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Un logo per Rinascimenti Sociali: ecco i vincitori del concorso

Mercoledì  6 maggio una giuria composta da rappresentanti della rete dei partner di “Rinascimenti Sociali” e da esperti e professionisti del settore si è riunita per valutare gli elaborati che hanno partecipato alla prima call aperta lanciata dall’acceleratore di conoscenza e imprenditorialità a impatto sociale inaugurato a Torino due mesi fa.

Attraverso il concorso di idee si è voluto coinvolgere la comunità creativa nello sviluppo dell’immagine grafica coordinata con cui promuovere in futuro le attività di “Rinascimenti Sociali”.

concorso brandI partecipanti sono stati numerosi, candidando proposte di elevata qualità, valore e contenuto. A loro va il sentito grazie del team di “Rinascimenti Sociali”.

I nomi dei vincitori sono ora disponibili sul sito dell’acceleratore. che invitiamo a seguire per i prossimi aggiornamenti e per  conoscere attività, workshop, incontri, confronti ed eventi a impatto sociale in programma. Prossimamente verrà organizzata presso la sede di via Maria Vittoria 38 una mostra temporanea per presentare tutti i progetti candidati e premiare il gruppo vincitore.

Si  ricorda che la restituzione degli elaborati non sarà a carico dei promotori del concorso. Entro 90 giorni dal termine di chiusura i progetti non premiati potranno essere ritirati direttamente dagli autori o da persone munite di delega scritta ed in ogni caso previo appuntamento concordato via mail (fare riferimento ai contatti riportati nell’Art. 12 del Bando di Concorso). Trascorso tale termine i promotori non saranno più responsabili della conservazione degli elaborati senza che ciò comporti rivalsa da parte degli autori..

Le startup a impatto sociale crescono qui

Il grande fermento di idee e soluzioni innovative che colorano il grigio scenario della crisi occupazionale infoltisce la schiera di aspiranti imprenditori desiderosi di sfidare il mercato con nuovi prodotti e servizi. La fase iniziale di una nuova impresa – startup – è delicatissima, il rischio di fallimento è molto elevato: sostenibilità, replicabilità e scalabilità sono gli obiettivi di un impegnativo percorso da costruire e sostenere con strumenti e competenze di qualità, evitando l’improvvisazione.

Boom delle startup

Il “Decreto Crescita 2.0“, convertito in legge nel 2012, con il quale lo Stato ha adottato una normativa per lo sviluppo e la crescita del Paese, ha spinto nuove realtà imprenditoriali ad affacciarsi sul mercato. Vengono individuate come strategiche le startup innovative: società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, che hanno come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico.

innovazione-terzo-settore-crisi-300x169Strategiche perché ritenute in grado di “favorire la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico e l’occupazione, in particolare giovanile” e di “contribuire allo sviluppo di nuova cultura imprenditoriale e alla creazione di un contesto maggiormente favorevole all’innovazione”. Di qui tutta una serie di agevolazioni fiscali e burocratiche e di facilitazione nell’accesso al credito.

Secondo il Rapporto Infocamere relativo al primo trimestre 2015,  a fine marzo il numero di startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese era di 3711, in aumento di 532 unità rispetto alla fine di dicembre (+16,7%), con un capitale sociale complessivo di 192 milioni di euro (in media 52 mila euro circa a impresa). Il 73% fornisce servizi alle imprese, il 18,2% opera nei settori dell’industria in senso stretto (fabbricazione di computer e prodotti elettronici e ottici, macchinari e apparecchiature elettriche), il 4,1% nel commercio. Si tratta di realtà piccole, con meno di 3 dipendenti, diffuse prevalentemente in Lombardia, in Emilia Romagna, in Lazio, in Veneto e in Piemonte.startup-banner

Le startup innovative “a vocazione sociale”

Rientrano tra le startup innovative anche quelle “a vocazione sociale” (SIAVS), quelle cioè ad alto contenuto tecnologico che operano in settori specifici cui la legge riconosce particolare valore sociale: assistenza sociale e sanitaria; educazione, istruzione e formazione; tutela dell’ambiente e dell’ecosistema; valorizzazione del patrimonio culturale; turismo sociale; formazione universitaria e post universitaria; ricerca ed erogazione di servizi culturali; formazione extrascolastica per contrastare la dispersione; servizi strumentali alle imprese sociali.

Consapevole che le SIAV (alle quali è richiesta la compilazione del “Documento di descrizione dell’impatto sociale”) possano risultare meno “attraenti” sul mercato, il decreto legge del 2012 assegna agli investitori di queste startup benefici fiscali maggiorati.

Chi sono gli investitori?

Il dossier The Italian Startup Ecosystem: Who’s Who” realizzato da Italia Startup e dagli Osservatori del Politecnico di Milano c0n il supporto istituzionale del Ministero dello Sviluppo Economico, rileva come nel 2014 le startup innovative siano più che raddoppiate rispetto al 2013. Nello stesso periodo è diminuito il ruolo degli investimenti istituzionali e aumentato quello dei business angel(investitori informali), family office (società che gestiscono il patrimonio di una o più famiglie molto facoltose, secondo un modello importato dagli Stati Uniti), acceleratori e incubatori, con un peso del 50% degli investimenti complessivi.

