Dopo aver intervistato Monica Paolizzi ed Elena Bologna di SocialFare sull’idea “Jobs’R’Us”, tra i 30 semifinalisti dell’European Social Innovation Competition, proponiamo un viaggio tra gli altri otto progetti italiani che hanno passato la prima selezione. Esempi di come il nostro Paese si sta muovendo sul fronte dell’innovazione sociale per generare lavoro.
Cominciamo con “Fork in progress – cook & social business” (semifinalist 8), nato dallo spirito imprenditoriale di due giovani sorelle pugliesi, Luana e Tania Stramaglia.
Quando avete costituito la vostra impresa?
L’abbiamo costituita nel giugno 2013, dopo aver vinto il bando “Principi attivi” con cui la Regione Puglia da alcuni anni realizza un programma per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile. Con “Fork in progress” nel 2012 siamo stati tra i 173 progetti (su un totale di oltre mille presentati) che hanno vinto ciascuno un premio di 25 mila euro. E “Fork in progress” è il nome che successivamente abbiamo dato all’impresa.
Voi volete aprire a Foggia un ristorante particolare: da quale ispirazione nasce l’idea?
Nostro nonno lavorava in campagna ma poi, a causa di un incidente, ha perso una gamba e la sua vita è cambiata. Non si è abbattuto, anzi, ha cominciato a dedicare il suo tempo alla preparazione di piatti culinari utilizzando i prodotti della sua terra, coltivata dai nostri cugini. Da 4 anni è diventato il cuoco di casa: fa di tutto, dalla pasta fatta in casa al panettone.
All’età di 77 anni, il nonno ha saputo reinventarsi. E noi nipoti abbiamo cominciato a riflettere su come la cucina sia uno strumento per comunicare affetto. Qui al Sud, soprattutto, se vai a trovare un anziano ti offre sempre qualcosa e se la rifiuti si offende, perché è il suo modo per dirti: “ti voglio bene”. Ecco perché nel 2012 – Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà intergenerazionale – abbiamo avuto l’idea di aprire un ristorante nella cui cucina anziani e giovani lavorassero insieme.
Quali anziani, quali giovani?
Gli anziani autosufficienti accolti dalla Fondazione Barone di Foggia e i ragazzi del quarto anno del locale Istituto alberghiero: per questi ultimi l’esperienza sarà un tirocinio a tutti gli effetti, previsto dal loro percorso di studi. Assumeremo un cuoco che ogni sera verrà affiancato da una coppia composta da un giovane e da un anziano, per un totale di 6 coppie che si alterneranno. Ad aprile formeremo le squadre e, dal momento che “Fork in progress” è accreditata con la facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Foggia, faremo partire alcuni laboratori propedeutici curati da una tirocinante. Questi laboratori, tra cui quello di narrazione autobiografica, avranno lo scopo di aiutare e incoraggiare i partecipanti a conoscersi e a “pensarsi” in modo diverso, progettando il proprio futuro.
Qual è il “piatto” forte di questo progetto?
Quando lo abbiamo scritto abbiamo pensato non soltanto agli anziani, ma anche ai giovani “neet” (not in education, employment or training, ndr). Per quanto appartengano a categorie diametralmente opposte, sia gli uni che gli altri sono a rischio di marginalizzazione perché l’attuale società produttiva tende ad escluderli, non tenendo conto del loro pensiero e della loro espressione.
Il nostro non è un progetto di assistenza: intendiamo coinvolgerli facendo impresa, per produrre valore economico e sociale.
In quale contesto ambientale e sociale aprirete il ristorante?
Apriremo nel centro di Foggia, che negli ultimi anni è stato abbandonato dagli esercizi commerciali. Non ci sono neanche più locali. Noi vogliamo contribuire a rivalutare questa parte così bella della città. Sappiamo che non sarà facile, ma vogliamo provarci.
Per quanto riguarda il contesto sociale, secondo dati Cgil la provincia di Foggia dal 2007 al 2012 ha visto scendere il tasso di occupazione dal 43,2 al 40,9. Il Foggiano si distingue in negativo anche per il più basso tasso di occupazione giovanile (15-29 anni) che si attesta sul 19,8%, oltre 6 punti sotto la media regionale. I “neet” sono oltre 46 mila. Nelle classifiche annuali del Sole 24Ore sulla qualità della vita in Italia, noi risultiamo sempre agli ultimi posti.
A quando l’inaugurazione?
Sicuramente a settembre, forse già a maggio. I locali sono quasi pronti. Fortunatamente qui i prezzi degli affitti e delle materie prime sono bassi.
La vostra è un’impresa a finalità sociale. Come intendete investire parte degli utili?
Intendiamo realizzare altri progetti di innovazione sociale, coinvolgendo la cittadinanza: il cliente che verrà al ristorante non solo saprà che parte di quanto spende servirà a finanziare altri progetti, ma esso stesso avrà un ruolo decisionale nella scelta delle azioni.
Cosa avete in mente?
La prima idea che ci è venuta è di realizzare un servizio di catering multietnico parallelo alla ristorazione. Foggia è terra di braccianti migranti: vivono in campagna in posti chiamati ghetti. Noi vogliamo portarli in città.
Quali sono le partnership di “Fork in progress”?
Quando abbiamo presentato il progetto alla Regione avevamo due partnership: Fondazione Barone e Istituto Alberghiero. Dopo, pian piano, abbiamo lavorato molto sul territorio e oggi fanno parte della nostra rete anche le Facoltà di Agraria e di Scienze della Formazione dell’Università di Foggia. Contiamo anche sulla collaborazione di un cuoco stellato che collabora con Eataly di Bari e ci darà consigli sulla ristorazione. Ovviamente non è lo stesso cuoco che assumeremo, non potremmo permettercelo.
Prossimo passo?
Faremo un video promozionale per comunicare il progetto: lo metteremo sui social network, anche per attirare nuovi partner e sponsor.