Torino Startup | Una proposta per potenziare l’ecosistema locale per la creazione d’impresa

Un ecosistema coeso al suo interno, aperto e attrattivo verso l’esterno, integrato con le aziende locali, attento al capitale umano, efficace nel business support, flessibile sul piano finanziario. Questa la direzione e l’obiettivo di crescita suggeriti dal gruppo di lavoro, composto dagli attori attivi sul territorio, che ha realizzato il report presentato venerdì 15 aprile 2016 nell’ambito della manifestazione “Torino Startup”.

Il report è l’esito del laboratorio Start-up Metro Torino. Il progetto si inscrive nell’ambito del programma Metros (Metropolitan Economic Transformation and Regional Organizational Structures), promosso dal German Marshall Fund of United States. Il programma, sostenuto anche dallaCompagnia di San Paolo, vuole favorire la collaborazione tra alcune città del sud Europa (Torino, Genova, Bilbao e Salonicco) sui temi dello sviluppo economico, attraverso la condivisione di buone pratiche, lo scambio e il confronto tra operatori. Start-up Metro Torino è nato con l’obiettivo di fornire in maniera congiunta e coordinata indicazioni qualificate ai decisori istituzionali per definire le scelte strategiche di potenziamento dell’ecosistema piemontese per la creazione d’impresa.

METODO DI INDAGINE

L’elaborazione di questo report si è sviluppata nell’arco di sei mesi (da settembre 2015 a febbraio 2016), grazie a un percorso condiviso di lavoro che ha portato al coinvolgimento di numerosi interlocutori locali. Ogni fase dell’intervento è stata discussa, concordata e valutata con il Gruppo di progetto, composta da: Torino Strategica (coordinamento generale), Fondazione Human+ (supervisione scientifica), Camera di Commercio di Torino/Torino Social Innovation, Città Metropolitana di Torino (MIP – Mettersi in proprio), SocialFare, Incubatori accademici I3P e i 2i3T, PerMicroLab, Rèseau Entreprendre Piemonte, Università degli Studi di Torino.

Il percorso di lavoro ha inoltre previsto alcuni momenti di consultazione con i diversi portatori di interesse attraverso:
/ un opinion survey realizzata con un questionario inviato a tutti i 65 attori dell’ecosistema per la creazione di impresa,
/ alcuni focus group realizzati con panel di neo-imprenditori locali con almeno due anni di esperienza,
un dibattito pubblico dal titolo “Local Insights Torino’s Ecosystem che ha visto la partecipazione di Greg Horowitt,
diversi incontri individuali con leader locali sui temi di governance, sistema univesitario, fondazioni bancarie, e associazionismo.

Tre le tappe principali di questo percorso condiviso: 1. la definizione degli obiettivi futuri, generare più impatto economico grazie all’ecosistema, l’analisi dei punti di forza e aree da potenziare (analisi dello stato attuale dell’ecosistema), e la formulazione di proposte per il rafforzamento dell’ecosistema (proposta condivisa articolata in sei punti).

VALUTAZIONE DELL’ECOSISTEMA TORINESE

La forte attenzione rivolta agli ecosistemi imprenditoriali ha una semplice ragione: dove è presente un ecosistema evoluto e dinamico è maggiore lo sviluppo economico e sociale. Le economie contemporanee premiano quei territori che dispongono di un ecosistema performante, in accordo con quanto evidenziato dall’Entrepreneurship Indicator Programme (sviluppato da OECD ed EUROSTAT) secondo cui gli ecosistemi imprenditoriali hanno un’influenza accertata su tre output economici fondamentali: nascita di nuove imprese, creazione di posti di lavoro, aumento della ricchezza collettiva.

Performance

Ne deriva che misurando gli output economici riconducibili all’azione dell’ecosistema imprenditoriale di Torino (relativi a questi tre aspetti), è possibile valutare il suo livello di performance e compararlo a quello di altre realtà italiane. L’analisi comparata condotta a livello nazionale per l’anno 2015, vede Torino collocarsi sempre in una posizione mediana delle classifiche,  evidenziando come l’ecosistema imprenditoriale torinese possa migliorare in modo rilevante  le proprie prestazioni sia quanto a creazione di nuove imprese, che a occupazione prodotta dalle neo-imprese e innovazione generata come forma di ricchezza collettiva.

