Innovare con impatto sociale: BTREES intervista Laura Orestano

Ringraziamo BTREES per l’intervista a Laura Orestano, CEO di SocialFare, pubblicata sul blog www.btrees.social sul tema “Innovare con impatto sociale”.

Buongiorno Laura! Grazie per essere qua con noi. Cominciamo subito dalla prima domanda: cos’è Social Fare in una frase? E qual è la vostra missione?

SocialFare è il primo Centro per l’Innovazione Sociale in Italia con focus verticale sullo sviluppo di modelli, servizi e prodotti che rispondano in modo innovativo alle sfide sociali contemporanee. La nostra missione è quella di generare innovazione a impatto sociale, cioè rilevante per la qualità della vita delle persone e delle comunità. SocialFare esplica la sua azione in due modi: accelerando conoscenza e accelerando imprese a impatto sociale.

 

Perché Torino? E perché Rinascimenti Sociali? Ci spiegate com’è nato lo spazio?

Torino ha un mix unico in Italia in termini di azione sociale, cultura di impresa e sviluppo tecnologico: questi sono tre elementi chiave per costruire nuove soluzioni e nuove imprese ibride, cioè, che intendano risolvere dei bisogni/sfide sociali, che siano strutturate managerialmente, che includano la tecnologia ed il digitale come parte della loro offerta.
Rinascimenti Sociali è il luogo e la rete di convergenza tra attori, pubblici e privati, profit e no profit che si sono riconosciuti come uniti da un obiettivo comune: generare impatto sociale positivo per generare nuovo sviluppo economico ma anche culturale, in termini di nuovi modelli di riferimento e non solo di nuove prassi.

Lo spazio è nato dal basso: era vuoto e disponibile, un piccolo gruppo di attori lo ha visto come sede della sperimentazione di convergenza e ha iniziato a trasferire le proprie attività, man mano altri attori sono arrivati, sempre in coerenza con la visione iniziale, e si sono trasferiti ma anche aggiunti alla rete non solo fisica. Ognuno ha portato qualcosa, ha configurato il pensiero, il modello, le relazioni, le opportunità che si sono moltiplicate, la comunicazione che è divenuta coesa, ognuno ha portato anche i propri mobili ed allestimenti: non era una casa costruita da altri, omologata anche nel suo apparire ma una casa comune costruita da tutti coloro che si identificano con la visione e per questo ricca di diversità ed anche di opportunità vere. Oggi Rinascimenti Sociali conta più di 40 partner di diversa natura e costituisce un punto vibrante, innovativo ed in continua evoluzione non solo in Italia ma in tutta Europa.

 

Foundamenta#4 è stato il vostro ultimo bando. Come scegliete le startup? Sulla base di quali criteri principali?

Il 15 di marzo si è concluso il programma di accelerazione FOUNDAMENTA#4, nel frattempo abbiamo selezionato i nuovi progetti che entreranno nel quinto programma di accelerazione e, il 26 di marzo, abbiamo lanciato la nuova call FOUNDAMENTA#6 il cui programma inizierà il 24 settembre per poi concludersi il 24 gennaio 2019.

Questi ritmi richiedono un processo e criteri di selezione rodati e ben condivisi. I criteri con i quali selezioniamo i progetti sono tendenzialmente i seguenti: il team, fondamentale, quello che cerchiamo è un team di founder con un forte commitment nel progetto e che lavora full time (almeno dal momento dell’ingresso al programma); l’idea, che deve risolvere un bisogno chiaro e in modo nuovo rispetto ai competitor diretti/ indiretti, mostrando una value proposition distintiva; il mercato, un mercato in crescita, anche di nicchia, ma con forte potenziale.

Questi aspetti vengono sempre tenuti a mente durante l’intero iter di selezione che è caratterizzato da tre macro attività:

1) Lancio della call su F6S. Piattaforma di riferimento a livello globale al quale si appoggiano molti acceleratori e incubatori.

2) Screening e diligence, tramite call e meeting, del team di accelerazione.

3) Presentazione dei migliori 10 progetti a SocialFare Seed, il veicolo che investe nelle startup accelerate.

 

Quali case histories di maggiore valore vi rendono più felici di quanto fatto sino ad ora, in questi anni?

Abbiamo due livelli di osservazione di quello che è stato fatto in questi anni: l’osservazione del modello e l’osservazione delle attività specifiche. In termini di modello quello che ci rende felici è che SocialFare è un organismo vivo, dinamico, aperto, auto-regolato e che attrae intelligenza internazionale, giovani che vogliono cambiare il mondo con professionalità e una precisa scala di valori e di scelte.

