Unreasonable Lab Italy | Open call (scadenza il 30 settembre)

 

“L’uomo ragionevole adatta se stesso al mondo;
l’uomo irragionevole persiste nel tentativo di adattare il mondo a sé.
Ne consegue che ogni forma di progresso dipende dall’uomo irragionevole”

– George Bernard Shaw

 

SocialFare® è pipeline partner dell’Unreasonable Lab Italy: il capitolo italiano di Unreasonable Institute USA, il noto programma di accelerazione, matching e mentoring di imprenditori sociali già presente in 29 Paesi del mondo e di cui ha già parlato anche Forbes, Inc.com, Fast Company, TechCrunch, Venture Beat.

Dal 24 al 28 ottobre a Milano per una selezione di 10-12 progetti impact, operanti in settori eterogenei, sarà possibile partecipare al Lab di 5 giorni dedicato alle tematiche del seed fundraising. Il percorso alternerà incontri dedicati a spiegazione teorica, o tavole rotonde fra diversi mentor, workshop. I temi affrontati dal Lab andranno dalla misurazione dell’impatto, alla pianificazione strategica del progetto e a quella del piano di fundraising, dalla impostazione delle metriche finanziarie alla gestione delle relazioni con gli investitori. E’ previsto inoltre un Capital Adviser Day, un reality check, in cui i team partecipanti saranno chiamati a presentare i propri progetti a degli investitori-mentor e a imparare a confrontarsi con le domande degli investitori, che a seguito del dialogo offriranno agli imprenditori brevi feedback.

Possono candidarsi tutti gli imprenditori:

  • Impegnati nella generazione di un positivo impatto sociale e ambientale attraverso la loro impresa
  • Abbiano un’impresa ai primi stadi di sviluppo che desideri far crescere il proprio capitale nei prossimi 6-12 mesi
  • Abbia sede in Italia
  • Con finalità For-profit o non-profit
  • Abbia raggiunto la maggiore età

La possibilità di candidarsi scade il 30 settembre: un’occasione privilegiata per presentare la propria impresa a persone attive nel settore, ma soprattutto per imparare a farlo in modo efficace. 

Inoltre per i team provenienti dalle zone terremotate, o i cui progetti offrano tecnologie o soluzioni rivolte alla  gestione delle crisi, Unreasonable lab Italy stanzia un massimo di 3 borse di studio. Per maggiori informazioni scrivere a mborin@be-come.guru

Net2Share | La rivoluzione dell’atto di donare

16 Settembre 2016. Cinque famiglie con bambini abitanti di Mirafiori quest’anno hanno iniziato la scuola con materiale scolastico acquistato da tutta la comunità, grazie a Net2Share. Questo ancora prima che il sito web fosse online.

Da oggi il sito sarà disponibile all’indirizzo: net2share.org.

Net2Share è lo strumento che rivoluziona l’atto di donare. Un progetto di associazione Enzo B. Onlus in collaborazione con SocialFare®| Centro per l’Innovazione Sociale. In un’intervista a Elena Fabris (Community Keeper, associazione Enzo B. onlus), Roberta Destefanis (Systemic Designer, SocialFare®) e Francesco Majno (Service e Information Designer, SocialFare®) scopriamo le origini del progetto, le novità e gli sviluppi futuri.

A quale bisogno risponde Net2Share (N2S)?

Elena Fabris: Net2Share nasce per ottimizzare l’uso di tutte le risorse disponibili in una comunità locale. Siamo partiti da una considerazione: le risorse a disposizione per le fasce più deboli della popolazione sono spesso frammentarie e discontinue nel supporto.

Roberta Destefanis: A questo si aggiunge la necessità di rispondere a nuove fasce di povertà, meno visibili, quasi latenti. Intervenire su queste nuove forme di povertà è più difficile, infatti non sempre rientrano nel campo di azione delle istituzioni. Questo si combina con uno dei principali obiettivi di SocialFare®: incentivare e abilitare la partecipazione attiva, perché i cittadini attivandosi possono davvero cambiare le sorti della propria comunità.

Elena Fabris: Siamo convinti che ogni comunità abbia già al suo interno le risorse necessarie alla risoluzione dei problemi che l’affliggono. Bisogna, però, attivare e mettere in relazione queste risorse.

Francesco Majno: Net2Share vuole dare nuova energia alle reti di prossimità e fornirgli uno strumento per prendersi cura del benessere della sua comunità. In questo processo i piccoli negozi di via hanno un ruolo centrale e assolvono ad una nuova funzione sociale.

“Siamo convinti che ogni comunità abbia già al suo interno le risorse necessarie alla risoluzione dei problemi che l’affliggono. Bisogna, però, attivare e mettere in relazione queste risorse.”

Elena Fabris, Community Keeper, associazione Enzo B. onlus

Ora che il pensiero alla base di N2S è chiaro, mi piacerebbe sapere come siete arrivati alla definizione del modello proposto da N2S.