Un  ecosistema imprenditoriale può essere definito come un insieme interconnesso di singole individualità con “intenzione imprenditoriale”, di operatori economici e di istituzioni che formalmente e informalmente interagiscono per generare attività di impresa (definizione è liberamente tratta da: C. Mason, R. Brown, Entrepreneurial ecosystems and growth oriented entrepreneurship, Final Report to OECD, Paris, 2014). Per poter valutare la struttura di un ecosistema imprenditoriale è quindi necessario prendere in considerazione due aspetti: numerosità dei suoi attori, e relazioni che tra essi intercorrono.Schermata 2016-04-20 alle 11.48.32

La mappatura effettuata nel corso dell’intervento ha individuato 65 attori attivi nell’ecosistema torinese a fine 2015. I diversi attori sono stati poi ricondotti a otto aree di azione, definite in concordanza con le indicazioni di OECD/EUROSTAT : business support (incubatori, acceleratori, servizi di mentoring), imprenditorialità (trade association, industry association), community (start-up network, coworking agency, fablab), infrastrutture (accesso a facility), finanza (banche, angel investor, venture capital), settore pubblico e policy (governi locali, associazioni pubbliche, camera di commercio), capitale umano (università pubbliche e private), ricerca e sviluppo (centri di ricerca, technological park).

Ne emerge un ecosistema adeguato per il numero e la varietà degli attori presenti sul territorio (65 soggetti mappati), ma il cui livello di networking è ampiamente migliorabile: i costi di transazione sono elevati sia per garantire una fluida e rapida circolazione delle informazioni e conoscenze, che per generare progetti e iniziative coordinate e condivise.

Valutazione del funzionamento

Rispetto al suo funzionamento la valutazione del sistema torinese è stato compiuto in relazione a cinque dimensioni:

  1. SUPPORTO AL BUSINESS: fornitura di servizi e consulenze per il processo di creazione di impresa.

L’ecosistema torinese offre una gamma soddisfacente di servizi e risorse per le neo-imprese nelle fasi iniziale e intermedia del ciclo di start-up, ma non riesce a supportare adeguatamente le neo-imprese nel momento cruciale del consolidamento (business growth) al termine del percorso di creazione di impresa.

  1. MENTALITÀ IMPRENDITORIALE: promozione dello spirito imprenditoriale come cultura e valore.

Sotto questo profilo l’ecosistema svolge un’azione efficace nel consolidare e diffondere il significato e il valore collettivo del fare impresa verso il pubblico di potenziali imprenditori adulti. Migliorabile invece la promozione della mentalità imprenditoriale fra i giovani e gli studenti.

  1. CAPITALE UMANO: crescita professionale e sociale dei nuovi talenti imprenditoriali.

Parziali punti di forza dell’ecosistema sono l’individuazione di nuovi potenziali imprenditori e l’azione formativa nei loro confronti, basata su un mix di formazione formale e di apprendimento sul campo. L’area di miglioramento è lo sviluppo di community per consolidare apprendimenti, senso di appartenenza e generare opportunità di business.

  1. RISORSE FINANZIARIE: reperimento di capitali di rischio a disposizione delle imprese nascenti.

L’ecosistema è in grado di intercettare risorse finanziarie adeguate per le esigenze delle neo-imprese. Il punto critico è la logica complessiva di finanziamento e investimento, distante dai bisogni e richieste delle neo-imprese in termini di velocità di erogazione, flessibilità amministrativa, gestione del rischio.

  1. APERTURA: connessione con realtà esterne e attrattività rispetto ad altri territori ed ecosistemi.

L’Openness è la dimensione più carente dell’ecosistema. Il suo funzionamento è ampiamente migliorabile sotto ogni profilo: capacità di attrarre iniziative imprenditoriali a Torino, capacità di collegarsi al circuito nazionale e internazionale della creazione di impresa, capacità di accreditarsi e rendersi visibile come “Città delle start-up”.