La ricerca sottolinea però come tali investimenti (che nel 2013 ammontavano a circa 130 milioni di euro) siano poca cosa se confrontati con quelli di altri Paesi europei: in Italia si investe in startup hi-tech un ottavo rispetto a Francia e Germania, un quinto rispetto al Regno Unito e poco meno della metà rispetto alla Spagna.

“Rinascimenti Sociali”

impatto-33Nell’ecosistema delle startup italiane e degli incubatori e acceleratori nati per sostenerle (circa un centinaio in totale) “Rinascimenti Sociali” si posiziona come la prima grande realtà nata in Italia per accompagnare nel loro percorso di crescita realtà capaci di generare impatto sociale, capaci cioè di promuovere il cambiamento ideando e progettando soluzioni innovative che rispondano alle sfide sociali di lavoro, salute, coesione, condivisione, conoscenza, sostenibilità e partecipazione.

Promosso dal Centro per l’ Innovazione Sociale SocialFare®, l’acceleratore inaugurato due mesi fa nel centro di Torino segue attualmente una decina di startup, il 50% delle quali sono innovative. Le ha scelte perché potrebbero promuovere un cambiamento positivo per le persone e la società. Tutte sono infatti accomunate dall’alta potenzialità di creare impatto sociale: è questo infatti l’aspetto centrale, la condizione necessaria per poter usufruire del percorso di accelerazione di “Rinascimenti Sociali”. Un percorso che attraverso gli strumenti della tecnologia, della finanza e dell’internazionalizzazione punta a rendere autonome realtà che richiedono interventi competenti su bisogni specifici.

Il percorso di accelerazione

Nell’accompagnamento verso la prototipazione, sperimentazione, validazione e scalabilità confluiscono tutte le risorse e competenze messe in campo da una estesa rete di partner locali e internazionali (oltre 20) che insieme, nell’ampia sede di via Maria Vittoria 38, stanno costruendo un nuovo modo di generare valore economico mettendo al centro le persone e le comunità.loghi

Un team multidisciplinare apporta dunque competenze specifiche curando la qualità di un percorso che già nella prima fase si propone di essere rigoroso, con un’analisi approfondita di ciò di cui le startup hanno bisogno per consolidare  e sviluppare l’idea riducendo così i margini di fallimento.

Organizzazione lavorativa, reclutamento occupazionale, organizzazione di social housing, gestione della filiera del cibo, consumi, servizi per la comunità…: sono molteplici i settori in cui muovono i primi passi le realtà imprenditoriali accolte attualmente in via Maria Vittoria 38. I tempi di accelerazione variano dai 6 ai 12 mesi; è previsto solo il pagamento di alcuni servizi puntuali, gli altri sono inclusi nel “pacchetto” offerto gratuitamente.

Le startup interessate possono per adesso rivolgersi direttamente a “Rinascimenti Sociali” (info@rinascimentisociali.org;  tel. 393 1718264) per sottoporre la loro idea, mentre in futuro verranno organizzati appositi bandi per il reclutamento.

“Rinascimenti Sociali” allo studio dei Comuni

Giovedì 9 aprile 2015 una delegazione dell’Anci, Associazione Nazionale Comuni Italiani, è stata accolta nella sede di Rinascimenti Sociali per un incontro conoscitivo di SocialFare® e del primo acceleratore di conoscenza e imprenditorialità sociali inaugurato lo scorso 10 marzo in via Maria Vittoria 38 a Torino.

L’incontro si colloca nell’ambito di una ricerca che l’Anci sta conducendo per l’Agenzia nazionale giovani (organismo pubblico vigilato dal Governo italiano e dalla Commissione europea) con l’obiettivo di esplorare in Italia il mondo della social innovation in relazione al coinvolgimento e alla partecipazione dei giovani.

La conoscenza delle realtà che stanno nascendo in Italia e la comprensione dei meccanismi di funzionamento che ne sostengono lo sviluppo consentiranno l’elaborazione di proposte e suggerimenti da sottoporre alle amministrazioni comunali per la definizione di politiche a supporto dell’innovazione sociale.

Lo scopo è insomma quello di offrire ai Comuni nuovi modelli per costruire strategie di intervento sul territorio legate ai processi di innovazione. In proposito, la direttrice di SocialFare® Laura Orestano ha sottolineato l’importanza di spazi, cogestiti,  che generino opportunità e facilitino i processi di inclusione. Corpi intermedi che rispondano a un piano strategico di priorità, capaci di veicolare know how specialistico e nuovi linguaggi a cui i giovani sono molto interessati e dei quali possono diventare generatori.