E.F.: L’esperienza da cui siamo partiti è quella dell’istituzione pubblica con la social card, evidenziandone però tutti i limiti. La grossa differenza è che con N2S è la collaborazione nella comunità stessa a ricaricare la tessera, evitando l’erogazione di fondi pubblici in esaurimento. Un cambio di prospettiva che offre a questo strumento uno sviluppo che potenzialmente non ha limiti temporali.

R.D.: Un modello che punta all’auto-sostenibilità e a un nuovo modo di valorizzare la propria comunità. Insieme abbiamo ridefinito l’atto di donare, trasformandolo da un gesto occasionale in un atto semplice e quotidiano.

Parlavamo prima della difficoltà di identificare chi è colpito da queste nuove forme di povertà, voi come scegliete i vostri beneficiari?

E.F.: N2S lascia molte possibilità: è uno strumento estremamente malleabile, capace di adattarsi alle specificità della comunità che lo adotta. A Mirafiori per la prima sperimentazione i beneficiari sono stati identificati da un comitato etico. Un gruppo composto dai rappresentanti di associazioni, scuole, e parrocchie. Questo perché come si diceva prima volevamo intercettare la fascia grigia della povertà non coperta dalle istituzioni.

R.D.: Per fare questo anche l’opinione dei commercianti di via è molto importante, perché conoscono le persone che hanno bisogno: chi arriva a fine giornata per acquistare l’ultima pagnotta a un prezzo ridotto, o il pensionato che non riesce a coprire tutte le spese, ma per orgoglio non lo ammetterà mai.

F.M.: Un riferimento è quello del caffè sospeso – lasciare un caffè in sospeso per l’avventore bisognoso, identificato dal barista. La scelta di coinvolgere in questi termini i commercianti stimola fortemente la capacità della comunità di monitorarsi e di intervenire dove c’è bisogno.

Però nel caso di N2S la differenza rispetto al caffè sospeso è che anche il donatore viene compensato!
In che modo?

E.F.: Nel momento in cui il donatore lascia la sua donazione viene ricompensato con un carnet di buoni sconti equivalente all’importo donato con una piccola maggiorazione. Una delle idee fondamentali di N2S è che partecipare sia utile e produca un beneficio personale.

R.D.: La premialità ora passa attraverso la scontistica, ma in futuro vorremmo potesse diventare anche un  reward civico: abbonamenti a mezzi pubblici, dopo scuola, accesso a servizi educativi o ricreativi…

F.M.: Il claim che abbiamo scelto infatti è “Insieme per la buona economia”: l’obiettivo è offrire una definizione più ampia di economia, che valorizzi anche gli scambi tra persone per creare maggiore benessere.

“Il claim di Net2Share è Insieme per la buona economia, perché l’obiettivo è offrire una definizione più ampia di economia: capace di valorizzare anche gli scambi tra persone, e creare maggiore benessere.”

Francesco Majno, Service e Information Designer, SocialFare®

Prima si parlava delle specificità di Mirafiori, qual è il vostro rapporto con questa quartiere dalla storia complessa e rappresentativa della Torino operaia?

E.F.: Per l’associazione EnzoB è un rapporto storico. Siamo all’interno delle reti associative attive sul territorio, e quello che negli anni è emerso fortemente è il grosso impegno nel voler dimostrare che Mirafiori ce la può fare. C’è l’orgoglio di sapere che ci sono delle risorse sopite dal grande potenziale.

Un rapporto così stretto con il territorio apre una domanda sulla scalabilità del progetto.

E.F.: La scalabilità è a mille. N2S potrà espandersi a macchia d’olio. Il modo in cui è strutturato il progetto ha una portata virale fortissima, per cui può coinvolgere i territori circostanti ma anche trovare terreno fertile in luoghi molto distanti. L’importanza delle reti di prossimità emerge proprio in questo: Net2Share è un nuovo modello capace di diffondersi in ogni quartiere e attivare lì nuovi soggetti e nuove risorse.

Nelle tue parole sento un grande entusiasmo, che riconosco anche nella passione con cui Roberta e Francesco hanno contribuito a questo progetto. Cosa ha stimolato in voi una partecipazione così sentita?

R.D.: Mi ha entusiasmato trovare dei partner che hanno veramente voglia di arrivare alla realizzazione delle loro idee,  senza fermarsi al piacere della progettazione. Il poter fare concretamente le cose su cui si ragiona è per me un motore potentissimo: non si tratta solo di progettare ma anche di agire!

F.M.: Progettare un sistema che in maniera semplice porta una rivoluzione nel quotidiano, uno strumento concreto alle portata di tutti per poter fare la differenza. E questo è bello anche per noi progettisti: avverti l’utilità della tua azione.

Invece, Elena, per voi il contributo fondamentale di SocialFare® qual è stato?
E.F.: Il confronto con SocialFare® è stato indispensabile proprio rispetto alla concretezza e al pragmatismo nella realizzazione, ma anche nello studio della comunicazione e studio dell’immagine. E’ stata una collaborazione fondamentale per dare corpo a N2S.

