Come raggiungere i Sustainable Development Goals? L’importanza di misurare i risultati

Dal 1990 al 2013 più di un miliardo di persone è riuscito ad emanciparsi dalle condizioni di estrema povertà. A fronte di dati come questo, riuscire ad eradicare la povertà [No Poverty, Sustainable Development Goal 1] diventa una prospettiva concreta e realistica. Perché ciò possa avvenire, tuttavia, è necessario che a livello globale si affermi una crescita sostenibile sotto il profilo sociale, economico ed ambientale [Decent Work and Economic Growth, SDG 8], e che siano offerti a chi sta cercando di migliorare le proprie condizioni strumenti che possano favorire la mitigazione delle diseguaglianze [Quality Education, SDG 4]. Soprattutto perché elementi quali la disparità di genere continuano ancora oggi ad imbrigliare il potenziale umano [Reduced Inequalities, Sustainable Development Goal 10].

La diffusione della malnutrizione [Zero Hunger, SDG 2] e i conseguenti disturbi della crescita negli ultimi trent’anni si sono quasi dimezzati, pur essendo aumentato lo spreco di cibo [Responsible Consumption and Production, SDG 12]. E’ diminuito il numero di malattie infettive, anche se per un numero crescente di persone la possibilità di usufruire dell’assistenza sanitaria dipende dalle proprie possibilità economiche [Good Health and Well-Being, SDG 3]. L’accesso all’acqua è stato ampliato, anche se il progresso nella diffusione dei servizi igienici procede più lentamente [Clean Water and Sanitation, SDG 6].

Il costo ambientale della crescita economica, per come è avvenuta negli ultimi decenni, è aumentato [Climate Action, SDG 13]. I danni provocati negli anni all’ecosistema oceanico [Life Bellow Sea, SDG 14] e terrestre [Life on Land, SDG 15] sono considerevoli. Tuttavia anche se le emissioni di gas dovuti all’effetto serra sono a livelli record, la capacità da parte dell’energie rinnovabili di soddisfare il fabbisogno della popolazione umana è in costante aumento [Affordable and Clean Energy, SDG 7].

Crescono le infrastrutture fisiche [Industry, Innovation and Infrastructure, SDG 9], ma lo stesso vale per la popolazione globale: nuove sfide si aprono sia nei contesti urbani (in particolar modo rispetto all’housing) che rurali (con tematiche differenti, quali l’accesso alle strade in particolar modo in aree quali quella dell’Africa Sub sahariana) [Sustainable Cities and Communities, SDG 11].

Nel frattempo, si rafforza l’apparato istituzionale dello sviluppo, grazie a bilanci pubblici più affidabili [Peace, Justice and Strong Institution, SDG  16]. Si aprono possibilità di collaborazione tra gli Stati attraverso investimenti e accordi che favoriscono la crescita economica degli Stati [Strengthen the means of implementation and revitalize the global partnership for sustainable development, SDG 17], anche se diminuiscono gli investimenti pubblici.

Questa è una rapida panoramica dei dati presentati da “Atlas of Sustainable Development Goals 2017: From World Development Indicators”, la raccolta di mappe, carte ed analisi realizzato dalla World Bank (WB) per illustrare trend, sfide, metriche e criticità connesse ad ogni SDG. I dati di riferimento sono principalmente quelli raccolti attraverso i World Development Indicator (WDI), aggregati ed interpretati attraverso una revisione compiuta dalla WB sulla base di una comparazione delle statistiche internazionali relative a sviluppo e qualità della vita.

Il 1 gennaio 2016 i Paesi hanno iniziato ufficialmente ad implementare a livello nazionale e locale l’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile: il piano trasformativo basato su 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, indirizzati alle sfide globali più urgenti per i prossimi 15 anni. L’Agenda mira ad essere una road map verso una crescita capace di integrare e bilanciare le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile – economico, sociale e ambientale – grazie ad una visione globale complessiva.

Ban Ki-Moon, nel report che presenta gli indicatori definiti per misurare l’avanzamento verso il raggiungimento degli SDGs, ha esortato a “considerare vitale iniziare l’implementazione di questi obiettivi con un senso di opportunità e propositività basato su un’accurata valutazione di dove si trova il mondo ora.”

