metta in campo esperienze interessanti. Si crea un mondo ibrido dove innovazione e impatto sociale sono legati ala contaminazione di competenze e modelli di business che vengono da più settori.

Quali modelli di impresa sociale esistono oggi in Italia?

Le cooperative sociali sono imprese sociali a tutti gli effetti. Lo sono soprattutto quelle di tipo B, mentre quelle di tipo A possono presentare più elementi di criticità in quanto erogano servizi in convenzione con il pubblico: se il rapporto con la pubblica amministrazione è di dipendenza, vengono a mancare i requisiti di autonomia e orientamento al mercato.

Altri modelli di impresa sociale sono le “Srl” (Società a responsabilità limitata) fondate nell’interesse della comunità, per rispondere a  suoi bisogni, o le imprese sociali ex lege. E poi c’è tutto il tema delle startup innovative a vocazione sociale. Però ripeto: se portiamo la discussione sulle formule giuridiche sbagliamo strada. Parlare di impresa e imprenditorialità sociale significa prima di tutto discutere di un nuovo modo di concepire sia il sociale che le modalità di intervento.

Può farci degli esempi concreti?

A Padova il consorzio di cooperative sociali di tipo B “Officina Giotto” accompagna al lavoro disabili e realizza nelle carceri programmi di reinserimento dei detenuti coinvolgendoli nel contesto di un’azienda che intende essere competitiva sul mercato.

Sant'AgostinoA Milano il Centro medico Sant’Agostino è una srl promossa da Oltre Venture, il fondo di venture capital sociale di Luciano Balbo. Si tratta di una rete di poliambulatori specialistici che sperimentano un modello di sanità che concilia qualità elevata e tariffe accessibili per rispondere a un bisogno crescente e insoddisfatto di una larga parte di popolazione.

In Toscana l’impresa sociale Dynamo Academy srl con i proventi delle sue iniziative di formazione ed eventi aziendali contribuisce – secondo un modello nato negli Stati Uniti – alla sostenibilità economica di Dynamo Camp onlus, organizzazione non profit che ospita gratuitamente in campi estivi bambini malati grazie a donazioni e al 100% dei margini di attività di Dynamo Academy.

untitledMarioWay” è una  startup innovativa a vocazione sociale che sta lanciando un nuovo modello di sedia a rotelle che permette al disabile di portarsi ad altezza naturale: qui c’è anche il tema  dell’innovazione tecnologica applicata a un oggetto, la sedia a rotelle, che non viene innovato dal 1932.

In Italia l’attuale quadro normativo favorisce lo sviluppo dell’imprenditorialità sociale?

No. L’unico quadro normativo consolidato riguarda il mondo delle cooperative sociali. E’ questo il modello prevalente in Italia. In Inghilterra per costituire una community interest company, cioè un’impresa sociale, ci vogliono 3 giorni e 35 sterline; ma occorre poco anche per mettere in piedi un’impresa tradizionale. In Italia è tutto più complicato.

Però il dibattito in corso nel nostro Paese è molto vivace…

Certo, ci sono aspetti positivi, si cerca di dare la possibilità ad altre forme giuridiche tipicamente profit di fare impresa sociale. Ma l’impostazione italiana va prima a verificare “chi” sei e poi “cosa” fai. Se sei una cooperativa sociale va bene. Il modello anglosassone, invece, guarda prima al “cosa”, alla sostanza,  più che alla forma, con un approccio che crea elementi di flessibilità.

Il dibattito italiano si sta ponendo il problema dell’inclusività, ma si continua a ragionare sul “chi”. Il Governo dovrebbe dare legittimità all’imprenditorialità sociale, leva straordinaria per promuovere la crescita e l’occupazione del Paese; dovrebbe  creare un ambiente normativo favorevole, un ecosistema, ma aldilà delle dichiarazioni di facciata ciò non sembra essere una priorità politica.

Il tema delle community interest company in Inghilterra viene gestito dentro il ministero dello Sviluppo economico,  mentre in Italia il tema è gestito dal ministero del Welfare. Segnale importante che in Italia l’argomento viene relegato al mondo del sociale in senso stretto.

Come vede il futuro degli attuali sistemi socio economici occidentali?

Sicuramente non sono sostenibili. Tutte le ricerche che riguardano il consumo delle risorse del pianeta ci dicono che nel 2050 avremo bisogno di risorse pari a due pianeti e mezzo con gli attuali livelli di consumo e i trend demografici; inoltre, questo sistema sta aumentando il gap tra ricchi e poveri: non è un caso che i segnali di crescita del pil dei Paesi occidentali non siano accompagnati dalla crescita dei livelli occupazionali.

Cosa occorre dunque per promuovere il cambiamento sociale e un’economia “positiva”?

Abbiamo bisogno di attori economici e politici che prendano decisioni in prospettiva di lungo periodo. Abbiamo bisogno di modelli imprenditoriali che non solo creino valore economico, ma in cui il valore creato venga distribuito equamente su tutta la filiera. Occorre promuovere un sistema economico in cui nel fare impresa e nel concepire anche interventi pubblici ci siano al centro valori come l’equità, l’inclusione sociale e la sostenibilità ambientale.