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LE PROPOSTE

Alla luce di questa analisi, e con la prospettiva di potenziare l’ecosistema affinché generi maggiore impatto economico, il Gruppo di Lavoro ha formulato le seguenti proposte:

Proposta 1 
Un ecosistema coeso al suo interno per favorire maggiore integrazione e scambio fra gli attori: creazione di un tavolo di coordinamento permanente da affidare ad un soggetto facilitatore che garantisca l’attività, e per promuovere il confronto internazionale e l’analisi delle attività svolte.
(Presentata da Mario Lupo, Tessa Zaramella – Città Metropolitana di Torino)

 

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Un ecosistema aperto e attrattivo per connettere l’ecosistema al circuito nazionale e internazionale delle start-up. Elaborazione di una strategia di comunicazione e marketing specifica, supportata dall’organizzazione e l’ospitalità di eventi internazionali di rilievo su questi temi; e l’allestimento di un welcome-desk unico e dedicato per attrarre le start-up.
(Presentata da Laura Orestano – SocialFare, Fabrizio Barbero – Città di Torino)

 

 

Proposta 3
Un ecosistema integrato con le aziende locali per aumentare i capitali a disposizione delle neo-imprese e accrescere il numero di start-up originate da spin-off aziendali. Attività di promozione e matching fra neo-imprese e aziende, e tra atenei e imprese, per la creazione di spin-off aziendali.
(Nicoletta Marchiandi Quatraro – Camera di Commercio di Torino)

Proposta 4
Un ecosistema attento al capitale umano per aumentare il numero, la qualità professionale e il ruolo sociale dei neo-imprenditori attraverso programmi di imprenditorialità nelle Scuole Superiori e nelle Università, professionalizzazione basata sui mentor d’impresa e attività di formazione finanziata anche per il target neo-imprese.
(Mario Montalcini – Réseau Entreprendre, Enrico Gastaldi – Università di Torino)

Proposta 5
Un ecosistema efficace nel business support per favorire il consolidamento delle neo-imprese, tramite servizi mirati per crescere sui mercati e sviluppare l’organizzazione e sviluppo di public procurement a favore delle neo-imprese.
(Marco Cantamessa – Incubatore PoliTo I3P, Giuseppe Serrao – Incubatore UniTo 2i3T)

Proposta 6 
Un ecosistema flessibile sul piano finanziario per differenziare e rendere più flessibili le forme di finanziamento e credito alle neo-imprese attraverso la diffusione di buone pratiche creditizie, il consolidamento di acceleratori locali e reti di business angel, e modelli innovativi di sostegno pubblico alle neo-imprese.
(Corrado Ferretti – PerMicro, Giancarlo Rocchietti – Club degli Investitori)

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Il Gruppo di lavoro ha scelto di formulare proposte che pur prevedendo interventi di natura varia condividono alcune caratteristiche essenziali: la realizzabilità nel breve termine (6-12 mesi) o tutt’al più in 12-24 mesi, costi contenuti per la collettività, valorizzazione degli asset esistenti, non necessitano di un “cambio di sistema” o  interventi straordinari.

PROSSIMI PASSI

A seguito della redazione di questo rapporto, la prossima fase richiede quindi che le raccomandazioni vengano considerate operativamente dalle leadership e che queste valutino se e come ingaggiarsi nel trasformarle in azioni concrete, anche a fronte di decisioni e atti formali, nonché allocazione di finanziamenti. Dopo questo passaggio di sostegno della strategia, potrà seguire l’elaborazione di un piano d’azione fatto su misura, più o meno ampio e omnicomprensivo di quanto indicato in questo rapporto, che indicherà, per quanto possibile, attori, risorse, modalità, tempi e risultati attesi.

 

Digital Urbanism | semi di Eden (Energy Data ENgagement)

Internet smetterà di essere il protagonista della nostra evoluzione tecnologica. Lo ha affermato Erich Schmidt al World Economic Forum 2015. L’executive chairman di Google ritiene, infatti, che la rete sarà completamente assorbita  da tutto ciò che ci circonda e, metabolizzata dalla nostra società, arriverà a far parte di essa in modo definitivo. A innescare questo processo l’internet delle cose (Internet of Things-IoT), ovvero l’estensione per cui i nostri oggetti acquisiscono intellingenza comunicando dati su se stessi e sull’ambiente che li circonda.