A settembre 2015 l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha sottoscritto i Sustainable Development Goals (SDGs), formalizzando l’impegno di tutti gli Stati Membri ad adottarli. Gli obiettivi presentati in quella occasione sono stati il frutto di oltre un anno di sessioni di lavoro aperte ed intensive che hanno portato all’individuazione di 17 obiettivi, articolati in 169 traguardi. Il Segretario Generale ha accolto le conclusioni dell’Open Working Group on the SDGs (OWG) nel report di sintesi The Road to Dignity by 2030. Gli Stati Membri hanno accolto l’agenda come principale base per i processi intergovernativi a partire dal 2015, e hanno validato gli obiettivi e i traguardi proposti e definito i mezzi per la loro implementazione. Inoltre è stato strutturato un framework di monitoraggio, un follow-up periodico, e una revisione per riorientare l’implementazione sulla base dei dati emersi.

Le consultazioni globali, durate 18 mesi, per identificare gli indicatori attraverso cui valutare l’avanzamento nel raggiungimento degli SDGs, hanno coinvolto esperti delle organizzazione delle Nazioni Unite, mondo accademico, imprese, società civile e un ampio numero di uffici delle statistiche nazionali (tra cui Eurostat, BPS Indonesia, OECD, istituto statistico nazionale delle Filippine, e l’Ufficio Nazionale per le Statistiche inglese). L’obiettivo delle due sessioni di lavoro proposte tra il 2014 e il 2015 è stata quella di produrre un framework di valutazione tecnicamente robusto, flessibile sotto il profilo operativo e capace di offrire tutte le informazioni necessarie ai governi e agli altri stakeholder (versione finale: http://unsdsn.org/indicators).

L’esito del lavoro sono stati 232 indicatori, riportati nel Report of the Inter-Agency and Expert Group on Sustainable Development Goal Indicators (E/CN.3/2017/2). Gli indicatori così strutturati costituiscono il pilastro del processo di monitoraggio che consente di trasformare gli SDGs in uno strumento gestionale a livello locale, regionale e nazionale. La valutazione dell’avanzamento rispetto ai diversi SDGs aiuta i Paesi nello sviluppare strategie di implementazione e di allocazione di risorse, costituisce uno strumento per valutare il proprio sviluppo, e garantisce l’impegno da parte di tutti gli stakeholder nel raggiungimento dei traguardi condivisi globalmente.

Alcuni degli indicatori riescono a misurare in maniera trasversale diversi obiettivi, dimostrando come il raggiungimento degli obiettivi sia interconnesso, e vadano perseguiti insieme, a livello globale. Il primo report elaborato sui dati raccolti fino a maggio 2016 è disponibile online, The Sustainable Development Goals Report 2016.

Nel 2017, anche SocialFare si è attivato per i Sustainable Development Goals. Segui sulla pagina facebook @socialfaretorino, a partire da martedì 16 maggio, le pillole dedicate agli avanzamenti degli SDGs.

Modelli ed esperienze di innovazione sociale in Italia | Secondo rapporto CERIIS

“Innovare è connettere”

Greg Horowitz

È diventato sempre più difficile offrire una definizione univoca del concetto di innovazione, soprattutto lì dove viene abbinato alla sua declinazione sociale. Il secondo rapporto CERIIS (Centro di ricerche internazionali sull’innovazione sociale) mira a offrire una definizione aggiornata di questo fenomeno a partire dalla mappatura di modelli ed esperienze di innovazione sociale in Italia. L’innovazione sociale, scrive Gianni Lo Storto (Direttore generale LUISS Guido Carli), può essere definita come “una soluzione a un problema sociale che sia più efficace, efficiente e sostenibile di quelle già messe in atto, e in cui il valore creato vada a vantaggio della società prima che ai suoi singoli individui.”

Il “cuore” dell’innovazione sta quindi soprattutto nelle nuove relazioni attivate: più che di oggetti o fenomeni isolati, l’innovazione è questione di connessioni. Innovazione sociale significa innanzitutto mettere in contatto fasce diverse di popolazione, ampliare i confini della comunità, includere anziché escludere, coinvolgere anziché discriminare. L’innovazione sociale è intrinsecamente frugale (jugaad) e vantaggiosa economicamente, perché prevede una più efficace allocazione delle risorse a beneficio del più vasto bacino di persone possibile.