Cosa potrà fare l’utente a partire da oggi sul sito N2S?

E.F.: Aderire, e partecipare a questa grande rivoluzione: diventarne parte. Potrà osservare la rete ampliarsi, e il totale delle donazioni crescere attraverso il contatore dedicato. Avrà visibilità su come si sviluppa il progetto.

R.D.: L’utente potrà scoprire tutti i negozi che aderiscono alla rete, dove utilizzare i propri buoni sconto, frutto della donazione. E potrà visualizzare i luoghi in cui è possibile recarsi per fare la donazione, anche se a breve potrà effettuare anche online.

F.M.: Sul sito potrà farsi un’idea di tutti i protagonisti che fanno in modo che questa rete funzioni! A breve saranno disponibili le applicazioni per Android e Ios.

E.F.: Con il rilascio delle app Net2Share sarà accessibile da tutto il mondo! (Ride)

R.D.: È vero! Per esempio la città di Chieri ha già manifestato il proprio interesse!

“Da oggi l’utente potrà scoprire tutti i negozi che aderiscono alla rete, in cui utilizzare i propri buoni sconto, frutto della donazione. E potrà visualizzare i luoghi in cui è possibile recarsi per fare la donazione, in attesa di poterlo fare online.”

Roberta Destefanis, Systemic Designer, SocialFare®

Quindi se qualcuno vuole attivare N2S come fa?

E.F.: Sul sito sono disponibili i nostri contatti, basta scrivere e noi saremo subito a loro disposizione!

Roberta e Francesco si guardano, hanno avuto un’idea a riguardo.

Ringraziamo i nostri intervistati per il tempo che ci hanno concesso e auguriamo loro buon lavoro.

Scopri Net2Share e tutti gli aggiornamenti a riguardo.

 

 

FoodMood | La business area di Terra Madre

SocialFare® partecipa a FoodMood (22-26 settembre, presso Torino Incontra in Via Nino Costa a Torino): l’evento di incontri professionali rivolto alle aziende della filiera agro-alimentare che intendono innovarsi e rinnovarsi in modo sistemico. Una importante iniziativa professionale, voluta dalla Camera di commercio di Torino, e organizzata con l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche.

Un luogo dedicato a incontri commerciali e tecnologici, un momento di confronto e approfondimento sulle tematiche del cibo, durante i cinque giorni di Terra Madre Salone del Gusto: 5 giorni di incontri per costruire nuove relazioni; 5 giorni di conferenze specializzate su cibo e innovazione per approfondire i rapporti tra prodotto e processo, il packaging alimentare, la gastronomia del futuro e la comunicazione; 5 giorni di presentazione di progetti innovativi.

Nel vasto programma segnaliamo il talk Cibo e Innovazione  – Servizi per la gastronomia del futuro, dove interverrà Laura Orestano (CEO di SocialFare®) per parlare di Innovazione Sociale nell’ambito Food, sabato 24 settembre 2016 dalle 10:30 alle 13:00 presso la Sala Giolitti di Torino Incontra in Via Nino Costa 8 (Torino). La partecipazione è gratuita, l’iscrizione obbligatoria.

 

Cambiare lavoro è facile se sai come fare

Cambiare lavoro è facile se sai come fare. A sostenerlo Cristina Gianotti, career coach e autrice del libro pubblicato quest’anno da Bookabook così intitolato. L’autrice presenta oggi (14 settembre 2016) il libro negli spazi di Rinascimenti Sociali. Un libro speciale fin dal suo debutto editoriale. Bookabook, infatti, rappresenta un modo nuovo di fare editoria: un team di esperti sceglie le migliori storie, che attraverso la piattaforma potranno incontrare i lettori, a cui spetterà la scelta di trasformarli o meno in libri. Il progetto editoriale di Cristina ha riscosso subito successo. Forse perché la sensazione che hai nel leggerlo è quella di uscire con tanti amici, e farti raccontare tutto quello che ti serve per trovare lavoro.

Cristina Gianotti: A me piace la teoria, ma da bravo ingegnere non dimentico che tra la teoria e la pratica c’è una bella differenza. Ora vanno di moda cose come il personal branding, approcci che incitano le persone a “trovare quello che ti rende unico”. Giustissimo, ma cosa significa concretamente? Da qui l’idea di passare dalla teoria alla pratica e tirare fuori un po’ di esempi, cosa non difficile per me grazie ad un’esperienza abbastanza lunga nell’ambito del career coaching. Negli esempi che riporto combino gli incontri avvenuti durante la mia attività per Reseau Entraprendre Lombardia, ma anche le storie condivise con i compagni dell’MBA, e le  persone che hanno fatto parte della mia vita. Quando ti parlo di esempi non intendo per forza dei role model, ma l’esperienza di persone più accessibili, con cui non è difficile identificarsi e da cui poter trarre immediata ispirazione.

Una cosa che emerge fin da subito nel tuo libro è che trovare lavoro riguarda profondamente la propria realizzazione personale, ma al contempo che non è qualcosa che devi soltanto a te stesso: nelle tue parole sembra quasi che la capacità di cambiare lavoro risponda ad una sorta di senso civico!