L’interesse delle ricercatrici, rivolto soprattutto alla costruzione della rete di partner, all’organizzazione interna, ai flussi di finanziamento, agli scambi a livello nazionale e internazionale e ai rapporti con gli enti pubblici, si è tradotto in una lunga intervista a SocialFare®. Cogliamo l’occasione per ripercorrere le tappe del primo centro italiano per l’innovazione sociale, dalla sua nascita nel 2013 all’inaugurazione di Rinascimenti Sociali,  un mese fa.

LOGO-SF_150x150Quando e perché nasce SocialFare®

Il 23 maggio 2013 la Congregazione di San Giuseppe – fondata a Torino presso il Collegio Artigianelli nel 1873 da Leonardo Murialdo, santo sociale, con lo scopo di accompagnare i ragazzi e i giovani in difficoltà nel loro percorso di crescita e autonomia – costituisce SocialFare®, primo centro di innovazione sociale in Italia.

Dopo quasi 150 anni dalla nascita della Congregazione, i nuovi scenari disegnati dalla trasformazione sociale impongono l’attualizzazione del carisma murialdino rispetto alle sfide del welfare, del lavoro e dell’educazione. Un’attualizzazione che i Giuseppini del Murialdo hanno scelto di compiere non da soli ma con altri, non dentro le mura della Chiesa ma nella società. SocialFare®,  srl impresa sociale, nasce quindi come strumento di innovazione sociale partecipata e laica.

Cosa fa SocialFare®

SocialFare® genera impresa sostenibile, incubando start up ad impatto sociale e accelerando soluzioni che sappiano cogliere nuovi bisogni e sviluppino imprenditoria sociale, sostenibilità e reti. Sviluppa inoltre progettualità all’esterno: tra queste, la collaborazione avviata lo scorso anno con Slow Food per quanto riguarda la valutazione dell’impatto sociale del Salone del Gusto e Terra Madre. SocialFare® integra diverse competenze: dalla ricerca etnografica al design, dalla tecnologia sociale al modelling di nuove soluzioni di impresa, con un focus preciso: generare soluzioni innovative alle più pressanti sfide sociali.

imm_accelerazione_SR26 giugno 2014: conferenza “Social Renaissance

L’attenzione e l’impegno di SocialFare® per connettersi alla rete di esperienze nazionali e internazionali si sono concretizzati il 26 giugno 2014, a poco più di un anno dalla nascita del centro,  nella conferenza “Social Renaissance” che si è svolta a Torino presso il Teatro Juvarra, nel complesso dell’Artigianelli.

Organizzata insieme con TOP-IX e Torino Social Innovation, la conferenza ha rappresentato la prima occasione in Italia di un confronto internazionale sulla social innovation. E’ emersa una realtà in fermento di attori pubblici e privati che a livello globale promuovono lo sviluppo di modelli di economia sostenibile e inclusiva.

10 marzo 2015: inaugurazione di “Rinascimenti Sociali”20150310_1

La rete di SocialFare® si è  in seguito ulteriormente ampliata e consolidata fino a rendere possibile la nascita dell’acceleratore “Rinascimenti Sociali” nel centro di Torino. Quasi 30 le realtà locali, nazionali e internazionali coinvolte, tra cui il secondo partner promotore TOP-IX e il partner strategico The Young Foundation: ognuna collaborerà per diffondere nuovi modelli culturali capaci di affrontare le sfide sociali contemporanee valorizzando dal basso idee, persone e comunità.

Cos’è “Rinascimenti Sociali”

Con il sostegno della Compagnia di San Paolo, l’acceleratore di conoscenza, innovazione e imprenditorialità a impatto sociale “Rinascimenti Sociali”, con sede in via Maria Vittoria 38 a Torino, mette insieme le competenze di attori profit e non profit, pubblici e privati, per generare soluzioni ad impatto sociale che creino una nuova economia. Capofila del progetto è SocialFare®.

rinascimenti sociali 2Coinvolgere, educare e accelerare

Sono le tre aree di azione di “Rinascimenti Sociali”. L’animazione territoriale e percorsi formativi capaci di costruire professionalità uniche che padroneggino nuove conoscenze e linguaggi  si intrecceranno quindi con le attività di generazione di startup  e di riposizionamento di imprese già esistenti che vogliano introdurre al proprio interno elementi distintivi della nuova imprenditorialità sociale.  Il tutto attraverso tre strumenti trasversali: finanza ad impatto sociale, tecnologia e internazionalizzazione.

Prossimamente renderemo noto il palinsesto delle molteplici attività dell’acceleratore per i prossimi mesi.

Cittadini più forti con l'”empowerment”

A livello internazionale è sempre più evidente lo sforzo che molti governi stanno compiendo per coinvolgere maggiormente i cittadini nel loro operato.  E’ un campo tutto da esplorare, lungo un percorso di ricerca e sperimentazione in cui la social innovation sta dimostrando di poter giocare un ruolo estremamente importante per la sua capacità di creare nuove relazioni e nuovi strumenti.