//Internet of Things

L’analisi di Schmidt sull’IoT trova conferma nei dati di una recente ricerca di mercato condotta da Gartner secondo cui entro il 2020 questa rivoluzione arriverà a coprire oltre 26 miliardi di dispositivi connessi. Un numero di gran lunga superiore a quello attuale di smartphone, tablet e pc: l’Internet of Things avrà un impatto sulla società superiore a quello che ha avuto internet stessa.

Sempre Gartner, compagnia leader nella ricerca sull’informazione tecnologica e nella consulenza, dichiara in un report dedicato  che le persone stesse diventeranno “nodi” di internet, producendo sia dati statici che un sistema costante di attività capaci di generare informazioni.

In quest’ottica rispetto all’IoT le città sono leggibili come microcosmi che beneficiano della connesione tra persone, processi, dati e cose. L’evoluzione del concetto di “Smart City” negli anni è stata soggetta a numerosi rielaborazioni, ma una parte è rimasta sempre costante: la parte relativa alla dimensione “smart” è sempre stata connessa con la tecnologia delle informazioni e della comunicazione e internet per rispondere alle sfide urbane. La sfida che ora sorge per progettisti, architetti e urbanisti è ilDigital Urbanism”.

//Efficienza Energetica

Oltre alle sfide legate al passato l’IoT diventa strumento fondamentale anche per il miglioramento di ciò che esiste, come ad esempio nei processi di efficientamento energetico degli edifici pubblici. La Direttiva europea 2002/91/CE, fonte di tutta la recente legislazione in materia di rendimento energetico nell’edilizia, sottolinea che “l’energia impiegata nel settore  residenziale e terziario, composto per la maggior parte di edifici, rappresenta oltre il 40% del consumo finale di energia della Comunità; in questo contesto, gli edifici pubblici   costituiscono   un   considerevole   patrimonio   edilizio   sul   quale   poter intraprendere iniziative di miglioramento del rendimento e di efficienza energetica.

Il modello consolidato di produzione centralizzata di energia elettrica va trasformandosi in quello più articolato e avanzato, sia dal punto di vista tecnologico che gestionale, di generazione distribuita. Tale evoluzione suggerisce un nuovo paradigma per la produzione e distribuzione di energia che vede energia e informazioni veicolate su rete attiva, secondo un modello internet-like, con interazione continua tra produttori e consumatori e scambio costante di informazioni sui flussi di energia prodotta e la richiesta del momento.

Le nuove tecnologie offrono agli obbiettivi di efficenza energetica strumenti rivoluzionari. Di particolare interesse il sistema di smart metering : sistema di controllo basato su reti di sensori (wireless, Pic, RS485) per il monitoraggio in tempo reale dei consumi di luce, gas e acqua. La possibilità di monitorare i consumi con una cadenza molto più serrata che in passato (si passa dai dati della bolletta mensile alle informazioni prodotte ogni ora dagli smart meters) offre opportunità interessanti sia per i consumatori che per i produttori. Ma la massa di dati prodotti non sempre è leggibile. La sfida degli open data, infatti, è aperta.

Ma i cittadini sono pronti ad utilizzare questi strumenti?

//EDEN_Energy Data ENgagement

L’abilitazione al cambiamento trova idealmente sponda nell’educazione ma la scuola fatica ad accogliere le istanze tecnologiche sottese a questi processi. Alcuni esperimenti iniziano a prendere piede, come EDEN_Energy Data ENgagement. Progetto di IREN che nasce dall’idea di utilizzare il paradigma dell’Internet delle Cose per favorire una consapevolezza diffusa sui consumi energetici all’interno delle scuole.