Questo deriva dalla introduzione a un libro che ho letto anni fa, “Troppo vecchi a quarant’anni”. Avevo superato la quarantina da poco, e le persone che dovevo seguire come coach rientravano tra quelle che ora vengono definite quote grigie (tra i quaranta e cinquant’anni). Quel libro racconta gli attori coinvolti dal mercato del lavoro: decisori politici, aziende, sindacati ma anche l’individuo. L’idea che l’individuo fosse inseriti tra gli attori che dovevano contribuire alla creazione del lavoro per me fu sorprendente. La gente della nostra generazione si è trovata a far parte di una società in crescita, con aziende che offrivano posti di lavoro, e si è creata l’idea che in qualche modo il lavoro fosse una cosa dovuta. Eppure l’uomo primitivo doveva andare a trovare sostentamento,  e anche i miei nonni non hanno mai pensato che fosse qualcun’altro a dover provvedere a trovare loro lavoro!

Il tuo libro è un vero compagno nella ricerca di un nuovo lavoro: parte dall’analisi dei propri talenti, offre strumenti di visualizzazione e mappatura, e moltissimi spunti sulla redazione del curriculum. Com’è nato?

Tutto nasce da una considerazione sulla carriera delle donne: noi, in Italia, non abbiamo dei reali role model. Le donne di successo tendenzialmente sono figlie di imprenditori, sono pochi i casi di donne di successo che non hanno un cognome prestigioso. Volevo raccogliere esempi che fossero di ispirazione, eppure la prima stesura risultava molto accademica. L’ho fatto leggere ad un imprenditore che avevo seguito come coach, che avevo intervistato, e che mi sarebbe piaciuto coinvolgere nella scrittura del libro. Lui mi ha detto: “a me non piace, perché non riconosco la tua voce in questo libro. Prova a scriverlo come quando fai consulenza!” Superata la delusione iniziale mi sono resa conto che aveva ragione: il mio obiettivo non voleva essere offrire uno strumento tecnico ai direttori del personale, ma aiutare le persone che sono già entrate nel mondo del lavoro e che per un motivo qualsiasi hanno bisogno di re-inventarsi. Per farlo era necessario mettere per iscritto gli strumenti che uso nelle mie consulenze! E direi che ci sono riuscita: ho sottoposto il libro al custode della casa in cui abito, una persona che ha fatto tutti i lavori del mondo con il diploma di terza media e che la domenica legge l’inserto culturale del Sole24ore, quando l’ha letto mi ha detto: si capisce, ed è concreto!

Dopo aver fornito molti strumenti per capire cosa si desidera fare e cosa si è capaci di offrire al mercato del lavoro, proponi un capitolo dal titolo “Emigrare”. Il penultimo capitolo del tuo libro.

Questo perché mentre scrivevo il mio libro si parlava molto degli Italiani all’estero: il solito mito di dover andare all’estero per trovare lavoro, o l’esigenza di studiare fuori. Nel settore da cui  vengo io (informatica e telecomunicazioni) a quaranta o a cinquant’anni le aziende non ti prendono più in considerazione per un’assunzione. A Praga e a Londra sì. Inoltre il lavoro non è l’unico movente per cambiare nazione, può essere legato anche a questioni di equilibrio familiare: il marito ha un’opportunità fuori, oppure ci si innamora e si cambia città. Ho voluto far trasparire il fatto che quando uno fa una scelta relativa al lavoro deve considerare tutti gli aspetti correlati a questa scelta, e inoltre che si può ritornare! Volevo smorzare l’idea che sia indispensabile trasferirsi all’estero per realizzarsi professionalmente.

E, infatti, l’ultimo capitolo è “Intraprendere”. Come mai questa scelta?

Nella mia ricerca ho notato che a un certo punto se uno è veramente bravo, fa il passaggio verso un’attività in proprio. Non so se questa sia una scoperta o una conferma. Parlo dell’esperienza di professionisti senior che arrivati a un certo punto della loro carriera non trovano la multinazionale che li prenda in considerazione, o magari neanche la società più piccola che ti consenta di continuare ottimizzando la tua esperienza in un settore: ora le risorse devono occuparsi di ambiti diversi. Allora lì bisogna tirarsi su le maniche e cercare. Non un nuovo lavoro, ma mettersi in proprio! Ultimamente sto scoprendo che anche i giovani si danno molto da fare in questa direzione, come ho potuto notare attraverso l’esperienza con Reseau Entraprendre, dove persone con più esperienza aiutano i più giovani a sviluppare i propri progetti. Quello che ho scoperto è che per fare impresa bisogna avere della gioventù, non intesa in senso anagrafico: ma di coraggio e intraprendenza.

Come immagini il mondo del lavoro tra dieci anni, fatto solo da liberi professionisti?