E’ infatti proprio al cambiamento delle relazioni tra attori che punta la social innovation, spingendo con la pratica la diffusione di modelli efficaci, scalabili e replicabili di cui gli enti pubblici sono alla ricerca. Non a caso il tema dell’innovazione sociale è ormai istituzionalizzato, entrato nell’agenda europea 2014-2020 e già ampiamente sviluppato con successo a livello progettuale in diversi Paesi del vecchio e nuovo continente.

imm_Empowerment_IDEOTOOLKITIl coinvolgimento, la partecipazione dei cittadini nei processi di cambiamento della società finalizzati al Bene Comune è alla base di un concetto molto più ampio, certamente non nuovo: l’empowerment, cioè l’opportunità che viene data alla persone di realizzare le proprie potenzialità, di crescere nella propria capacità di influenzare e attivare il cambiamento attraverso un processo di responsabilizzazione, consapevolezza e partecipazione.

Un processo lungo, continuo, che proprio dalla qualità delle relazioni sociali trae il suo nutrimento e che oggi individua nella social innovation la strada più percorribile per promuovere lo sviluppo e uscire dalla crisi. L’empowerment è al contempo motore e obiettivo di un processo sociale –innovativo nelle modalità, negli strumenti e nelle competenze utilizzate – che investe sulle capacità personali, le mette in “rete” e attraverso nuove forme di collaborazione e cooperazione accresce ulteriormente la forza di azione della società nella sua pluralità di attori coinvolti.

Attraverso l’empowerment, che rovescia la percezione dei limiti, si realizza così una comunità competente e motivata, consapevole dei problemi sociali e dei vantaggi che può trarre dai cambiamenti. Un concetto che richiama quello di capacity building, definita nel 2006 dall’UNDP(United Nations Development Programme) come l’abilità di individui, istituzioni e società di realizzare funzioni, risolvere problemi, fissare e raggiungere gli obiettivi in modo sostenibile.

Abilità che si raggiunge con un “rafforzamento” che vada oltre la “formazione”, cioè We_can_do_it_J. H Millerl’acquisizione di competenze, ma che agisca invece più in profondità ampliando le possibilità di agire, di compiere un’azione, a partire da un nuovo modo di vedere e di pensare che induca a cambiamenti di potere.

Laboratori di quartiere, spazi per la progettazione partecipata, spazi di ascolto, forum locali, strumenti finanziari di comunità e per le comunità sono alcuni degli strumenti di partecipazione e coinvolgimento attivo dei cittadini attraverso i quali aumentare l’empowerment. Ci soffermeremo prossimamente sul crowdfunding e il crowdsourcing.

Scalabilità, la forza delle buone idee

Perché un’innovazione sociale sia capace di raggiungere l’obiettivo finale di ”cambiamento di sistema”, cioè di un nuovo rapporto tra politiche pubbliche, iniziative private e comunità di pratica, il percorso da compiere si snoda attraverso tappe fondamentali: dall’identificazione di bisogni sociali nascono proposte che si traducono in modelli di inclusione e sviluppo la cui sperimentazione sul territorio va implementata fino ad arrivare alla diffusione dell’idea.

Il trasferimento o riproposta su scala più ampia delle esperienze di innovazione sociale (scalabilità) è un passaggio particolarmente delicato che mette in campo risorse, competenze e relazioni la cui qualità può permettere a piccoli progetti fortemente radicati sul territorio, quindi nati in specifici contesti locali, di estendere il proprio impatto a nuove comunità.

immagine matrioska_scalabilitàLa scalabilità è pertanto un aspetto cruciale cui viene dedicata grande attenzione nella letteratura sulla social innovation. Nel rapporto 2012 “Defining Social Innovation” di TEPSIE (Theoretical, Empirical and Policy Foundations for Social Innovation in Europe) – progetto europeo che elabora la strategia UE per lo sviluppo dell’innovazione sociale – si sottolinea che “l’obiettivo delle realtà con missione sociale è quello di generare il più grande impatto possibile”.

Benché il rapporto evidenzi l’importanza dell’emulazione, cioè il potere di contagio, come strategia per lo sviluppo e diffusione di un’idea, è altrettanto importante puntare alla crescita “verticale” di un’organizzazione grazie al coinvolgimento e attivazione di altri soggetti e attività su più livelli.

Le “api” della social innovation

In un report del 2007 l’organizzazione britannica governativa Nesta, National Endowment for Science Technology and the Arts, affermava che per rendere scalabile l’innovazione sociale sono fondamentali le alleanze e le contaminazioni tra piccole organizzazioni, imprenditori, grandi imprese e istituzioni pubbliche. In “Social Innovation: what it is, why it matters, how it can be accelerated”, Goeff Mulgan (attualmente chief executive di Nesta) paragona i piccoli imprenditori e le start up alle “api” che – mobili, dinamiche, veloci, portatrici di innovazione su piccola scala – ronzano intorno agli alberi dalle solide radici (le grandi istituzioni, con risorse e potere) inducendoli a condividere, introdurre e rendere così scalabili le loro iniziative.