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Il progetto ha coinvolto 3 scuole del quartiere Campidoglio della Città di Torino (Scuola Elementare Gambaro, Scuole Medie Nigra e De Sanctis). In alcune classi, o luogo significativi per la socialità sono stati posizionati dei sensori (in maggioranza rilevatori di parametri termici) distribuiti e connessi a internet. Questi smart meters sono stati integrati a una serie di strumenti di controllo dei dati raccolti (app, siti internet, cruscotti digitali di analisi e gestione dei dati), la cui osservazione permette di elaborare strategie di divulgazione e comunicazione che rendano gli utenti capaci di compiere scelte energetiche razionali e improntate alla riduzione dei consumi.

 

SocialFare® | Centro per l’Innovazione ha contribuito allo sviluppo di una social platform digitale studiata per l’engagement che, dando visibilità e significato a dati raccolti da sensori collocati negli istituti scolastici e in altri edifici e luoghi pubblici, potesse generare consapevolezza e stimoli comportamenti sostenibili negli studenti e, attraverso loro, nella cerchia più ampia di famiglie e cittadini. Il progetto intende sviluppare un sistema di raccolta, rappresentazione e condivisione di informazioni a soggetti diversi (Energy Manager, Studente, Stakeholder), rendendo accessibili e trasparenti i dati afferenti alle “cose” che ci circondano e stimolando l’implementazione di azioni e progetti di efficienza energetica. 

Al termine del progetto, conclusosi a luglio del 2015, è stato prodotta una valutazione dell’impatto sociale generato, rendendo evidente:

– l’importanza centrale degli insegnanti come mediatori di diffusione di consapevolezza e acquisizione di buone pratiche;

– l’importanza del gaming nell’engagement degli studenti;

– le potenzialità di diffusione connesse al ruolo degli studenti all’interno dell’ecosistema scuola-famiglie-quartiere.

La valutazione d’impatto ha coperto tutta la durata del progetto, prevedendo:

//in fase preliminare i rilievi olistici di contesto per evidenziare le specificità delle tre scuole e per studiare le condizioni “ambientali” in cui il progetto veniva realizzato.  

//In fase di implementazione alcuni nostri progettisti hanno proposto laboratori living-lab sia ai docenti che agli studenti con la finalità di co-progettazione la social-platform. L’indagine a chiusura del progetto ha previsto, accanto ad alcune interviste semi-strutturate, la somministrazione di sondaggi on-line ai docenti, e questionari in versione cartacea per  raggiungere studenti e famiglie.

//A chiusura del progetto gli esiti delle nostre ricerche sono stati formalizzati attraverso una data visualization, che ha rappresentato l’impatto sociale generato come una goccia capace di propagarsi attraverso le diverse cerchie coinvolte a seconda dell’estensione degli stakeholder raggiunti.

Il progetto ha vinto il premio SMAU per le Smart Communities.

 

Terzo Forum Mondiale dello Sviluppo Economico Locale

Il Terzo Forum Mondiale dello Sviluppo Economico Locale avrà luogo a Torino dal 13 al 16 ottobre presso il Polo Reale.

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Il LED (Local Economic Development) è un approccio guidato localmente e pianificato in modo strategico per consentire la crescita dell’occupazione, la riduzione della povertà e una maggiore qualità di vita. Una migliore governance economica a livello locale ed una più inclusiva ed equa partecipazione di tutti gli attori presenti sul territorio (privati, pubblici o civili) raggiungono tali obiettivi.

Il Terzo Forum Mondiale si propone di essere una piattaforma attraverso cui analizzare le esperienze che hanno influenzato le politiche economiche nel corso degli ultimi due decenni, cogliendo l’occasione offerta dal 2015: anno traguardo degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e contemporaneamente anno di avvio dellAgenda post 2015 di Sviluppo. Gli obiettivi individuati saranno adottati in occasione del Summit delle Nazioni Unite sullo Sviluppo.

Per rafforzare le capacità della comunità internazionale nell’affrontare le sfide globali è necessario, infatti, un maggiore impegno di tutti  per garantire un’armonizzazione delle politiche a livello locale.

Più di 300 Sindaci. 70 Paesi rappresentati. Tra i relatori attesi a Torino Ban Ki-moon, Luiz Inácio Lula da Silva, e i Sindaci di Barcellona, Belgrado, Belo Horizonte, Betlemme, Dakar, La Paz, Maputo, Santa Fe e Strasburgo.

