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Forbes under 30: anche nel 2022 i nostri startupper fra i giovani imprenditori italiani più interessanti

Sono Giovanni Pizza e Fabrizio Pinci, founder di BonusX, e Arianna Ortelli, fondatrice di Novis Games. Nel 2021 si è guadagnata la menzione Danila De Stefano, fondatrice di Unobravo, e nel 2019 Gianluca Manitto e Alessandro Ambrosio di Epicura. Una conferma che i talenti selezionati e accelerati da SocialFare sanno fare la differenza nel mondo imprenditoriale italiano!

Siamo alla quinta edizione del progetto di Forbes che ogni anno, dal 2018, premia il meglio dell’imprenditoria giovanile italiana: “ragazzi che, con le loro idee visionarie, stanno contribuendo a rivoluzionare il nostro modo di vivere, di lavorare, di divertirci e di mangiare. Una community di imprenditori, startupper, (…) che hanno avuto il coraggio di investire nei loro progetti facendoli diventare realtà”.  

Apprendiamo con orgoglio che fra gli Under 30 di Forbes Italia per il 2022 ci sono i fondatori di ben due startup accelerate da SocialFare: BonusX e NovisGames.

 

Giovanni Pizza e Fabrizio Pinci sono i giovani imprenditori che nel marzo 2020, in piena pandemia, hanno fondato BonusX, startup per semplificare la burocrazia italiana. In quei primi mesi del 2020 hanno anche superato la nostra selezione, scelti fra oltre 130 team candidati alla call FOUNDAMENTA#9, così che la loro impresa è nata e cresciuta “sui banchi” del programma di accelerazione di SocialFare per startup a impatto sociale La sfida di Giovanni e Fabrizio è rendere i servizi pubblici più accessibili alla comunità, attraverso un servizio di assistenza personalizzata che semplifica e velocizza in particolare le richieste per ottenere agevolazioni e bonus a cui si ha diritto. I risultati a due anni di distanza li racconta la stessa Forbes in questo articolo: con oltre 20mila utenti registrati e 3 milioni di euro di bonus erogati tra 2020 e 2021, BonusX riesce a gestire oltre 5.000 pratiche al mese. 

Anche a livello finanziario la startup raccoglie risorse per crescere e “scalare”: supportata in fase di avvio da un’iniezione di capitale da SocialFare Seed, il nostro veicolo di investimento (leggi qui per approfondire), l’impresa ha dimostrato quest’anno la propria maturità in termini di investment readiness chiudendo in febbraio una raccolta di 1 milione di euro tra equity, fondo perduto e finanziamenti. Tra i partner dell’operazione Banco Bpm, Invitalia, 2031 e MoffuLabs che hanno dato fiducia alla startup grazie alle performance dell’ultimo anno. I capitali raccolti saranno investiti nell’espansione del progetto in un secondo mercato europeo, nella crescita della base di utenti e nello sviluppo di nuove funzionalità, bonus e servizi integrati.

 

Arianna Ortelli è CEO e founder di Novis Games, startup che sta sviluppando la prima piattaforma di gioco completamente accessibile a persone cieche ed ipovedenti. Attraverso un ambiente digitale immersivo dalle caratteristiche acustiche e tattili è possibile giocare senza l’interfaccia video, con una tecnologia che garantisce l’inclusione promuovendo uno stile di vita attivo e partecipativo.

Dopo aver seguito il nostro programma di accelerazione FOUNDAMENTA#7 nel 2019, la startup ha fatto grandi progressi e ottenuto importanti premi e riconoscimenti. Arianna è citata da Forbes insieme a Marco Andriano, collaboratore di Novis Games che oggi è anche socio dell’azienda.

 

Non è la prima volta che gli startupper accelerati da SocialFare sono scelti da Forbes fra gli under 30 da tenere d’occhio: è accaduto nel 2021 con Danila De Stefano, psicologa napoletana che ha dato vita a Unobravo (qui il 1° di una serie di articoli che Forbes le ha dedicato) – che ha seguito il programma di accelerazione insieme a BonusX – e nel 2019 con Gianluca Manitto e Alessandro Ambrosio (qui uno degli articoli su Forbes), founder di Epicura

3 startup fondate da giovani talenti che hanno mosso i primi passi insieme al nostro team e hanno saputo crescere in maniera straordinaria a livello professionale, economico e finanziario, superando brillantemente la prova della pandemia e sviluppando attività imprenditoriali che generano un impatto sociale concreto e tangibile per la comunità, attraverso l’offerta di servizi che rispondono a reali esigenze dei cittadini e che creano opportunità di lavoro nel nostro paese. 

