Quid, la moda italiana che “trasforma” le donne

“Quid” è un nuovo marchio di moda nato a Verona. Ma è soprattutto un progetto di innovazione sociale finalizzato al reinserimento – attraverso un’attività produttiva che coniuga bellezza e creatività – di donne con un passato difficile. Donne vittime di abusi, violenze, malattie, traffico della prostituzione…, aiutate a trasformare la propria vita trasformando tessuti di qualità made in Italia o capi d’abbigliamento invenduti in nuovi prodotti originali e unici.

L’idea è nata nel 2012 da un gruppo di 5 amici e si è tradotta in una cooperativa sociale di tipo B oggi in rete con molteplici realtà e con notevoli prospettive di sviluppo. “Quid” ha partecipato alla seconda edizione del Premio europeo di innovazione sociale e ha conquistato un posto tra i 10 finalisti annunciati il 15 aprile scorso.

Intervistiamo Valeria Valotto, che si occupa della comunicazione nell’ambito di un progetto realizzato da una decina di volontari, ognuno con una specifica competenza. Un team in crescita che sostiene l’attività – retribuita – delle sarte ed è impegnato a esplorare nuove strade per allargare il raggio d’azione, offrendo così a un maggior numero di persone reali opportunità di emancipazione sociale.

Quando è cominciata l’avventura e quanti siete oggi?

logoquid“Progetto Quid” nasce a Verona nel 2012 come associazione di promozione sociale per iniziativa di 5 volontari. Nel marzo 2013 l’associazione diventa cooperativa sociale di tipo B e comincia a costruire una rete di collaboratori: chi si occupa di immagini, chi di comunicazione, chi disegna modelli, chi fa training alle nostre donne. Per adesso siamo tutti volontari, ma sul lungo periodo vorremo dedicarci a questa attività a tempo pieno e vivere di essa. Le sarte sono attualmente 9; abbiamo anche 3 commesse assunte a part time nei nostri punti vendita. In totale, 20 persone coinvolte.

Qual è il business?

Ricicliamo e trasformiamo avanzi di magazzino, stock invenduti di alta qualità di aziende made in Italia. Il primo stock ci è stato donato da una nota azienda di maglieria del veronese: grazie al lavoro delle sarte e di giovani designer, sono state prodotte circa cento magliette. La vendita è andata bene. Successivamente Quid ha inaugurato due temporary store a Forte dei Marmi e nel centro di Verona. La settimana scorsa ne ha aperto uno a Vicenza e prossimamente sarà la volta di Trento.

Quale idea c’è dietro “Quid”?

Anna Fiscale, fondatrice e presidente, ha maturato questa idea dopo anni di formazione universitaria in Italia e all’estero e diverse esperienze di cooperazione internazionale. In particolare, la sua tesi di laurea triennale in economia e commercio sul microcredito in India l’ha resa consapevole dell’importanza del ruolo delle donne per l’emancipazione sociale e per la costruzione di un capitale solido. Una consapevolezza che, unita alla sua passione per la moda, l’ha spinta a realizzare il progetto.

Le vostre sarte sono tutte donne con un passato molto difficile…

La legge italiana non le riconosce al 100% come soggetti deboli e protetti, sono pertanto più fragili di altre categorie di lavoratori. In particolare, è difficile a livello legislativo far riconoscere l’invalidità delle vittime della tratta e della violenza sessuale; ciò richiede percorsi più lunghi in cui queste persone rimangono disoccupate. Si tratta di donne soprattutto straniere. Negli anni passati Verona ne ha accolte molte, inviate dalla polizia, grazie alla presenza di ottime strutture che oggi, a causa dei tagli ai servizi sociali, non sono più in grado di far fronte alla crescente esigenza di aiuto e supporto.

Vorremmo anche occuparci delle carcerate: siamo in trattativa col Penitenziario di Verona.

Che cosa offrite dunque a queste donne?

un capo della collezione primavera/estate 2014
un capo della collezione primavera/estate 2014

Un impiego femminile di qualità. Una delle nostre collaboratrici sta facendo un dottorato sul riciclo creativo e intende dimostrare il valore di arricchimento, i benefici che le persone in difficoltà ne traggono. Donne con una femminilità molto aggressiva o che si sono sempre percepite come oggetto di desiderio altrui scoprono la propria bellezza, magari indossando una gonna da loro realizzata.

E’ interessante capire come far acquisire a queste persone una logica produttiva, farle lavorare in gruppo, rispettare gli orari…  Dopo le difficoltà iniziali, la risposta è stata positiva: adesso si portano anche il lavoro a casa, sono orgogliose, partecipano alle aperture dei negozi, alcune diventano caposquadra e insegnano alle altre.

La direzione in cui “Quid” vuole spingersi nei prossimi 4 anni porta all’obiettivo di diventare fornitore esclusivo di linee etiche per grandi marchi del made in Italy. Marchi a cui vorremmo proporre collezioni a capsula (collezioni limitate create da un marchio esterno all’interno di un marchio più ampio) realizzate con i loro scarti migliori, per poi rivendergli i capi prodotti da noi. Sarà molto importante, allora, imparare a rispettare logiche e tempistiche di queste grandi aziende.

Cosa avete prodotto fino ad oggi e qual è la rete che vi sostiene?

materiale-QUIDAbbiamo prodotto magliette, gonne, maglieria in generale, mantelline di lanetta, jeans corti, leggings. Abbiamo montagne di stoffe colorate, ma lavoriamo anche su capi invenduti, trasformandoli in capi super alla moda. Siamo molto radicati nel territorio, collaboriamo con designer emergenti, atelier, illustratori… Poiché siamo vicini al Lago di Garda, dei velisti che saranno selezionati per le prossime olimpiadi indossano capi Quid e ci sponsorizzano sulle vele. Abbiamo realizzato magliette per eventi locali quali maratone, raduni dell’associazione giovani agricoltori, manifestazioni culturali.

Vi aspettavate di entrare tra i finalisti della seconda edizione del Premio europeo di innovazione sociale?

Sinceramente no. Quando abbiamo incontrato a Bilbao tutti i semifinalisti eravamo molto impressionati dal livello alto delle proposte. Abbiamo dato il massimo nella stesura del bando, ci tenevamo molto.

Secondo voi, cosa è piaciuto soprattutto del vostro progetto?

A Bilbao un giudice ha apprezzato che facessimo qualcosa di concreto, con la realizzazione di prodotti che offrono alle nostre donne quella certezza di un impiego che a volte non è data dalle piattaforme online.

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