Sul piano pratico, lo scorso anno è stato avviato il progetto europeo BENISI (Building a img 2_scalabilitàEuropean Network of Incubators for Social Innovation), un consorzio trans europeo nato un anno fa per identificare 300 startup innovative tra le più promettenti, ad alto impatto e in grado di generare occupazione nei settori pubblico, privato, terzo settore, impresa e cooperazione sociale. Scopo del progetto – che in Italia coinvolge Impact Hub Milano – è offrire supporto a queste realtà rafforzandole localmente e rendendole scalabili, sia all’interno del proprio Paese che a livello internazionale, creando percorsi di matching con potenziali finanziatori.

Domanda e offerta

Scambio (di know-how, di esperienze, di competenze, di persone), ampliamento delle reti e della governance ed emulazione sono dunque i presupposti per la diffusione a macchia d’olio di una idea e della sua applicazione. A patto che ci sia effettivamente una larga diffusione del bisogno sociale al quale si rivolge il progetto.

Il potenziale di crescita è legato alla capacità di un progetto di rappresentare un prototipo che sia appetibile a partner e sponsor per le possibilità di sviluppo su ampia scala. L’offerta effettiva, che richiede prove di efficacia, efficienza e convenienza economica dell’innovazione, e la domanda, cioè la disponibilità a pagare, sono strettamente correlate.

LibroBiancoE “per far crescere la domanda – rileva il Libro Bianco dell’innovazione sociale scritto da Geoff Mulgan insieme con Robin Murray e Julie Caulier Grice – ci può essere bisogno di una diffusione attraverso l’ascolto, suscitando consapevolezza, sostenendo una causa, e promuovendo il cambiamento. L’ascolto attivo è la chiave percreare domanda per i servizi, in particolare da parte delle pubbliche autorità”.

Il Libro Bianco, raccolta a livello internazionale di pratiche, strategie e strumenti che costituisce una vera e propria guida per progettare, sviluppare e far crescere l’innovazione sociale, sottolinea inoltre come la diffusione di un’idea dipenda spesso anche dalla sua semplicità e dall’eliminazione di ciò che non è essenziale, mentre le idee complesse richiedono più competenze e impiegano più tempo a diffondersi.

Community Catalyst

Concludiamo con un esempio concreto di scalabilità che per SocialFare® ben sintetizza il concetto perché parte dal “locale” per rispondere a un bisogno specifico e poi amplia il proprio raggio di azione riuscendo a operare cambiamenti sistemici a livello di policy.

Community Catalyst (Regno Unito) è  uno dei progetti premiati nel 2013 alla prima edizione dell’European Social Innovation Competition, dedicata alle idee che esplorano nuove strade per aumentare e migliorare l’occupazione in Europa. L’ambito d’impegno del progetto è l’organizzazione di servizi sociali e sanitari su piccola scala e alla portata di tutti, favorendo la creazione di micro imprese in cui si incontrano competenze presenti nelle aziende e nelle comunità di cittadini.Learning-lessons-graphic

Ecco allora che professionisti del settore e gente comune (compresi anziani, disabili e coloro che offrono assistenza familiare)  “confezionano”  insieme, creativamente, piccoli servizi di qualità da vendere sul territorio, garantendo a tutte le persone, ovunque si trovino, la possibilità di accedere a prestazioni di cura e assistenza.

Una rete di realtà imprenditoriali coordinata, gestita e sostenuta  attraverso una piattaforma telematica, con cui Community Catalysts  punta ad ampliare la portata e la qualità dei servizi offerti su piccola scala, avvalendosi di imprese e tutor professionali. In tal modo competenze e talenti di individui e comunità vengono valorizzati e investiti in servizi personalizzati di qualità che hanno il duplice scopo di creare nuovo lavoro e generare benessere.


Impatto sociale: perché è importante misurarlo

In un contesto di crisi sistemica che spinge alla ricerca di soluzioni coraggiose e approcci innovativi, gli “investimenti ad impatto sociale” sono al centro di un dibattito internazionale sempre più vivace.

Il bisogno di rendere più efficace ed efficiente la spesa pubblica e di attrarre risorse private per innescare processi di sviluppo è alla base di molteplici tavoli di lavoro, studi e azioni finalizzati a individuare procedimenti di misurazione dell’impatto sociale di un intervento. Misurazione che consenta di quantificare e qualificare il cambiamento positivo generato e “certifichi” la capacità di un progetto di essere sostenibile e replicabile e quindi di attirare capitali, creando anche valore economico.

Donazioni-150x100In Italia (dove più che altrove la misurazione dell’impatto sociale non ha ancora basi solide e condivise) di qui al 2020 potrebbero essere mobilitati circa 30 miliardi di euro per gli investimenti ad impatto sociale. E’ quanto emerge dal Rapporto italiano della Social Impact Investment Task Force istituita in ambito G8 un anno fa per promuovere il mercato dell’investimento ad alto impatto sociale.

Verso una nuova economia

Il rapporto, intitolato “La Finanza che include: gli investimenti ad impatto sociale per una nuova economia”, è stato presentato un mese fa ed è frutto del lavoro di circa 100 esperti in rappresentanza di cooperative sociali e fondazioni bancarie, imprese sociali e investitori privati, non profit e intermediari finanziari, investitori istituzionali, istituti di credito, fondazioni filantropiche d’impresa e università, che insieme hanno individuato 40 proposte da rivolgere al Governo.