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Impact Startup Acceleration: con noi crescono le migliori startup a impatto sociale


Martina Muggiri, Startup Program Coordinator di SocialFare, gestisce e coordina le attività dell’acceleratore di startup di SocialFare. Avviato nel 2016, il nostro programma di accelerazione per startup a impatto sociale giunge con l’ultima call PLANET FOUNDAMENTALS alla sua 15° edizione. 

99 le startup accelerate fino ad oggi, che nel loro complesso hanno raccolto ad oggi un ammontare totale pari a 40 milioni di euro di raising, di cui 1,8 erogati da SocialFare Seed (dati aggiornati febbraio 2023, ndr).

Abbiamo chiesto a Martina di raccontarci cosa distingue il nostro programma di accelerazione e che tipo di valore aggiunto porta il nostro lavoro alle startup che selezioniamo e seguiamo. 

A chi si rivolge il programma di accelerazione per startup di SocialFare?

Il target del nostro acceleratore di impact startup sono imprese che abbiano la capacità di crescere rapidamente e in modo consistente tanto dal punto di vista economico quanto dal punto di vista dell’impatto sociale che generano. È rilevante quindi che i team candidati abbiano l’ambizione di portare il loro progetto di innovazione sociale ad uno scale-up a livello nazionale, se non addirittura internazionale.

Cosa si intende per impact startup?

Cerchiamo startup con un progetto imprenditoriale volto a generare un impatto positivo dal punto di vista sociale. 

È fondamentale che questo impatto sia intenzionale e misurabile: non si tratta di aziende impegnate in azioni correttive sull’impatto generato dal proprio business, bensì di progetti che pongono l’impatto sociale al centro della loro mission aziendale, attività nate espressamente con l’obiettivo di risolvere un problema della collettività.

La ricaduta sociale dovrà essere inoltre tracciabile e misurabile tramite indicatori che potranno essere definiti con precisione nel corso del programma di accelerazione, che prevede infatti un modulo dedicato in modo specifico alla valutazione dell’impatto

In base all’esperienza di questi anni, avendo esaminato centinaia di candidature e seguito diverse decine di startup selezionate, posso affermare che se la misurabilità è un aspetto che si può affinare insieme in fase di accelerazione – quanto meno il come misurare l’impatto – l’intenzionalità è invece un elemento che deve emergere immediatamente, anche in un progetto imprenditoriale agli albori, a prescindere dal suo stadio di sviluppo.

Di cosa si occupano le impact startup che selezionate?

Siamo particolarmente interessati a progetti imprenditoriali che portano soluzioni innovative, siano esse di prodotto, servizio, modello. Premesso il nostro focus imprescindibile sull’impatto sociale, non abbiamo una specificità settoriale, come potrebbe essere la moda, il food, o il digital, (…). Siamo piuttosto orientati agli SDGs, gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU. Acceleriamo soluzioni in risposta a esigenze sociali in diversi ambiti, seguiamo prodotti “fisici” ma anche servizi digitali, modelli di business B2B o B2C, il nostro portafoglio è eterogeneo, perché l’impatto sociale è un obiettivo trasversale.

Devono essere attività imprenditoriali già avviate?

Generalmente selezioniamo startup early stage con un prototipo già validato o con un prodotto lanciato da poco sul mercato. Spesso a questo stadio le startup ancora non riescono a comunicare bene quello che fanno, non mi riferisco tanto alla comunicazione rivolta al cliente quanto alla capacità di valorizzarsi rispetto, ad esempio, ai potenziali investitori. Il nostro programma d’altra parte serve anche a questo: vedremo insieme la catena del valore del prodotto o servizio e le metriche di riferimento (KPI) per misurare e monitorare lo sviluppo del business, anche allo scopo di cercare investimenti.

Come avviene lo scouting delle startup?

In Italia il social impact è ancora un settore di nicchia: la qualità sta crescendo, ma è necessario un buon lavoro di ricerca per intercettare le startup a impatto sociale con un buon potenziale. 

Il nostro lavoro di scouting include canali digitali per la ricerca, ma anche e soprattutto un buon lavoro di rete a livello nazionale con incubatori, acceleratori e anche investitori che spesso ci segnalano startup interessanti e in target per noi, non ancora pronte a ricevere un investimento.

Quali errori fanno più frequentemente le startup che incontrate?

Quasi tutte inizialmente sottostimano i costi: la pianificazione economico/finanziaria è uno degli aspetti che rivediamo in modo accurato durante il percorso.