I temi che saranno trattati riguarderanno tre aree tematiche:

 

La registrazione dei partecipanti si svolgerà martedi 13 ottobre dalle ore 13.00 alle 16.00 presso Palazzo Chiablese (Polo Reale).

I momenti legati alle Matching Opportunities, saranno ospitati invece nell’appartamento di Madama Felicita, all’interno del Palazzo Reale. In questa occasione la piattaforma Net-TO-Work sarà messa in atto dando l’opportunità – ad attori pubblici, privati e della società civile – di incontrarsi per sviluppare possibili accordi e  partnership.

Il programma è fitto di workshop, plenary session e panel.

(La registrazione è obbligatoria. Per ragioni di sicurezza sarà richiesto un documento di identità al registration desk.)

 

Quale sfida sociale vuoi vedere vinta? | HorizonPrize

Innovare significa migliorare in modo inedito (o significativo) beni, servizi, processi e metodi. Si parla di Innovazione Sociale quando essi sono progettati a beneficio della comunità, piuttosto che del singolo. Molto spesso le sfide sociali non possono essere incontrate attraverso approcci e soluzioni tradizionali.

Nell’ambito dei finanziamenti europei, all’innovazione è dedicato un programma di quasi 80 miliardi di euro: Horizon 2020. La Commissione Europea, in cooperazione con l’European Investment Bank Institute, pianifica ora di lanciare entro la fine dell’anno all’interno di questo programma un premio da 2 milioni di euro dedicato alle sfide sociali.

Lo scopo è il coinvolgimento delle comunità a lavorare con un obiettivo comune, suscitare interesse su questioni specifiche, attrarre innovatori dinamici verso aree finora non sondate, mobilitare nuovi investimenti privati per la ricerca e l’innovazione, e stimolare soluzioni inedite alle sfide che si propongono attualmente ai cittadini europei.Schermata 09-2457284 alle 18.00.41

Il premio si propone di essere innovativo fin dalle sue prime mosse, tentando l’engagement della società civile a partire dalla scelta della prima sfida da affrontare. Da ieri, infatti, è possibile votare online tra cinque temi differenti per scegliere quale tema sarà protagonista del premio.

Gli ambiti proposti sono:

  • Obesità infantile
  • Invecchiamento della popolazione
  • Integrazione dei migranti nel mercato del lavoro
  • Imprenditorialità femminile, e cittadini per l’energia pulita.

Il voto per #HorizonPrize si chiuderà il 22 ottobre, e sarà possibile votare fino alle ore 12 del 21 ottobre al link http://ec.europa.eu/research/horizonprize/index.cfm?prize=social-innovation.

 

 

WEstart | Mapping Social Entrepreneurship in Europe

  Il progetto WEstart è un progetto di ricerca europeo dedicato alla mappatura dell’imprenditorialità sociale femminile in Europa. La prima fase pilota, che si concluderà a settembre 2015, è il primo passo verso una più estesa strategia a lungo termine: sostenere l’imprenditorialità sociale femminile favorendo il contatto con gli stakeholder chiave e la promozione di mirate azioni di policy.

Tra le dieci nazioni coinvolte è presente anche l’Italia, a cui è dedicato il mini report Women’s Social Entrepreneurship in ITALY, creating value by addressing and tackling unmet social needs. Il report sintetico, disponibile da pochi giorni online, è basato sui primi dati empirici raccolti tra maggio e giugno del 2015 in Italia da European Woman’s Lobby.

I dati raccolti uniscono una desk research articolata su 10 intervistate attraverso un format di indagine semi-stutturato secondo il feminist interview method, e i sondaggi sottoposti on-line a 32 imprenditrici. Tra di loro Laura Orestano, CEO di SocialFare®.

Il quadro, che risulta dall’indagine condotta da Valentina Patetta, offre una visione complessiva sullo stato dell’arte dell’imprenditorialità sociale in Italia, evidenziandone punti di forza e criticità. In questa mappa complessiva emerge con forza il contributo specifico che le donne sanno portare in questa nuova forma di imprenditorialità caratterizzata da un approccio responsabile, trasparente e innovativo.