In termini di attività specifiche, siamo felici ogni volta che una startup fa un passo avanti e incontra investitori che ci credono, ogni qual volta le nostre attività di accelerazione di conoscenza, nelle scuole, nelle cooperative così come nel privato, sviluppano maggiore consapevolezza e saper fare, con strumenti nuovi, internazionali, riconoscibili e di reputazione.

 

Come si comporta l’Italia rispetto al mondo dell’innovazione sociale? Stanno aumentando gli investimenti?

L’Italia sta prendendo coscienza che l’innovazione sociale, così come l’imprenditorialità sociale, possono costituire una vera leva di sviluppo per il Paese. Gli investimenti sono disponibili, almeno sulla carta, ma c’è bisogno di maggiore capacity: sia in termini di qualificazione della domanda (imprese pronte ad essere investite) sia in termini di propensione al rischio (da parte degli investitori); e poi c’è il grande punto politico: serve “evolutionary policy-making“, cioè politiche che siano dinamiche e che accompagnino in modo dinamico e sistemico l’innovazione sociale.

 

Quali sono le prossime iniziative in arrivo?

SocialFare sta progettando in modo sistemico ed agendo in modo imprenditoriale: significa che costruisce parti mancanti della catena del valore dell’innovazione sociale e le attiva come sperimentazioni imprenditoriali “in-house”. In questo approccio ha lanciato recentemente SocialFare SEED, primo veicolo/fondo impact seed che investe seed money nelle startup a impatto sociale accelerate da SocialFare attraverso la call Foundamenta e a breve lancerà un’altra iniziativa sistemica nell’area di accelerazione della conoscenza a impatto sociale, laddove già stiamo raccogliendo grandissimi risultati con il nostro programma Design Your Impact, programma di accelerazione di conoscenza pratica sugli strumenti dell’innovazione sociale. Recentemente, SocialFare è stato anche promotore della nuova piattaforma Torino Social Impact, ulteriore tentativo di raccordo metropolitano per posizionare Torino tra le leading cities europee per l’innovazione sociale.

 

 

Torino è pronta a diventare capitale dell’Europa meridionale nell’innovazione sociale con Nesta italia

“Vogliamo rendere Torino la capitale dell’Europa meridionale nell’innovazione sociale e nella finanza d’impatto sociale”, racconta Francesco Profumo, il presidente della Compagnia di San Paolo. L’ente aveva messo questo obiettivo nelle sue linee strategiche valide fino al 2020 e ora è passata all’azione portando a Torino la fondazione Nesta. È un’istituzione del Regno Unito nata nel 1998 grazie ai fondi della lotteria britannica ed è specializzata in filantropia innovativa. Costituirà una fondazione gemella (ma indipendente) chiamata Nesta Italia, con sede nel capoluogo piemontese. Sarà operativa dall’autunno e lavorerà a stretto contatto con gli uffici di Londra.

“Porteremo avanti diversi progetti per la risoluzione di alcune problematiche sociali. Ci occuperemo di arte, di istruzione e di salute e invecchiamento della popolazione”, racconta Marco Zappalorto, futuro direttore della nuova fondazione torinese. Solo nell’ultimo quinquennio la Nesta Uk ha portato avanti circa 100 progetti l’anno, facendo leva su un budget annuo da circa 30 milioni di sterline. Per esempio, ha creato una sfida fra studenti tra gli 11 e i 16 anni a chi inventava un modo per sfruttare i dati dei satelliti in modo da creare benefici alla società. Oppure ha lanciato un premio a chi realizzava nuove tecnologie in grado di includere i disabili. E ancora, ha aiutato dieci ospedali a creare team di volontari misurando l’impatto positivo che il loro utilizzo ha avuto sulla salute dei pazienti.

Soprattutto, la forza di Nesta è la sua capacità di immaginare nuovi meccanismi di sostegno: “La loro realtà è complementare a quella della Compagnia di San Paolo. Noi abbiamo mille progetti ogni anno, che gestiamo per lo più in modo tradizionale. Loro hanno competenze diverse, che ci aiuteranno a migliorare”, sottolinea Profumo. Dunque, nel futuro ci saranno sempre meno contributi a fondo perduto e sempre più forme di sostegno diverse, che ad esempio prevedano un contributo iniziale che poi si trasforma in un prestito oppure in una partecipazione societaria. Tra l’altro, evidenzia Profumo, “Nesta Italia potrà fare leva su un ecosistema torinese già molto sviluppato, che conta su realtà come Rinascimenti Sociali e l’ex Incet”. [Read more]

L’acceleratore di bene comune: Wired racconta SocialFare®

21 dicembre 2016

Viviamo nel momento migliore della storia, ma non ce ne accorgiamo.