Un altro errore frequente riguarda il team: se è vero che si parla spesso delle competenze, che sono senza dubbio determinanti e fondamentali, a volte non si investe abbastanza nella creazione di un clima di lavoro sano. Gestire una startup è infatti molto impegnativo, anche psicologicamente, non mancano momenti di grande stress. Se i founder non riescono a impostare un clima positivo e a offrire rinforzi che aiutino il team in questi momenti, con il tempo se ne pagano le conseguenze. 

Poi c’è la poca flessibilità di pensiero: ci sono startup molto convinte delle loro ipotesi e poco disposte a metterle in discussione, e questo non fa bene. A volte un team è così affezionato alla propria idea da non rendersi conto di validare, di fatto, i risultati che vuole vedere più che quelli davvero attendibili.

Un ulteriore aspetto da vigilare è la capacità di raccogliere metriche, analizzarle e prendere decisioni di conseguenza: una startup non può crescere se non è data-driven, è importante essere disposti ad acquisire competenza e metodo in questo senso.

In cosa si distingue il nostro programma di accelerazione?

Senz’altro nel nostro approccio altamente selettivo: non ci interessa fare numero, lavoriamo con pochi team selezionati e puntiamo sulla qualità. Questo ci permette di seguire le startup in accelerazione davvero da vicino, concentrandoci sui dettagli e offrendo numerose opportunità di consulenza specializzata 1to1. Il nostro programma è altamente personalizzato e questo fa la differenza.

Lavoriamo tanto sulla strategia e sul team, il cambiamento da prima a dopo l’accelerazione è radicale e determinante. 

Un altro aspetto caratteristico è l’eterogeneità di background del nostro team di accelerazione: io come designer (di prodotto e servizio) ed esperta di marketing sono affiancata da Filippo Psacharopulo, esperto di investimenti e finanza (leggi qui la sua intervista, ndr), Marco Cornetto, che ha una formazione economica e si occupa di crescita e sviluppo del business delle startup, e Claudia Del Monte, investment analyst.

C’è poi da sottolineare la collaborazione stretta fra il nostro team e SocialFare Seed, il veicolo di investimento che porta capitale finanziario alle nostre startup in accelerazione e che ci affianca già nelle fasi di selezione prima dell’avvio di ogni programma. Il nostro lavoro sulla investment readiness, ovvero la preparazione delle startup perché siano pronte a presentarsi agli investitori e a ricevere investimenti, è senza dubbio un grande servizio che offriamo alle “nostre” startup anche ben oltre il periodo dell’accelerazione, e che ci viene riconosciuto.

Ad oggi il 90% delle startup investite da SocialFare Seed a partire dal 2017 ha concluso con successo una raccolta di capitale successiva al nostro investimento.

Quanto conta il network di mentor, advisor e investitori di SocialFare?

 Molto, naturalmente. La nostra rete di advisor e mentor è complementare allo Startup Acceleration Team ed offre competenze di altissimo livello in diversi ambiti. Individuiamo le specifiche esigenze delle startup che seguiamo e le affianchiamo con professionisti specializzati, attivando anche mentorship prestigiose per i team più meritevoli.

L’altro tassello è costituito dal network di investitori che segue le nostre startup e partecipa ai Social Impact Investor Day, gli eventi conclusivi dei nostri percorsi di accelerazione. Se il nostro veicolo di investimento SocialFare Seed offre un’iniezione di capitale come boost iniziale durante l’accelerazione, fondamentale è che le startup arrivino a fine programma pronte a raccogliere investimenti più ingenti per fare il salto, e noi sappiamo di aver fatto davvero un buon lavoro quando questo match fra startup e venture capital avviene al meglio, dando risultati nei mesi e anni successivi al percorso.

In sintesi, FOUNDAMENTA (chiamato PLANET FOUNDALMENTALS in occasione della sua più recente call) è un programma che si è completato e raffinato nel corso degli anni, migliorandosi in ognuna delle sue 15 edizioni, arrivando oggi ad avere un track record davvero significativo.

Le startup vi riconoscono queste peculiarità?

Chi ci conosce o semplicemente segue con attenzione gli sviluppi delle nostre startup lo sa bene.

Un esempio: nel corso dell’ultima selezione, una delle startup candidate ha detto di aver avuto diverse opportunità per entrare in altri programmi di accelerazione, ma di aver scelto di puntare su di noi, perché vede i risultati delle startup che abbiamo accelerato. 