La “diffusione degli strumenti della misurazione dell’impatto sia tra le imprese sociali che tra gli erogatori di risorse pubbliche e private” è una delle proposte avanzate, in linea con il lavoro della Task Force (di cui l’Italia fa parte insieme con Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti) che si è assunta anche il compito di sviluppare un approccio standardizzato in grado di misurate l’impatto sociale. La prossima riunione della Task Force – che un mese fa ha diffuso un rapporto internazionale risultato di un anno di lavoro – si svolgerà a Roma il 28 e 29 ottobre prossimi.

La necessità di disporre di metodi nuovi per misurare la sostenibilità e il benessere e

Jins

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riuscire così a far fronte alle sfide sociali è più che mai avvertita in un’Europa colpita dalla crisi. Ma l’acquisizione di preziose informazioni utili per valutare gli effetti dell’idea innovativa e aumentarne efficacia ed efficienza non è un lavoro semplice. Gli sforzi per dimostrare il collegamento tra l’attività realizzata e l’effetto, traducendo l’attività in cifre, possono comportare dei rischi e non ottenere risultati adeguati.

Cosa misurare?

Circa un anno fa il Comitato economico e sociale europeo elaborava un parere d’iniziativa illustrando la prospettiva delle imprese sociali nello sviluppo di un metodo di misurazione dell’impatto sociale. Parere che bacchettava ed esortava la Commissione europea a dedicare più tempo ad un esame approfondito dell’argomento in quanto “la misurazione dell’impatto sociale è una questione non solo importante, ma addirittura cruciale per ricostruire un‘Europa a dimensione sociale”. Di qui la necessità di promuovere una raccolta dati, di elaborare un quadro che riunisca i principi su “cosa misurare invece di cercare di definire come misurare l’impatto sociale”.

Ecco allora l’invito ad essere prudenti, considerato che “in numerosi Stati membri la conoscenza dell’imprenditoria e dell’economia sociali e il riconoscimento del loro apporto sono quasi inesistenti. Aprire il dibattito nella prospettiva dell’impatto sociale piuttosto che cercare di promuovere un ambiente propizio allo sviluppo di imprese sociali può quindi rivelarsi controproducente per la crescita del settore”.

Sensibilizzare sui principi più diffusi in questo campo invece di elaborare e raccomandare l’applicazione di un solo metodo specifico è dunque la direzione indicata dal Comitato economico e sociale europeo, che sottolinea: “Un tratto comune a queste iniziative risiede nel fatto che nascono ‘dal basso’ e vengono progettate per inquadrare i mutamenti sociali sulla base di necessità effettive e di attività concrete. Qualsiasi metodo di misurazione va elaborato a partire dai risultati principali ottenuti dall’impresa sociale, deve favorirne le attività, essere proporzionato e non deve ostacolare l’innovazione sociale. Il metodo dovrebbe prefiggersi di trovare un equilibrio tra dati qualitativi e quantitativi, nella consapevolezza che la ‘narrazione’ è centrale per misurare il successo… “.

Un esempio: SocialFare® partner di Slow Food

E’ infatti soprattutto con la narrazione –  raccolta di “storie” ricche di informazioni viste Proposta Grafica_SOSTENIBILITà SOCIALE_Parete Esterna.pdfdalla prospettiva dei beneficiari –  che è possibile valutare il “valore aggiunto” delle attività di un’impresa sociale. Ed è anche alla narrazione che ricorrerà SocialFare® nel lavoro di ricerca che la vede partner del Salone del Gusto e Terra Madre, di cui nelle prossime tre edizioni verrà indagata la sostenibilità sociale, la capacità di innescare e generare cambiamento sul territorio in un equilibrio tra relazioni, comportamenti e azioni.

Indicatori e metriche sono ancora in fase di test. Possiamo però anticipare che SocialFare® procederà per tappe, lungo un percorso che partirà da un’analisi (area d’indagine) dell’ecosistema del Salone, inteso come luogo antropologico di azioni e relazioni in cui il cibo è un attivatore di valore sociale.

Social Outcomes vs.Social Impact by USCREATES (UK)

Social Outcomes vs.Social Impact by USCREATES (UK)

L’indagine  delle attività, delle relazioni, delle sfide e degli obiettivi  porterà a definire gli effetti quantitativi dell’oggetto dell’analisi (output), cioè i dati misurabili, fino alla valutazione della ricaduta a breve, medio e lungo termine sul territorio (outcome): come il Salone è riuscito a modificare i comportamenti al di fuori della sede fisica in cui si svolge, quali effetti sociali ha prodotto. Così verrà dunque valutato l’impatto, che esprime in quale misura un effetto dipende dall’oggetto dell’analisi. Avremo modo di approfondire.