A sostenerlo è Wired, la nota rivista cartacea e online. La spiegazione è da ricondurre non solo alla bolla creata dai social media che ci porta a vedere solo contenute omogenee alle nostre idee,  ma l’intero sistema che contribuisce alla comprensione e alla lettura del mondo da parte dei cittadini. Paul Dolan, professore di Scienze comportamentali alla London School of Economics and Political Science, ha studiato la questione, concludendo che l’umore e la fiducia nel futuro delle persone sono condizionati da singoli eventi che, seppur di grande impatto mediatico, si devono considerare effimeri rispetto a trend molto più grandi [continua a leggere l’articolo].

Per rendere il cambiamento intelligibile, Wired inaugura una nuova sezione dedicata alle good news, e tra le prime buone notizie, capaci di generare cambiamento positivo, presenta SocialFare®: leggi l’articolo!

Sellalab | Talenti da non buttare

Schermata 11-2457343 alle 18.03.43Essere un’impresa sostenibile oggi significa non solo rispetto dell’ambiente, rispetto della salute dei lavoratori e dei consumatori, e rispetto dei diritti umani, ma anche riduzione degli sprechi, creazione di nuovi e più trasparenti legami con le comunità di interesserisparmio delle materie prime e delle risorse economiche, razionalizzazione dei processi creativi e produttivi.

La sostenibilità è certamente uno dei più importanti veicoli di innovazione dal punto di vista tecnologico, organizzativo, commerciale e sociale. Inevitabilmente, un’azienda che si immette sulla via della sostenibilità si trova esposta a un gran numero di sollecitazioni a sviluppare prodotti innovativi. Nell’industria tessile una parte importante della ricerca e innovazione nel campo dei nuovi materiali, dei finissaggi e dei processi produttivi è stata, già negli ultimi anni, guidata dalla tensione verso una maggiore sostenibilità, divenuta quindi un elemento strategico imprescindibile.

In questo senso, il processo creativo assume una parte fondamentale: non basta comprenderlo in un nuovo paradigma sostenibile nei modelli di business, è necessario che esso diventi elemento di valore in tutta la catena di processi produttivi, di approvvigionamento, stoccaggio e di distribuzione: un vero e proprio Life Cycle Design che riesca a non produrre scarti. Ad oggi però il modello è ancora imperfetto, e la creatività deve dedicarsi a trovare soluzioni di ottimizzazione delle risorse che il modello attuale di produzione ancora non consente di impiegare in maniera ottimale.

Impegnati a sviluppare nuove soluzioni troviamo attori inediti, come Sellalab. Il polo di innovazione e accelerazione di impresa di Banca Sella ha deciso, infatti, di selezionare nove talenti dai differenti background (eco-design, ingegneria ambientale, social sciences and managment, fashion design, architettura, antropologia, matematica analitica), a cui affidare la ricerca di nuove soluzioni per i fondi di magazzino di due importanti imprese biellesi. I giovani ricercatori hanno sei mesi per immaginare una soluzione inedita, attraverso cui dare nuova vita ai tessuti campionari e allo stock di fili rimasti invenduti.

 Alessia Spadetto (26 anni, eco-designer) spiega che l’origine biellese è considerato sinonimo di qualità nel sistema moda, per quanto riguarda tessuti e filati. Settori storicamente radicati nel territorio, ora tanto più costretti dalla crisi economica ad aprirsi all’innovazione. Le due imprese coinvolte da Banca Sella nella sperimentazione presentano caratteristiche molto diverse. Da una parte piccole tirature su richiesta di tessuti finalizzati a presentare al cliente il proprio prodotto, con l’obiettivo di offrire una scelta capace di coprire i ritmi serrati delle case di moda e la loro necessità di differenziare il proprio prodotto. Dall’altra filati prodotti in quantità elevata per poter rispondere rapidamente per poter rispondere rapidamente alle numerose richieste del mercato.

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“Questo è uno dei motivi per cui i selezionati sono stati divisi in due team, ciascuno dedicato alle specificità di una delle due imprese”. Aggiunge Ilaria Ballari (27 anni, antropologa). “Il modello operativo con cui condurre la ricerca è stato indicato da Fullbrand e Sellalab, fissando degli step da seguire, ma l’organizzazione del lavoro è autonoma.” Si unisce al discorso Giulia Cuzzolin (25 anni, una laurea in disegno industriale ed eco-design): “Al momento le due squadre si stanno dedicando allo studio del settore, e in questa fase l’eterogeneità delle nostre formazioni ci consente una comprensione più estesa del materiale che stiamo collezionando: ognuno coglie qualcosa di diverso!”