Per farsi un’idea basta seguire sui media i casi di Freedome, JoJolly, BonusX (qui una sintesi degli ultimi successi), Epicura (qui una delle ultime notizie sul Sole24Ore), o delle exit di startup molto note come Unobravo, accelerata e investita nel 2020 che ha chiuso un round di investimento di 17 milioni guidato da Insight Partner, e Aulab, accelerata e investita nel 2018 che è stata acquisita dal Gruppo Multiversity (CVC Capital Partners).

Alla fine del programma, qual è l’x factor che determina il successo di una impact startup?

Il nostro programma di accelerazione è estremamente efficace là dove i team sono eccezionali.
In questo siamo bravi: selezioniamo i team con il miglior potenziale e li accompagniamo portandoli ad essere davvero pronti a crescere e attrarre investimenti. 

Le competenze iniziali contano in parte, mentre sono fondamentali l’atteggiamento, l’approccio, le capacità. Devono sapersi mettere in discussione e aver voglia di lavorare sodo per formarsi e migliorarsi. Devono essere ambiziosi, ma avere anche una giusta dose di umiltà. Ormai siamo allenati a intercettare queste caratteristiche fin dai primi colloqui. Già nella fase preparatoria al Selection Day, a cui accede una short list altamente selezionata, li affianchiamo nella creazione di un buon pitch e constatiamo quanto sono proattivi e disposti a mettersi in gioco.

Se una impact startup ha un team eccezionale, con queste caratteristiche, noi garantiamo che la seguiremo con un lavoro eccezionale e che potrà ambire a diventare la n.1 del suo settore.

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Impact investing e startup: il punto con il nostro Investment Manager


Abbiamo intervistato Filippo Psacharopulo, Investment Manager di SocialFare, figura chiave che cura gli investimenti e i rapporti fra le startup accelerate e investite da SocialFare attraverso il programma FOUNDAMENTA e la rete di impact investor di SocialFare Seed.

 

Ecco cosa ci ha raccontato sul mondo dell’impact investing e sul nostro determinante ruolo per la crescita dell’ecosistema di startup con un impatto sociale positivo in Italia:

 

Il tuo percorso professionale ha origine nel mondo della finanza “tradizionale”, dove hai lavorato fino al 2017 prima di entrare nel team SocialFare e dedicarti all’impact investing.
Quali differenze importanti vedi fra i due approcci?

In realtà, il nostro obiettivo è proprio fare in modo che non ci sia differenza fra finanza ad impatto e finanza di altro tipo: tutto il mondo della finanza si sta spostando verso investimenti con un impatto positivo sotto un profilo sociale e ambientale. Il futuro della finanza è e deve essere investire esclusivamente in imprese sostenibili, perché il mondo deve essere sostenibile. 

In SocialFare, attraverso il veicolo di investimento SocialFare Seed, disponiamo di capitali da investire, con strumenti finanziari “classici”, in imprese altamente selezionate tenendo conto dell’impatto sociale che intendono e possono generare. In prospettiva tutto il mondo della finanza si avvicinerà sempre più a questo nostro modello, come già sta facendo.

Del resto se 5 anni fa gli ESG erano criteri “di nicchia”, oggi sono considerati imprescindibili.
Questo non dovrebbe sorprendere troppo: la finanza è uno strumento per lo sviluppo di impresa e come tale è normale che segua la direzione in cui va il mondo.

Davvero non vedi differenze?

Certo, con SocialFare Seed facciamo esclusivamente impact investing “puro”.
La differenza sta soprattutto nella consapevolezza dell’investitore riguardo al fatto che, come diciamo in SocialFare, il valore sociale genera valore economico, e non solo o non necessariamente viceversa. 

Il modello illuminato di Olivetti ha mostrato in tempi non sospetti che un’azienda attenta ai suoi dipendenti e al territorio in cui lavora è un’azienda che funziona bene e porta profitto: il valore generato è percepito dal mercato e dai clienti in termini di fiducia e qualità, quindi anche di riconoscimento di un valore economico. Non si tratta quindi di un concetto del tutto nuovo o di una recente scoperta, ma è vero che, almeno in alcuni casi, il mondo della finanza ha mostrato in passato di non dare sufficiente peso a questi criteri, arrivando a considerare un costo quello che oggi è sempre più riconosciuto come un elemento che porta valore aggiunto anche dal punto di vista economico.
Un esempio molto semplice: se fino a ieri la rinuncia alla plastica era percepita come un vincolo obbligato ma oneroso, oggi è chiaro che questa scelta porta valore al cliente che si traduce anche in valore economico per l’azienda.

Com’è lo scenario della finanza ad impatto in Italia?

SocialFare Seed è stato fra i primi in Italia. 