Io mi concentro sull’Italia: nel libro e ora in questa risposta. Per le multinazionali  la nostra nazione inizia a diventare sempre il luogo delle filiali, ma le filiali si possono spostare. La mia tesi di laurea è stata premiata dall’IBM. Allora loro avevano dei laboratori a Santa Palomba (Roma) in cui lavoravano sul riconoscimento vocale. Ora sono tutti spostati in America o in Cina, dove c’è gente con buoni cervelli, che costa di meno e si dà da fare. Io vedo il futuro del lavoro in Italia sempre più legato a delle professioni che non siano delocalizzabili, ma legate alle persone: servizi terziari, o di cura alla persona. Oppure fortemente legati ad una nuova concezione della tecnologia: pensa ai fablab e alle possibilità offerte da una semplice stampante 3 D! Inoltre sarebbe auspicabile una ripresa del manufacturing, anche in modo innovativo! In ogni caso quello che ritengo è che la persona dovrà riprendere in mano se stessa, non basandosi sulle prospettive offerte dalle multinazionali ma su quelle generate dalle sue capacità e impegno.

A questo punto dell’intervista non posso resistere alla tentazione di chiederti la tua storia lavorativa! Ovviamente non mi permetto di fare le domande dirette delle tue interviste, ma mi piacerebbe tu raccontassi come sei arrivata qui.

(Ride) Sono del 1961. Sono figlia unica. Eravamo nel boom economico. Famiglia umile. Molto brava a studiare: l’educazione familiare mi aveva insegnato che studiare doveva aveva la stessa importanza che lavorare aveva per i miei genitori. Quando si è trattato di scegliere l’università ho scelto ingegneria. Una scelta non facile allora per una donna. Finita l’università, quando c’è stato da decidere dove andare a lavorare (perché all’epoca c’era da scegliere), invece di andare in Olivetti o IBM sono andata in quella che allora era la Andersen Consulting, oggi Accenture.  La politica aziendale era che o crescevi o venivi licenziato. Negli anni Novanta le previsioni erano di recessione, per cui non riuscivano a promuovere nuove figure. Inoltre erano molto maschilisti. Ho deciso di fare l’MBA in Bocconi a mie spese, sono rientrata in Andersen e l’hanno valutato negativamente. Così ho iniziato a cambiare lavoro, e l’ho cambiato varie volte! Ho lavorato per diverse società più piccole, di derivazione americana. Poi il primo tentativo di mettermi in proprio, con una compagna di MBA, aprendo una società di formazione manageriale. Non ha funzionato e mi sono ritrovata bloccata, come se avessi fatto le cose più belle della mia carriera professionale all’inizio. Un giorno leggo su IO Donna un articolo sul coaching. Ho approfondito il tema, scoprendo che non si trattava solo di aiutare le persone a trovare la propria dimensione lavorativa ma anche di favorire i processi decisionali nelle riunioni. Ora te lo racconto così, ma all’epoca è stata tosta: ho studiato per diventare un ingegnere, e ritrovarsi a fare il coach non è stato facile! Era il 2004, volevo lasciare il mio mondo precedente e avevo iniziato a muovermi come libero professionista: ho trovato una società di outplacement in cui ho lavorato molto, mi sono formata, ho letto molto e ho fatto il master in coaching.

Un consiglio che daresti a una persona che oggi inizia ad essere “imprenditrice di se stessa”?

Una cosa su cui ho molto riflettuto è la soglia che trasforma la determinazione in ostinazione. Insomma, quando arriva il momento in cui arrendersi se le cose non vanno bene? Capirlo è difficilissimo. Pensa al fondatore della Geox: ha provato a vendere il suo modello di scarpe con i buchi a tutte le aziende di scarpe esistenti, e poi ha fatto da solo. E ha avuto successo! Il consiglio che do è di essere concreti, e avere il coraggio di testare le proprie intuizioni sul mercato. Provare a vendere il proprio prodotto, o servizio. Anche in una versione semplificata. E poi di essere curiosi: mia madre mi ha sempre spronato a seguire mille corsi, per imparare a fare l’infermiera, per saper cucire, per cucinare magnificamente!

 

Intervista a Franco Becchis, direttore scientifico di Turin School of Local Regulation

09 Settembre 2016 – Franco Becchis è direttore scientifico della Turin School of Local Regulation e Fondazione per l’Ambiente, ma anche economista di strada e autore del Bestiario di Finanza. Iniziamo allora questa intervista con una considerazione. La società è giunta alla «quarta rivoluzione industriale», come l’ha definita Klaus Schwab all’ultimo World Economic Forum (Wef) a Davos. Una nuova rivoluzione i cui protagonisti, ha spiegato il fondatore del Wef nel libro omonimo, sono aziende che hanno sovvertito la tradizionale catena dalla produzione al consumo di beni. Sono piattaforme che connettono la domanda e l’offerta di beni e servizi in modi mai visti prima della diffusione di Internet. I campioni di questa rivoluzione sono bestie strane, come le ha descritte su TechCrunch Tom Goodwin (senior vice president per la Strategia e Innovazione di Havas media): Uber, la più grande società al mondo di taxi, non possiede automobili; Facebook, il social media più popolare al mondo non crea alcun contenuto; Airbnb, il più grande fornitore al mondo di ospitalità, non possiede alcun immobile. E Amazon, il più grande commerciante al mondo, non ha una catena di negozi. Eppure il loro valore in Borsa — o quello stimato dai privati investitori, nel caso delle società non ancora quotate — è superiore a quello dei concorrenti del mondo non virtuale, quello dei brick mortar, «mattoni e cemento».