 

SocialFare® partner del Salone del Gusto e Terra Madre

Oltre mille espositori provenienti da più di 100 Paesi, 86 incontri e conferenze, 53 attività didattiche. Nutrito e ambizioso il programma della decima edizione del Salone del Gusto e Terra Madre  che si svolgerà sotto la Mole dal 23 al 27 ottobre 2014 presso Lingotto Fiere, organizzato da Slow Food, Regione Piemonte e Comune di Torino, in collaborazione con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.

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Non una fiera, ma un evento che nel corso degli anni ha costruito una rete di solidarietà che valica i confini nazionali fino a raggiungere e connettere Paesi ricchi e poveri. Osservatorio privilegiato di quanto avviene nel mondo, da Nord a Sud, nel campo dell’alimentazione e dell’agricoltura, nonché occasione unica per imporre all’attenzione generale tematiche di centrale importanza quali, ad esempio, la tutela della biodiversità e l’agricoltura familiare, alle quali è dedicata l’edizione 2014.

Politico, sociale, culturale, economico: il messaggio lanciato dalla manifestazione interpella molteplici realtà ed è sostenuto dalla qualità degli attori coinvolti e delle azioni intraprese in un fitto intreccio di relazioni e competenze. E SocialFare®,  primo centro per l’innovazione sociale in Italia, con sede a Torino, non poteva non farne parte.

Dopo aver raggiunto l’obiettivo di “evento a ridotto impatto ambientale” (con una riduzione del 65% rispetto al 2006), il Salone ha deciso infatti di esplorare nelle prossime tre edizioni nuove forme di sostenibilità (sociale, culturale e sensoriale, economica) ideando il progetto “Systemic Event Design” (S.Ee.D), a ulteriore conferma dell’attenzione che il Salone rivolge al territorio.

immagine conf stampa SF_1_blogIl progetto, realizzato con il coordinamento scientifico dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche e il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, si avvarrà della collaborazione di SocialFare®, di Design Sistemico Politecnico di Torino e del Dipartimento di Scienze Agrarie Forestali Alimentari dell’Università di Torino.

SocialFare® sarà responsabile per il focus strategico di analisi sulla sostenibilità sociale dell’evento: studierà cioè l’impatto sociale generato da alcune azioni ed elementi già presenti all’interno della decima edizione della manifestazione.

E a proposito di cibo e design, segnaliamo un altro evento al quale parteciperà SocialFare®:

Dal 10 al 12 ottobre a Torino Esposizioni, in corso Massimo d’Azeglio 15, si svolgerà la quinta edizione di “Operae”, indipendent design festival, appuntamento ormai entrato nell’agenda del design italiano. Sono previsti incontri, dibattiti e workshop nell’ambito di una mostra mercato che offrirà ai designer italiani e stranieri la possibilità di incontrare gli addetti ai lavori, le aziende, i distributori, i negozi.

Sabato 11, dalle 11,30 alle 13,30, SocialFare® parteciperà alla tavola rotonda “Il cibo. Innovazione e design sociale”. Laura Orestano e Roberta Destefanis interverranno sull’”innovazione sociale come driver per l’ideazione, la co-progettazione e lo sviluppo di idee, soluzioni e reti per il Bene Comune e la generazione di ecosistemi di sostenibilità sociale”.

 

Innovazione sociale: dalla pratica alla teoria

E’ ormai centrale nell’agenda politica di mezzo mondo, ma ancora non è chiaro a cosa ci si riferisca esattamente. Si abusa del termine senza che vi sia una definizione precisa, esaustiva  e universalmente accettata. Banalizzazione, retorica, strumentalizzazione sono i rischi che si corrono a parlarne impropriamente. Perché l’”innovazione sociale” – o social innovation – è prima di tutto una pratica, dalla cui osservazione si sta cercando di ricavare una teoria.

Ed è una pratica non nuova: le sue caratteristiche, che da 15 anni circa si tenta di codificare e tradurre in un linguaggio e in una progettualità non approssimativi, le ritroviamo in interventi molto meno recenti. Allora non si parlava di “innovazione sociale”, non esistevano la tecnologia informatica e i social network, ma gli obiettivi erano gli stessi: attivare cambiamenti in grado di migliorare il benessere della società, a livello locale o globale.

Quando un’innovazione è “social”?

Lslide-02’obiettivo del Bene Comune segna la differenza tra queste pratiche sociali e tutte le altre “innovazioni”, ognuna delle quali ha sì un impatto sociale ma non necessariamente “good”, buono. Ecco la definizione – contenuta nella “Guide to Social Innovation” realizzata dalla Commissione Europea” (febbraio 2013) – che secondo SocialFare esprime meglio il concetto:

“L’’innovazione sociale può definirsi come lo sviluppo e l’implementazione di nuove idee (prodotti, servizi e modelli) che incontrano bisogni sociali, creano nuove relazioni sociali e collaborazioni. L’innovazione sociale porta nuove risposte ad impellenti bisogni che coinvolgono processi di interazione sociale. Le innovazioni sociali sono sociali solo se utilizzano strumenti e perseguono fini sociali. Le innovazioni sociali aggiungono valore alla società e aumentano la capacità di azione individuale e di comunità”.