 

Women’s Social Entrepreneurship in Italy, report integrale.

Mapping Women’s Social Entrepreneurship in Europe, synthesis report.

WEstart, piattaforma.

“Fiducia e nuove risorse per la crescita del Terzo settore”: intervista a Pietro Barbieri

Oltre 301 mila organizzazioni, 950 mila posti di lavoro, 681 mila dipendenti, 4,7 milioni di volontari, entrate pari al 4,5 per cento del Pil. I numeri del Terzo settore descrivono un mondo in crescita: dal 2001 ad oggi le organizzazioni e gli addetti sono aumentati rispettivamente del 28%  e 39%; le sole cooperative sociali dal 2011 al 2013 hanno creato 20 mila nuovi posti di lavoro.

untitledE’ il ricco e variegato mondo del non profit italiano (associazionismo di promozione sociale, volontariato, cooperazione), che agisce là dove il welfare pubblico non arriva o si sta ritirando. Un mondo che oggi attende una riforma che sappia raccogliere sfide importanti, a partire dall’aggiornamento di tecniche e metodologie della raccolta fondi (rivedendone anche il senso) e dal rafforzamento dell’internazionalizzazione, fino alla creazione di una rete che faccia crescere l’aggregazione e migliori l’efficienza degli interventi, passando per la riduzione degli sprechi e l’esplorazione di terreni di interesse collettivo nuovi.

In particolare, le nuove richieste e necessità economico-finanziarie del settore non profit richiedono strumenti innovativi. La raccolta fondi non è meno importante del reclutamento dei volontari e le risorse cui attingere sono rappresentate oggi dal risparmio privato, che in Italia – secondo dati riferiti al 2011 – vale oltre 8 miliardi di euro, 4 volte e mezza di più del debito pubblico.Donazioni-150x100

E’ ai cittadini, dunque, che si chiederà sempre più di finanziare, di investire (ottenendone anche dei ricavi) su progetti sociali che producono bene comune. Ed è in questa direzione che si colloca il Manifesto “Fiducia e nuove risorse per la crescita del Terzo Settore”, un’alleanza tra le principali realtà produttive e sociali del Paese: organizzazioni non profit, fondazioni di origine bancaria e non, finanza specializzata.

Il Manifesto è stato firmato a Roma nel dicembre scorso e attualmente sta girando l’Italia attraverso eventi di presentazione finalizzati alla costruzione di reti locali. A Torino, come abbiamo già annunciato due settimane fa, l’iniziativa sarà illustrata giovedì 19 giugno alle 10 presso la Casa della Cooperazione in corso Francia. Ulteriore contributo al vivace dibattito in corso sulla riforma di un settore a cui l’attuale Governo – che peraltro dal prossimo mese assumerà fino alla fine del 2014 la presidenza del Consiglio dell’Unione europea – promette di dare nuovo impulso.

Sul Manifesto e sulle prospettive di sviluppo del mondo non profit abbiamo rivolto alcune domande a Pietro Barbieri, portavoce nazionale del Forum del Terzo Settore.

Come si è arrivati al Manifesto?

1554390_668044719911749_2234013227615667838_nOccorre un’azione che promuova la capacità oggettiva del Terzo settore nell’acquisizione di strumenti a sostegno della propria attività. Il Manifesto nasce dalla voglia di mettere insieme soggetti privati per sviluppare capacità nuove, innovative, di relazione tra soggetti che compongono e costruiscono le opportunità del Terzo settore: cittadini impegnati, banche, fondazioni…  E’ il primo tentativo del genere che si fa, attraverso la costruzione di tante reti nel territorio.

In concreto, come agirà questa rete?