 

“L’innovazione Sociale può essere definita come una soluzione a un problema sociale che sia più efficace, efficiente e sostenibile di quelle già messe in atto, e in cui il valore creato vada a vantaggio della società prima che ai suoi singoli individui. L’innovazione sta quindi, soprattutto, nelle nuove relazioni attivate:  mettere in contatto fasce diverse di popolazione, ampliare i confini della comunità, includere anziché escludere, coinvolgere anziché discriminare.”

Gianni Lo Storto (Direttore generale LUISS Guido Carli)

Il CERIIS per analizzare il fenomeno dell’innovazione sociale nel nostro paese ha compiuto rilevazioni su quasi 500 progetti ed esperienze, e ha compiuto approfondimenti sui 56 casi di maggior rilevanza (tra le realtà selezionate per Torino: Paratissima e SocialFare®). Sulla base di questa ampia analisi empirica, il rapporto illustra i modelli e le attuali tendenze dell’innovazione sociale maggiormente consolidate nel nostro Paese. In particolare lo studio identifica le caratteristiche chiave dell’innovazione sociale e le principali condizioni che ne favoriscono lo sviluppo; evidenzia gli ambiti di rilievo sociale dove il fenomeno in questione risulta più frequente.

Il Rapporto CERIIS porta all’ampia letteratura diffusa sul tema dell’innovazione sociale due elementi di miglioramento che ne fanno un punto di riferimento nel dibattito sulle nuove modalità di creazione di valore collettivo: un’attenta rappresentazione della realtà empirica del fenomeno, e l’approfondimento dei criteri pratici che permettono di distinguere l’innovazione sociale e i fattori da cui dipende il suo impatto. Sulla base dei risultati derivanti dall’analisi il rapporto presenta un set di proposte per l’elaborazione di una politica organica a favore dello sviluppo dell’innovazione sociale.

Gli studi sinora condotti raccontano l’innovazione sociale come tipologia di innovazione a sé, a prescindere dal settore o dall’ambito in cui si manifesta, come fenomeno dipendente dalla capacità di attivazione di relazioni nuove tra diversi attori, per mezzo di nuove forme di coinvolgimento, modelli organizzativi e strumenti innovativi. Il grado di innovatività delle soluzioni impatta sul capitale relazionale, attraverso il quale individuare e successivamente soddisfare un bisogno sociale espresso o latente. Lo scopo dipende dai mezzi ed è influenzato dai fini. L’innovazione sociale deve essere riconoscibile rispetto ai risultati ottenuti, ma anche nel modo in cui questi sono raggiunti: ogni innovazione sociale è tale se attiva una collettività di soggetti e i risultati ottenuti sono di beneficio a tutti e non a pochi.

L’analisi del CERIIS per individuare le caratteristiche chiave e le determinanti dell’innovazione sociale prende avvio dalla considerazione che l’innovazione sociale è context dependentQuesto significa che essa si attua in un più ampio contesto istituzionale, sociale, economico, culturale e ambientale che ne influenza fortemente i contenuti e le modalità realizzative. La sua specificità e rilevanza sta nel fatto che introduce qualcosa di nuovo (e con un positivo e rilevante impatto sociale) nel contesto in cui si manifesta: la sua innovatività non va considerata in senso assoluto, ma relativamente ai soggetti coinvolti nella sua realizzazione.

 

Ogni innovazione sociale è sia path-specific che place-specific (Zamagni, 2015), dipende dalle precendeti esperienze e dal bagaglio socio culturale degli attori partecipanti, nonché dalle caratteristiche storico-sociali del contesto in cui si sviluppa. Il modello italiano si caratterizza per una lettura relativa e soggettiva dell’innovazione sociale, dove le caratteristiche tipiche di ogni comunità sono la forza e la debolezza di tale modello. Ogni comunità svolge il ruolo di facilitatatore e disseminatore di innovazione sociale (Guida e Maiolini, 2013). In Italia, data la grande tradizione dell’imprenditorialità sociale, dell’associazionismo e del ruolo delle famiglie, intese come primo livello di comunità il dibattito è di grande interesse e richiede un attento rilievo empirico.