 Il sistema delle piattaforme manifesta la sua natura disruptive, e fatica a dialogare con l’esistente: Airbnb è sotto accusa perché non ha gli standard degli hotel, gli ospiti non pagano la tassa di soggiorno e i proprietari hanno tariffe dell’acqua, dei rifiuti e dell’energia di tipo domestico e non commerciale. Gnammo, che fa incontrare domanda e offerta di pranzi e cene, non passa inosservata alla grande famiglia dei ristoratori e recenti provvedimenti amministrativi a Torino segnalano un conflitto che non può che crescere. Non è ben chiaro il perché, ma sembra che la reputazione sociale che si forma con il giudizio dei clienti, quella che determina il successo e la sconfitta di molte imprese, non valga nulla senza un timbro della Asl. Amazon Flex, che permette a tutti di diventare fattorini per un giorno consegnando pacchi in un’ora, farà infuriare i corrieri e rinascere le polemiche sul lavoro on-demand. Intanto, gli sfidanti delle vecchie banche hanno già vinto la partita: miliardi di euro transitano nei siti di peer to peer finance. Non è un buon segnale per i gestori di bus, ferrovie, taxi, hotel e ristoranti, ma potrebbe esserlo per i consumatori.

La quarta rivoluzione industriale comporta quindi la combinazione di nuove tecnologie, sharing economy, protezione del consumatore e regolazione. Tre elementi la cui triangolazione traccia relazioni complesse, capaci di orientare (e condizionare) il futuro di consumatori, decisori politici e  lavoratori.

Franco Becchis: Vorrei iniziare facendo subito un distinguo, per meglio definire i confini della reale estensione coperta dalla definizione sharing economy, o economia della condivisione. La più (ab)usata fra le parole che piacciono ai media. Sharing vuol dire condividere e richiama una community, la fiducia e la gratuità. Blablacar, Uber, Taskrabbit, Airbnb, Gnammo e altre piattaforme non condividono un bel niente: un guidatore che carica un autostoppista, una famiglia che ospita gratuitamente dei migranti sono esempi di sharing, condivisione. Uber e i suoi fratelli, invece, semplicemente permettono ai proprietari di dormant asset di incontrare la domanda pagante di sconosciuti. È, quindi, un’economia degli asset dormienti che si risvegliano grazie alla capacità offerte dalle nuove tecnologie di comunicazione peer-to-peer di fare incontrare l’offerta con una domanda che restava latente. Le piattaforme internet hanno reso osservabile, e quindi contrattabile, ciò che prima era nascosto: passaggi auto da condividere, camere da affittare, abilità culinarie, disponibilità a fare le pulizie o altri lavoretti. Questo tuttavia non sempre è sharing, o collaborative.

IL POTERE DELLE PIATTAFORME

C’è da dire che vale quasi l’1 per cento del Pil, quindi non credo sia un fenomeno passeggero: considera che la tecnologia permette un enorme effetto leva, trasformando piccole reti informali di persone in gigantesche reti sociali in simultanea possibilità di comunicare e scambiare. Chi presidia le piattaforme da cui passano gli scambi ha un forte potere di mercato e costituisce una minaccia per chi produce e vende attraverso i canali tradizionali della comunicazione vis à vis o telefonica. Questo solleva un’interessante tema rispetto alle informazioni di cui le piattaforme sono detentrici: Amazon è chi conosce meglio il Franco Becchis lettore di saggi. Conosce non solo quali testi ho scelto ma anche dove ho sottolineato, dove mi sono soffermato nella lettura. Al momento non mi sembra ne faccia buon uso, guardando alle proposte di lettura che mi offre. Sicuramente per la regolazione questo diventerà un tema importante, e noi ce ne stiamo già occupando.

TECNOLOGIA E COSTI DI TRANSAZIONE

Il processo evolutivo delle tecnologie dell’informazione e comunicazione che con l’introduzione degli smartphone ha avuto un sensazionale salto in avanti ha consentito l’affermarsi di innovazioni cosiddette “disruptive”  che consentono di diminuire notevolmente i costi di transazione – che fanno da barriera fra scambi possibili e scambi effettivi. Quarant’anni fa Ronald Coase aveva già identificato i costi di transazione come principale ostacolo al raggiungimento di accordi tra controparti, quindi alla micro-economia il tema è presente da molti anni.  Si tratta delle difficoltà di transazione tra persone che possono essere dovute a distanza geografica, mancanza di fiducia, antipatia: questo si traduce in costi, costringendo elementi esterni a fare da mediatori. Invece la trasformazione dei mercati potenziali in mercati reali, operata dalle piattaforme, determinano la fine dello scenario business-as-usual e pongono problemi nuovi ai regolatori nazionali e locali. Gli attori di mercato, dal canto loro, si vedono costretti a innovare, e quelli che grazie alla regolazione hanno goduto per anni di un ambiente protetto sono a un punto di svolta critico. In questi casi, la qualità del servizio è molto importante e infatti viene valutata ex-ante, anche attraverso un sistema di recensioni.