Non c’è nessuna velleità particolare di costruire nuove forme di rappresentanza, ma si intende veicolare nei territori, nel concreto dell’agire, la condivisione di obiettivi generali. Da un lato, le entità del Terzo settore conoscono le opportunità che oggi ci sono di trovare sostegni finanziari: ormai quasi tutte le banche riconoscono che il Terzo settore crea loro poche sofferenze perché difficilmente porta i libri in tribunale. Dall’altro lato, le fondazioni di origine bancaria si pongono non solo come erogatori, ma come costruttori di opportunità, interpretando i bisogni del territorio e cercando di dare risposte con bandi specifici.

In Italia il Terzo settore sta crescendo…

Cresce in particolare la partecipazione dei giovani. Una partecipazione che molto spesso è informale, non legata all’adesione a organizzazioni ma alla disponibilità a fare volontariato nei momenti di bisogno. Durante l’emergenza in Sardegna per l’alluvione del novembre scorso, ad esempio, i giovani sono stati centrali: se non ci fosse stata una loro mobilitazione avremmo avuto molti più morti.  body_condivisione

 Le prestazioni e i servizi che il Terzo settore eroga attraverso il lavoro devono trovare nuove forme di sostegno, ad esempio coinvolgendo i cittadini risparmiatori: come contate di conquistare la loro fiducia?

Il nostro Governo spende nelle politiche sociali meno della metà della media europea: tra i 27 Paesi, noi siamo agli ultimi posti per il Pil. Ad esempio, la spesa pubblica per l’assistenza agli anziani è ridotta, mentre quella privata delle famiglie non è ancora stata intercettata dal Terzo settore. Quando i Comuni hanno creato i servizi sociali grazie alla spinta dei movimenti, si pensava a una graduale progressiva salita della spesa pubblica per garantire servizi ad anziani non autosufficienti. E invece si è tagliato. Si era cercato, da un lato, di costruire il diritto di tutti i cittadini in difficoltà ad avere assistenza e, dall’altro, di costruire un sistema che desse dignità al lavoro sociale.

La mancata crescita del welfare ha dato vita alla spesa privata delle famiglie, ma soprattutto ha determinato la costruzione di una politica nazionale in cui improvvisazione e lavoro nero hanno impedito la crescita di valore del lavoro sociale. Occorre professionalizzare il lavoro delle assistenti familiari.

Altro ambito di intervento è quello dei beni comuni: nel nostro Paese i beni architettonici, culturali, paesaggistici sono mal gestiti. Già oggi il Terzo settore interviene con iniziative, ma occorre una strutturazione solida e forte per cogliere le nuove opportunità di valorizzare il nostro territorio anche attraverso  risorse adeguate messe a disposizione dai cittadini. Un esempio: in un paese delle colline emiliane un gruppo di cittadini ha creato una cooperativa per occuparsi a proprie spese di un’antica fontana abbandonata e per garantirne la cura anche in futuro. Questo è il messaggio che oggi siamo nelle condizioni di trasmettere.

Altra sfida: l’internazionalizzazione

innovazione-terzo-settore-crisiIn Italia abbiamo un modello del Terzo settore che si distingue da quello anglosassone per i presupposti di democrazia (si vota per eleggere i rappresentanti), forte partecipazione e lotta alle disuguaglianze sociali. Questa nostra cifra può trovare un suo riconoscimento anche in altri luoghi dove vi sono strategie che condizionano la vita del nostro stesso Paese: condizionare cioè la società civile degli altri Paesi perché condizionino i loro Governi ad adottare politiche espansive.

Le nostre reti nazionali e le relazioni europee costruite da molte Ong sono gli strumenti per perseguire questo obiettivo.

A luglio l’Italia assumerà per sei mesi la presidenza del Consiglio dell’Unione europea: quali speranze riponete in questo semestre?

Prima questione: ragionare attorno alle politiche di austerità introdotte che hanno un impatto sociale sempre più pesante. Seconda: avere garanzie che una regolamentazione di tipo europeo del Terzo settore non vada a frustrare l’identità stessa del non profit. Non deve circolare l’idea del “low profit”, trasformando l’impegno civico dei cittadini in un interesse di qualcuno. Il tentativo di leggere la crisi del welfare come momento per avvicinare mondo delle imprese a quello del non profit può portare alla creazione di sinergie comuni. Se ciò non andasse in porto, vincerebbe l’impresa.