Dal 2016 ad oggi sono nati molti fondi di investimento impact: cresce il numero di soggetti coinvolti e crescono le risorse immesse in questo mercato. Questo fattore, indubbiamente positivo perché consente ad un maggior numero di startup di sviluppare soluzioni ad impatto sociale positivo, visto da un’altra prospettiva potrebbe anche incentivare il moltiplicarsi di iniziative di qualità non sempre elevata. È importante che la crescita di risorse disponibili si accompagni ad un’attenzione sempre alta in termini di qualità.

Cosa auspichi per il futuro prossimo? 

Attualmente la maggior parte dei fondi impact è later stage, vale a dire che investe in startup già avviate sul mercato e con una discreta maturità imprenditoriale, mentre scarseggiano le opportunità finanziarie a supporto delle fasi iniziali. Credo che la ragione non stia solo nel livello di rischio, chiaramente più alto in fase early stage, ma anche nella maggiore complessità di questo approccio. Se a livello later stage si investono capitali consistenti su aziende già in qualche modo rodate, in fase early stage si punta di solito su un portafoglio più ampio di investimenti di piccola taglia, progetti imprenditoriali che richiedono di essere seguiti più da vicino e comportano un numero maggiore di variabili: è complesso, anche se sul medio e lungo termine può portare risultati più interessanti.

C’è bisogno di più azionisti lungimiranti, come i nostri, che decidano di impiegare anche solo una parte dei propri investimenti a supporto dell’avvio di impact startup promettenti: il rischio è più alto, ma con il tempo si vedono i risultati in termini di profitti oltre che di soddisfazione. 

In cosa si distingue quindi l’approccio di SocialFare Seed nel mondo dell’impact investing

Come accennavo, ci distingue il fatto che investiamo nelle prime fasi di sviluppo di impresa, la fase più rischiosa ma anche quella in cui si può fare più innovazione. Siamo ancora in pochi in Italia a farlo, selezioniamo impact startup molto innovative e ad alto tasso di crescita.

SocialFare Seed investe esclusivamente in startup selezionate da SocialFare, che con la sua esperienza – siamo alla 15° edizione del programma di accelerazione FOUNDAMENTA – ha la particolare capacità di intercettare imprenditori con un’idea, un team, un prototipo da sviluppare e un ottimo potenziale. Come Centro per l’Innovazione Sociale e incubatore certificato dal MISE, SocialFare è un osservatorio privilegiato sul mondo dell’impresa a impatto sociale in Italia: ogni anno dal 2016 riceve e valuta centinaia di candidature, sceglie le più promettenti e le affianca con un programma intensivo di accelerazione guidato da un team multidisciplinare con il coinvolgimento di advisor e mentor d’eccellenza. 

Per supportare la crescita e lo scale-up di queste imprese è necessario immettere risorse finanziarie già in fase seed (iniziale): alcuni investitori hanno accettato la sfida, sapendo di poter contare sulle skill di SocialFare nel settore dell’impatto e dell’Innovazione Sociale, e così è nato il nostro veicolo di investimento. 

Quanto conta la misurazione dell’impatto sociale per gli investitori? 

Gli investitori hanno tutto l’interesse a misurare e verificare l’impatto sociale delle startup in cui investono, anche perché in caso questo si rivelasse poco significativo o non veritiero il danno sarebbe anche economico. 

È fondamentale che l’impatto sociale generato sia intenzionale, non soltanto misurato e validato ex post. L’imprenditore deve voler creare un’impresa che, sì, generi profitti, ma che abbia nel contempo, e per mission, un impatto positivo sulla collettività. Per noi e per i nostri investitori questa mission aziendale ha un valore anche economico: in fondo, se rispondi ad un’esigenza sentita dalla comunità metti in moto un’attività che funziona e vedrai i risultati a tutti i livelli.

Un esempio? Unobravo, una delle nostre startup investite di maggiore successo, fondata da Danila De Stefano, giovane psicologa italiana che vive tra Londra e Napoli. La sua soluzione imprenditoriale ha risposto nel contempo a due differenti bisogni della nostra società, particolarmente sentiti a partire dall’emergenza sanitaria covid-19: da un lato un tasso significativo di scarsa occupazione per gli psicologi del nostro paese, dall’altro un’esigenza crescente di supporto psicologico accessibile – in termini economici ma anche di flessibilità di tempo e di spazio – da parte dei cittadini italiani residenti nel nostro paese o all’estero. Rispondendo a questi due bisogni importanti Unobravo ha avviato un’azienda di grande successo che nel luglio 2022 ha chiuso un round di investimento di €17 milioni, guidato da Insight Partners, fondo statunitense tra i più attivi a livello globale che per la prima volta investe in Italia. 