REGOLARE LE DISRUPTIVE TECHNOLOGIES

In ogni caso è evidente come le capacità pervasive di mercato offerte dalle nuove tecnologie pongano in contrasto queste imprese non solo con gli incumbent ma anche con la regolazione, che a volte esiste ma è vecchia. A volte non è ancora stata formulata.  Il tema della regolazione, e le recenti polemiche relative alla mobilità, ci porta alla seconda parola tra quelle più abusate: servizio pubblico. Nella sua essenza, un servizio è pubblico quando il mercato non è in grado di fornirlo da solo in modo efficiente, equo e accessibile: in altre parole, abbiamo la sanità, le scuole, la depurazione delle acque, lo smaltimento dei rifiuti e altri servizi in mano diretta pubblica o regolati dal pubblico, perché non ci fidiamo dei mercati. Un servizio, quindi, non è pubblico perché giuridicamente è stato dichiarato tale o perché qualcuno ha ottenuto la licenza per fornirlo, con esclusiva o senza: è il contenuto che conta, non il contenitore. A forza di regolare oggetti e contenitori anziché bisogni e contenuti, la pubblica amministrazione ha creato una serie di fortini dove persone e organizzazioni difendono esclusive e diritti. Ma il cambiamento della tecnologia e la forza dei bisogni è più forte dei regolamenti.

LA SFIDA INTERNAZIONE DELLA REGOLAZIONE DEI SERVIZI: TURIN SCHOOL OF LOCAL REGULATION

Noi studiamo questo, alla Turin School of Local Regulation. Crediamo che la regolazione debba accompagnare il cambiamento. Un equilibrio non facile, perché la regolazione deve aiutare queste innovazioni, evitando la consumer exploitation e garantire al contempo la sicurezza di chi usa questi servizi. Turin School of Local Regulation è un network, senza muri, che connette quanti sono interessati alla formazione in questo ambito. Abbiamo iniziato con una scuola estiva in italiano, dedicata a chi si occupava di regolazione locale. Ma gli studenti italiani  diminuivano di anno in anno, e arrivati alla nona edizione ci siamo resi conto che era necessario aprirsi all’internazionalizzazione. La mossa si è rivelata vincente: abbiamo ottenuto moltissime candidature. Per darti l’ordine di grandezza dell’interesse che attualmente muove la summer school considera che quest’anno siamo alla diciannovesima edizione e abbiamo ricevuto 824 application da 98 paesi per 24 posti.

FONDAZIONE PER L’AMBIENTE, UN THINK TANK PER RIFLETTERE CON LIBERTA’

Quello che noi facciamo è un lavoro di nicchia: cercare di portare ai nostri studenti senior il meglio della ricerca che noi compiamo quotidianamente, proponendo loro casi studio, lezioni di ospiti internazionali e lavoro sul campo di simulazione nella creazione di un caso studio composto dall’analisi del quadro regolatorio, degli attori e dei loro incentivi, e degli investimenti. L’attività con la Summer School negli anni ci ha consentito di creare un network importante, grazie alla quale Fondazione per l’Ambiente (promotrice della scuola) ha potuto attivare numerose collaborazioni. Considera che Fondazione per l’Ambiente è una piccola think tank che si occupa di ambiente, energia e politiche locali. E ora sempre più di regulation: due aspetti che non sono in contraddizione, e anzi che tendono a completarsi. Volendo riassumere in una frase la nostra mission: noi ci occupiamo di riflettere con libertà sulle politiche e insegnarle con un approccio di policy e non accademico puro.

INNOVAZIONE SOCIALE E REGOLAZIONE

Noi siamo ospiti di Rinascimenti Sociali fin dall’inizio. Eravamo ospiti della Camera di Commercio di via Pomba. Per noi arrivare in questo luogo ha comportato una grossa rivoluzione: abbiamo dovuto rinunciare a dello spazio (allora disponevamo di quattro sale che dividevamo con delle associazioni che raramente erano presenti), in favore dell’apertura a ricchissimi stimoli esterni. In particolar modo con SocialFare® si è innescato un processo osmotico di scambio. La tavola rotonda Sharing Economy and disruptive technologies ne è l’esempio, un’operazione unica che cerca di tracciare le relazioni tra sharing economy, disruptive technologies, regulation e protezione dei consumatori. Solitamente i momenti di confronto si limitano a uno di questi aspetti, analizzarli assieme è davvero rivoluzionario. E combina innovazione sociale con regolazione dei servizi.