Siamo nella stanza di Rinascimenti Sociali in cui da settembre i ragazzi esplorano il settore a cui si stanno dedicando, si confrontano, ridono, cercano soluzioni. Nel centro della stanza due tavoli rotondi, attorno ai quali sono raccolte le due squadre. Nelle vetrine spiccano pile di tessuti, rocchetti di dimensioni diverse.

“La richiesta”, specifica Fausto Saltetti (29 anni, laureato in architettura con un master in marketing), “è quella di trovare un nuovo impiego per questi fondi di magazzino all’esterno dei prodotti legati alla moda o all’abbigliamento”.

Gli fa eco Enrico Orlanda (22 anni, Fashion Designer) :”Anche per questo è stato scelto un team misto, con background differenti, in cui ognuno può dare un contributo diverso. Il mondo della moda ha già cercato delle soluzioni al problema con risultati non sempre soddisfacenti.” Aggiunge Alice Sanca (26 anni, eco-designer): “Probabilmente si cerca, anche, di non entrare in conflitto con quella clientela che ha scelto questi tessuti proprio per caratterizzare la propria offerta!”

Sara Lisot (27 anni, titolo conseguito all’estero in Social Sciences Managment) precisa: “In ogni caso l’unico reale vincolo posto alla nostra idea è stato quello di generare posti di lavoro nel territorio biellese per generare impatto sociale positivo, e far emergere l’importanza del rapporto tra impresa e territorio.”

“Abbiamo tempo fino al 25 marzo per ipotizzare una soluzione, con la speranza che sia efficace e scalabile.” Commenta Stefania Caglia (26 anni, ingegnere ambientale).

E l’urgenza di soluzioni innovative in questo ambito trovano conferma nei dati della Commissione Europea, l’industria del riciclo infatti è sempre più strategica per diminuire l’impiego di risorse naturali e per migliorare l’efficienza energetica. Nel Vecchio Continente il settore del riuso produce un fatturato di 24 miliardi di euro grazie a 60 mila imprese con mezzo milione di addetti. L’UE ospita circa il 50% delle industrie che nel mondo lavorano partendo dai rifiuti.  In Italia, nel 2008, secondo l’ultimo rapporto ISPRA sui rifiuti speciali, il 37,4% dei rifiuti non pericolosi del manifatturiero proviene da tessile, abbigliamento e industria conciaria.

Il sistema moda produce ogni anno tonnellate di scarti che finiscono in gran parte in discarica e che potrebbero essere nuovamente inseriti nel ciclo produttivo in modo innovativo generando nuove possibilità. Ci sono opportunità che è necessario non vengano buttate.

 

WEstart | Mapping Social Entrepreneurship in Europe

  Il progetto WEstart è un progetto di ricerca europeo dedicato alla mappatura dell’imprenditorialità sociale femminile in Europa. La prima fase pilota, che si concluderà a settembre 2015, è il primo passo verso una più estesa strategia a lungo termine: sostenere l’imprenditorialità sociale femminile favorendo il contatto con gli stakeholder chiave e la promozione di mirate azioni di policy.

Tra le dieci nazioni coinvolte è presente anche l’Italia, a cui è dedicato il mini report Women’s Social Entrepreneurship in ITALY, creating value by addressing and tackling unmet social needs. Il report sintetico, disponibile da pochi giorni online, è basato sui primi dati empirici raccolti tra maggio e giugno del 2015 in Italia da European Woman’s Lobby.

I dati raccolti uniscono una desk research articolata su 10 intervistate attraverso un format di indagine semi-stutturato secondo il feminist interview method, e i sondaggi sottoposti on-line a 32 imprenditrici. Tra di loro Laura Orestano, CEO di SocialFare®.

Il quadro, che risulta dall’indagine condotta da Valentina Patetta, offre una visione complessiva sullo stato dell’arte dell’imprenditorialità sociale in Italia, evidenziandone punti di forza e criticità. In questa mappa complessiva emerge con forza il contributo specifico che le donne sanno portare in questa nuova forma di imprenditorialità caratterizzata da un approccio responsabile, trasparente e innovativo.

 

Women’s Social Entrepreneurship in Italy, report integrale.

Mapping Women’s Social Entrepreneurship in Europe, synthesis report.

WEstart, piattaforma.