Un altro esempio significativo: Aulab, digital factory che abbiamo accelerato ed investito nel 2018 quando ancora era una piccola startup nascente. I suoi fondatori hanno creato un match vincente fra due esigenze: se da un lato le aziende del nostro paese hanno una forte domanda insoddisfatta di programmatori e altri profili tech, dall’altro molti professionisti del Sud Italia sono costretti a emigrare perché non trovano lavoro nella loro terra. Aulab ha creato le condizioni per formare sviluppatori di alto profilo e creare un polo di riferimento in Puglia, dove oggi le aziende trovano le competenze di cui hanno bisogno, peraltro sfruttando tutte le opportunità di formazione e lavoro in remoto che la tecnologia rende disponibili e che hanno permesso alla Digital Factory di crescere enormemente proprio a partire dal 2020. Nel 2022 la startup ha poi annunciato il proprio ingresso nell’ecosistema di formazione Multiversity, leader in Italia nel mercato dell’e-learning.

Dopo l’exit di UnoBravo, l’operazione conclusa con Aulab riconferma l’importanza e l’alto valore di un programma di accelerazione, quale quello offerto da SocialFare, dedicato allo sviluppo e al supporto di una nuova imprenditoria a impatto sociale capace di rispondere alle sfide contemporanee.

Come avviene lo scouting delle startup su cui investire? 

Per individuare le startup con questo potenziale, gli investitori di SocialFare Seed hanno costruito una fondamentale relazione di fiducia con SocialFare. Più che di certificazioni formali, infatti, gli investitori hanno bisogno di instaurare un rapporto di conoscenza approfondita e fiducia con chi seleziona i team imprenditoriali e lavora al loro fianco in fase di accelerazione.

L’attività di scouting iniziale è quindi normalmente svolta dallo Startup Acceleration Team di SocialFare, che è molto attivo tutto l’anno nel creare contatti con il mondo startup, imprenditoria impact, incubatori, acceleratori e investitori. Inoltre il programma è oggi conosciuto e riceviamo molte candidature da parte di startup intenzionate a fare il salto con noi.

 In cosa consiste esattamente il tuo ruolo? 

Sono l’Investment Manager di SocialFare, mi occupo della parte di execution degli investimenti: supporto le startup selezionate a partire dall’avvio del programma di accelerazione e a seguire, fino all’exit da parte di SocialFare Seed, il momento in cui l’impresa è matura e raccoglie capitali importanti da parte di altri investitori. 

Il mio lavoro è totalmente integrato con quello del resto dello Startup Acceleration Team.

Quali consigli ti capita di dare più spesso alle startup?

Di focalizzarsi sul prodotto e sul cliente: ricordarsi che l’obiettivo è risolvere un problema per le persone che si rivolgono a te – i clienti – e non ottimizzare a tutti i costi un processo, prodotto o servizio così come è stato pensato inizialmente.

L’altro consiglio, che in realtà è un asset per il nostro modo di lavorare, è che gli startupper che acceleriamo devono essere totalmente dedicati alla loro attività imprenditoriale: non è pensabile che se ne occupino solo nei ritagli di tempo o come secondo lavoro. 

Il nostro ruolo è fornire loro gli strumenti – in termini di competenze e di risorse finanziarie – per realizzare quello in cui sono bravi, quindi supportarli anche nell’apprendere come relazionarsi con gli investitori. Noi li seguiamo davvero molto da questo punto di vista, avendo anche cura di “tutelarli”, soprattutto nelle fasi iniziali, quando è necessario che si focalizzino sul loro lavoro, sapendo che ci sarà il tempo per capire come approcciarsi e cosa chiedere a chi può finanziarli.

Del resto i nostri investitori sono fondazioni e imprese di altissimo profilo, con ingenti risorse, e visione a lungo termine, come la Fondazione Compagnia di San Paolo, la Fondazione CRC e FINDE Spa, quindi davvero l’accesso al nostro programma è un’opportunità particolarmente preziosa per le startup.

I risultati di questi anni: che contributo abbiamo dato all’ecosistema italiano dell’impact investing? 

Siamo stati determinanti nel contribuire a creare startup di successo a livello imprenditoriale, economico  e di impatto sociale. Oltre alle sopra citate Unobravo e Aulab ricordo i successi di JoJolly, Freedome, BonusX, Epicura e molte altre startup accelerate da SocialFare, tutte peraltro cresciute in modo significativo nel corso dell’emergenza covid-19 proprio perché hanno saputo rispondere tempestivamente ai bisogni emergenti della nostra società nel 2020-21.