 

L’innovazione sociale e le sue possibilità di impatto variano in relazione alla dimensione geografica in cui si attuano, e si modificano nel tempo in quanto processi che evolvono rispetto a manifestazioni, modalità di partecipazione, interazione tra gli attori coinvolti, , output e benefici generati. Nonostante le numerose variabili che queste caratteristiche comportano è possibile identificare sei elementi chiave dell’innovazione sociale:

/ la migliore soddisfazione di un’esigenza collettiva

/ innovazione delle relazioni tra gli attori economici e sociali e dei loro ruoli

le tecnologie

il miglior uso dei beni e delle risorse disponibili

impatto strutturale

/ forza economica

I costrutti teorici hanno trovato riscontro nelle caratteristiche emerse dal campione d’indagine. L’innovazione sociale dimostra di essere un fenomeno estremamente eterogeneo, sia dal punto di vista degli ambiti in cui si manifesta anche delle modalità. La distribuzione del campione in funzione del tipo di di innovazione (relazionale, tecnologica, entrambe) è piuttosto omogenea: l‘innovazione relazionale risulta leggermente superiore a quella tecnologica, con 164 casi rispetto ai 159 della seconda. L’analisi del campione dimostra, inoltre, una maggiore sostenibilità dal punto di vista economico quando è basata sull’innovazione delle relazioni, mentre lo è meno quando è centrato sulla tecnologia.

Il report per studiare più approfonditamente questi concetti ha individuato un numero ristretto di casistiche nelle quali sono emerse più complesse dinamiche attuative. Per quanto concerne il sitema degli attori, il modello permette di tracciare il profilo dei principali attuatori delle iniziative. L’indagine campionaria mostra che essi agiscono per lo più sotto forma di imprese e di NPO suggerendo il ruolo dominante delle entità private rispetto a quello del soggetto pubblico e degli individui privi di struttura organizzativa.

L’approccio all’innovazione sociale cambia in base alle modalità organizzative e di gestione dei flussi di innovazione delle imprese. Ciò che emerge in maniera preponderante riguarda la consapevolezza delle imprese del fatto che per fare innovazione sociale è fondamentale riuscire a integrare la propria visione di organizzazione all’interno di un sistema di relazioni. In questo senso la rete delle partnership e le modalità di interzione tra i diversi attori rendono una innovazione sociale coerente nei fini e nei mezzi.

cover Sulla base delle questioni chiave evidenziate dall’indagine qualitativa condotta, il report analizza le relazioni tra gli attori, la forza economica e l’incidenza della variabile finanziaria nei progetti d’innovazione, l’evoluzione della relazione dell’innovazione sociale con le imprese, il quadro delle opzioni di intervento pubblico a favore dell’innovazione sociale sviluppate a livello nazionale ed europeo arrivando a formulare delle proposte per una politica organica in favore dell’innovazione sociale.

Il report si chiude con approfondimenti dedicati alle prospettive dell’innovazione sociale nel coinvolgimento dei cittadini, nell’impegno verso la sostenibilità ambientale, nello sviluppo di una rete nazionale e nella sua relazione con il settore bancario.

Un report ricco di spunti che scatta una foto accurata e realistica del grande dinamismo che caratterizza l’innovazione sociale in Italia, scaricabile gratuitamente nella sua versione integrale.

Largo al secondo welfare

Pressati dalla crisi economica, i governi europei devono contenere i costi con la conseguenza che non riescono più a far fronte ai bisogni sociali della popolazione, che invece sono in crescita.

Ecco allora l’ingresso sulla scena del welfare di altri soggetti disposti a contribuire – con risorse economiche ma soprattutto organizzative e relazionali – alla realizzazione di servizi che integrino gli interventi pubblici. Attori privati (imprese, fondazioni, terzo settore…) e pubblici uniscono quindi forze e capacità creando una rete capace di dare vita a un nuovo stato sociale, con strategie innovative e condivise.

logo_secondowelfareA monitorare in Italia il mondo del secondo welfare è il progetto “Percorsi di secondo welfare” realizzato dal Centro Einaudi in partnership con ANIA, Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariplo, Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Fondazione con il Sud, KME Group, Luxottica e Corriere della Sera. Avviato nel maggio 2011 con l’obiettivo di ampliare e approfondire il dibattito sulle trasformazioni dello stato sociale in Italia, il progetto focalizza l’attenzione sulle esperienze in corso arricchendo un dibattito che raccoglie un numero crescente di voci.

Il progetto ha pubblicato recentemente il “Primo rapporto sul secondo welfare”, che potete leggere seguendo questo link.