Una definizione che nasce dal bisogno di chiarire cos’è – e cosa non è – una pratica ormai prioritaria nell’elaborazione di politiche volte a un’economia sostenibile e inclusiva, elemento centrale della Strategia Europa 2020 che per rilanciare l’economia ha fissato ambiziosi obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, energia/clima.

Tante definizioni

Nel corso degli ultimi anni, in particolare, il tentativo di codificare la pratica della social innovation per imporla con più efficacia all’attenzione politica si è tradotto in numerosi studi che hanno contribuito nel loro insieme a “spingere” sempre più in alto il concetto, anche se – come si è detto – non si è ancora pervenuti a una definizione unica e continuano ad esserci confusione e ambiguità. Interessante, in proposito, uno studio pubblicato nel 2014 da Tara Anderson, Andrew Curtis e Claudia Wittig, allievi del corso universitario “Master of arts in social innovation” attivato dalla Danube University Krems in collaborazione con il Centro per l’innovazione sociale di Vienna.

Lo studio , intitolato “Definition and Theory in Social Innovation”, analizza le varie teorie fino ad approdare alla proposta di una nuova definizione che in poche parole concentra il significato di “innovazione sociale” quale emerge dal dibattito internazionale in corso. Un dibattito in cui “equality”, “justice” e “empowerment” vengono individuati come obiettivi finali – l’impatto – dei cambiamenti sociali promossi, impossibili da centrare senza la rete (co-creation e co-design). Quella rete di cui la social innovation ha bisogno per ottenere maggiori benefici in termini di replicabilità e scalabilità (replicability e scaling up). Tutti termini su cui ci soffermeremo prossimamente nel nostro glossario.immagine blog_glossario social innovation

Il dialogo con le istituzioni

Le molteplici definizioni finora coniate (ognuna delle quali individua obiettivi specifici in base al contesto sociale di riferimento) arricchiscono e contribuiscono a creare una “teoria” che sia capace di aiutare la pratica, facilitando il dialogo e spingendo le istituzioni a indirizzare maggiori risorse all’innovazione sociale.

La social innovation incontra, infatti, non poche resistenze nel suo tentativo di affermarsi come unica possibile alternativa alle soluzioni, orientate all’assistenzialismo, proposte da un welfare tradizionale ormai incapace (perché privo di adeguate risorse) di soddisfare bisogni sempre più pressanti. Di qui l’esigenza di “rigore scientifico”, di ordine e chiarezza in una pratica che sta dimostrando di essere in grado di offrire soluzioni più efficaci, efficienti e sostenibili ai problemi sociali, di far crescere e responsabilizzare individui e gruppi, di accrescere la capacità (capability) della società di agire…

La Banca dei poveri

Un esempio concreto dove sono presenti tutti gli aspetti dell’innovazione sociale secondo le definizioni attuali: dalla Fondazione della Banca dei poveri (Grameen Bank) in Bangladesh ad opera di Muhammad Yunus, nel 1976, il microcredito si è rivelato un efficace strumento di lotta alla povertà. La rivoluzione introdotta è, però, più una riscoperta che un’invenzione: le radici sono molto più antiche e affondano in Italia, 600 anni fa, con i Monti di Pietà. Un’esperienza plurisecolare che Yunus ha adattato alle caratteristiche specifiche del suo Paese, dove gran parte della popolazione vive nelle campagne.

La Grameen Bank (Banca rurale o di villaggio) è stata fonte di ispirazione e di modelli per le numerose istituzioni del settore del microcredito che sono nate in ogni parte del mondo. Al centro, la creazione di reti di fiducia e di sostegno, la consapevolezza che i sussidi ai poveri non spingono a tirare fuori il talento o la creatività ma fanno sentire la gente passiva, esclusa da qualsiasi progetto di riscatto, perciò incapace di migliorare.

immagine blog_grameen bank_yunus“Il microcredito, invece, “permette ai poveri e agli scalzi di accedere a una opportunità che di solito è esclusivo appannaggio dei ricchi – spiega Yunus – Accade così che quegli aspetti della società che sembravano rigidi, fissi e inamovibili comincino a diventare più fluidi, e attraverso lo sviluppo economico le persone si affranchino da tutto un insieme di ingiunzioni e regole”.

L’idea del microcredito è applicabile ovunque, per quanto il modello vada adeguato e calibrato a caratteristiche diverse. Le molteplici esperienze hanno dimostrato che dare credito ai microimprenditori poveri, in particolare alle donne, è possibile ed economicamente sostenibile, attraverso procedure e modalità che valorizzano l’imprenditorialità e le reti sociali locali.

E’ fondamentale, però, che chi eroga i prestiti rivolga sufficiente attenzione all’accompagnamento, al rispetto, all’acquisizione delle competenze necessarie e, soprattutto, alla costruzione di fiducia e senso di responsabilità. Ecco il valore aggiunto del microcredito: non si limita a finanziare, ma rigenera reti di fiducia. E la fiducia genera reciprocità.