Le imprese su cui SocialFare Seed ha investito in questi 6 anni stanno portando risultati evidenti, e questo non può che generare meccanismi virtuosi: i successi delle nostre startup ispirano nuovi potenziali talenti, gli aspiranti imprenditori impact sanno che con noi è possibile crescere davvero e gli investitori ci riconoscono la capacità di selezionare le startup giuste su cui puntare.

 

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27 gennaio 2017

Si è appena chiuso, presso gli spazi di Rinascimenti Sociali, il Social Impact Investor Day. Oggi la sfida per le start-up che hanno partecipato al programma di accelerazione gestito da SocialFare® è stata conquistare  gli investitori, e convincerli a finanziare il loro business a impatto sociale. I team delle 7 start-up accelerate hanno avuto la possibilità di verificare i progressi compiuti in questi 4 mesi, e di avviare il dialogo con importanti investitori del panorama nazionale.

Ad ottobre 2016, quando sono state selezionate attraverso la call FOUNDAMENTA#2 tra più di 100 proposte arrivate da tutta Italia,  le start-up presentavano livelli diversi di sviluppo ed hanno lavorato per 4 mesi con dedizione e passione al proprio miglioramento per divenire attrattive per gli investitori e per la società.

Negli ultimi giorni precedenti il Social Impact Investor Day, gli startupper hanno lavorato in dialogo serrato con il team di accelerazione di SocialFare® per perfezionare il proprio business model, strutturare i financials e costruire una narrazione efficace nei 5 minuti del pitch.

Chi di loro sarà riuscito a stimolare la curiosità degli investitori? Molto difficile dirlo ora, al termine di questa intensa giornata.”. Commenta Monica Paolizzi, coordinatrice del team di accelerazione di SocialFare®.

Il dialogo con gli investitori è la costruzione di un rapporto di fiducia, e in quanto tale richiede tempo. L’obiettivo per noi era che le start-up riuscissero a raccontare il proprio prodotto, la propria soluzione innovativa a impatto sociale, rendendo credibile la solidità dei loro business model agli occhi degli investitori, che per assumersi i rischi connessi all’innovazione, soprattutto applicate alle sfide sociali, devono anche innamorarsi dell’idea.” Monica Paolizzi, coordinatrice del team di accelerazione di SocialFare®

Osservare il modo in cui startupper e investitori hanno portato avanti il dialogo durante e al termine dell’evento induce ad essere ottimisti..

A introdurre il Social Impact Investor Day è stata Laura Orestano, CEO di SocialFare®, che ha presentato il contesto dell’impact investing e raccontato come Torino sempre più possa posizionarsi come città ideale per lo sviluppo di questo nuovo ramo finanziario.

Il primo team a salire sul palco è quello di Merkur.io, che si è presentato portando con sé una valigetta dotata di un piccolo pannello solare: una tecnologia semplice che è parte del sistema innovativo sviluppato per facilitare, grazie a nuove tecnologie legate a cripto-valute e hardware a basso consumo, i programmi di Cash Transfer in occasione delle fiere umanitarie, a favore di rifugiati o vittime di catastrofi naturali nei paesi in via di sviluppo. La presentazione ha stimolato immediatamente molte domande da parte della platea. Gli investitori hanno chiesto delle esperienze sul campo maturate dal team, della loro visione di lungo periodo, e soprattutto degli eventuali rischi a cui il sistema potrebbe esporre le transazioni. Il team ha avuto così l’occasione di raccontare del pilot che partirà quest’anno in Congo, del modo in cui mira a costruire per il 2018 la connessione tra dimensione online e offline, e di come l’altissimo livello di sicurezza garantito da Merkur.io sia reso evidente dall’impossibilità per gli sviluppatori stessi di intervenire sulle transazioni.

È seguito Yeerida, il primo content provider che permette un’esperienza di lettura gratuita in streaming dei testi letterari liberi o protetti da diritti d’autore.  Le prime domande, rivolte al team, hanno riguardato il quadro legislativo, ma soprattutto il rapporto con la SIAE. La risposta è stata pronta: la piattaforma non distribuisce contenuti, ma li condivide. Al momento non si crea conflitto né concorrenza. I contenuti, infatti, ad oggi non possono essere scaricati dagli utenti, ma solo consultati online. Altra novità, la possibilità di proporre formati innovativi e monitorarne il successo. La piattaforma offre, inoltre, strumenti di audience engagement capaci di aprire il dialogo tra domanda e offerta e connettere la dimensione web all’editoria tradizionale, come nel caso della campagna social dove gli utenti di Yeerida sono stati invitati a mostrare la preferenza tra titoli ormai fuori catalogo, perché il più votato fosse ristampato.

Il team di Open Terzo Settore ha presentato con un video, che ha catturato immediatamente l’attenzione del pubblico, la sua piattaforma: “Italia non profit, database lanciato all’inizio di gennaio. Un sistema unico, standardizzato, dedicato alla raccolta di dati sul Terzo Settore. “Italia non profit” mira a sopperire alla scarsità di informazioni, qualificate e organizzate, che ad oggi limita la crescita di questo ambito. L’obiettivo è rendere più facile ed efficace l’incontro tra domanda e offerta di servizi di utilità sociale, offrire efficaci analisi e confronti sulle performance degli enti non profit, generare ricerche e studi di settore, e realizzare sistemi di analisi ed elaborazioni personalizzate di dati. Proprio sulla raccolta di questi ultimi si sono concentrate le domande degli investitori. Il processo di raccolta ne garantisce l’affidabilità: l’utente compie una prima registrazione in autonomia, e i dati così inseriti vengono poi validati, ed arricchiti, grazie al confronto incrociato tra diversi database. Ad oggi più di 200 enti si sono già registrati, e molti lo stanno facendo in questi giorni.

Più complesso è stato presentare Apical, progetto innovativo che propone un sistema alternativo di raccolta fondi per ONG, grazie alla connessione con il sistema di promozione e ticketing per eventi culturali e sportivi. Il modello,  in questi giorni, ha validato il proprio minimum viable product  di social impact ticketing. L’obiettivo è costruire un servizio dedicato, che non si limiti a dialogare con il ticketing, ma che favorisca il networking tra organizzazioni e l’audience engagement. L’idea è che sia il “valore” a connettere stili di vita, supporto ad attività benefiche, e consumo culturale. Un primo test è stato condotto nell’ambito del festival Re:Found:Jazz a Torino e oltre 10 collaborazioni, italiane ed europee, sono già in programma per il 2017.

Una breve pausa per tornare subito a confrontarsi su un’altra proposta innovativa: Pharmatruck, piattaforma che permette di acquistare online i prodotti offerti dalle farmacie della propria città, e riceverli comodamente a domicilio entro 60 minuti dall’ordine. Il mercato in cui la start-up si propone è nuovo, e l’urgenza è creare una barriera rispetto a possibili competitor. Ad oggi copre già il 20% delle farmacie a livello nazionale, e sono in corso accordi con i principali fornitori di gestionali per farmacie. Giganti come Amazon al momento non possono inserirsi in questo mercato, e rispetto ad aziende affini Pharmatruck si differenzia per i prodotti interessati dal suo servizio.

Molto esteso, e ancora poco esplorato, è invece il mercato a cui mira Bed&Care. Un progetto di rete che permette alle aziende turistiche di integrare la propria offerta con servizi mirati, consentendo di soddisfare le esigenze di una nicchia rimasta fino ad ora scoperta: i viaggiatori con disabilità ed esigenze specifiche di assistenza. Nel rispondere alle domande degli investitori il team chiarisce l’estensione del target, che va dagli anziani ai disabili. Al momento molte persone con esigenze di assistenza non vanno in vacanza, specialmente in Italia. L’idea è quella di non fermarsi ad eliminare le barriere architettoniche di hotel e luoghi turistici, ma di rivoluzionare la concezione dell’accessibilità, attraverso strumenti che la rendano più veloce da ottenere e servizi personalizzati rispetto alle diverse necessità. La strategia elaborata è il frutto di un anno intero di studio del settore e delle esigenze degli utenti.

A chiudere le presentazioni è Xnoova, l’azienda che propone di innovare il sistema di apprendimento nella scuola italiana grazie a nuove soluzioni tecnologiche. In particolare, attraverso il prodotto  Chimpa, suite di app per la didattica su tablet (iOS e Android) che va incontro alle esigenze di coordinamento, profilazione, gestione e monitoraggio dei device nelle scuole primarie e secondarie. Recentemente il prodotto è stato implementato con un servizio cloud, che permette di abbattere i costi e aumentare l’accessibilità per le scuole.

Al termine dei pitch un buffet ha accolto i partecipanti per continuare il networking e portare avanti in maniera informale il dialogo con gli investitori maggiormente interessati.

Nelle prossime settimane, SocialFare® avvierà il follow up con gli investitori e le start-up per sostenerne il dialogo verso l’investimento.

Qui trovi lo storify del Social Impact Investor Day.

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