Sostenibilità Creative | Festival dell’Innovazione Sociale – seconda edizione, Ravenna

SocialFare® partecipa al festival di Sostenibilità Creative 2016, il festival dell’Innovazione Sociale che si terrà a Ravenna dal 23 al 25 settembre, ideato e realizzato da Kirecò Soc Coop Onlus.

Sostenibilità Creative è un evento culturale che, partendo dalle esigenze del territorio, promuove l’innovazione sociale e la sostenibilità ambientale. Soprattutto è un luogo di pensiero dove informarsi, partecipare, condividere, scoprire. Un’occasione per comprendere il valore del contesto socio-territoriale e ambientale in cui si vive, e dare voce a realtà innovative, esplorando insieme le sfide sociali più attuali.

In-Formarsi, Ri-Scoprirsi, Ri-Conoscersi sono le tre parole totem del Festival. Tre modalità di confronto e di approfondimento, per tre giornate con tre format diversi, per un unico obiettivo: indagare e leggere la società al fine di immaginare con coraggio qualcosa al di là del contingente, dove i cittadini sono i protagonisti principali del cambiamento, e riacquistano fiducia, e restituiscono valore e peso alle proprie azioni.

Un’importante occasione per spostare il proprio punto di vista su quello che ci circonda

Nel fittissimo CALENDARIO DI EVENTI E WORKSHOP segnaliamo:

Venerdì 23 Settembre 2016

Per la sezione pomeridiana Innovazione Sociale a Confronto,

l’incontro SEMINARE IL FUTURO:

14.00 Nuovi Modelli Economici per l’Innovazione Sociale
Interverranno:
Benedetto Gui | Economista, Coordina il Dipartimento di Economia e Management di Sophia
Andrea Rapisardi |Economista dello sviluppo, Presidente e socio fondatore di LAMA, Socio fondatore di Impact Hub Firenze
Monica Paolizzi | Service Designer SocialFare® e project manager del programma di accelerazione
Modera: Paolo Campagnano, Presidente Impact Hub Rovereto
15.30 Coffe Break

16,00 Finanza a supporto delle idee: il progetto Ripartire
Utilizzare il microcredito quale nuovo strumento di sviluppo economico e di rilancio dell’occupazione
Saluti istituzionali e presentazione del progetto
16.45 Partner a supporto del progetto
17.00 Casi di successo – i testimonial
Intervengono imprenditori del territorio e nazionali che hanno sviluppato la loro idea imprenditoriale grazie al microcredito
17.30 La parola agli stakeholders
La città ha bisogno di rilanciare la microimprenditorialità? Diamo la parola agli attori del territorio
18.00 Domande e risposte
18.15 Sintesi e chiusura della sessione

Sabato 24 Settembre 2016

Sezione mattutina Innovazione Sociale a confronto,

workshop FARE CULTURA DI INNOVAZIONE (prenotazione obbligatoria)

Realtà di eccellenza a livello nazionale condurranno laboratori su diverse tematiche  legate alla comunicazione e al fare cultura di innovazione sociale. Laboratori di innovazione – 45 minuti per parlare di innovazione nelle imprese.

Design sistemico e innovazione: comprendere la catena di valore delle relazioni

SocialFare® | Centro per l’Innovazione Sociale

a cura di Roberta Destefanis, Systemic Designer e project manager di progetti di Social impact e Monica Paolizzi, Systemic Designer e project manager del programma di accelerazione per start up a impatto sociale di SocialFare®

Il workshop si focalizza sulla metodologia del design sistemico e su come la comprensione delle relazioni attive e passive, prossime e lontane, sia alla base di una visione strategica per costruire ecosistemi di innovazione. La catena di valore delle relazioni interpretata come valore sociale che può generare innovazione e valore economico.

(Prenota qui, e assicurati la possibilità di seguire il workshop!)

Leggi il programma completo

La continuità ci dà le radici.
Il cambiamento ci regala i rami, lasciando a noi la volontà
di estenderli e di farli crescere fino a raggiungere
nuove altezze
.”

Pauline R. Kezer (ex segretario di stato del Connecticut)

OLTRE VENTURE INVESTE IN SOCIALFARE® E VIENE LANCIATA LA NUOVA CALL FOUNDAMENTA #2

Oltre Venture, primo fondo italiano di social venture, entra ufficialmente nella compagine sociale di SocialFare®, primo Centro per l’Innovazione Sociale italiano. Oltre Venture è una società di Venture Capital Sociale, operante da oltre dieci anni nel supporto e nel lancio di nuove iniziative ad impatto sociale.  L’annuncio ufficiale dell’ingresso di Oltre Venture in SocialFare® è avvenuto durante la conferenza stampa del 28 giugno 2016, presso la sede di Rinascimenti Sociali (a Torino). L’accordo contribuisce a valorizzare anni di esperienza di SocialFare® nello sviluppo, accompagnamento e accelerazione di business idea e start-up a impatto sociale.

Grazie a questo nuova unione, i due attori si focalizzano ancora di più sull’obiettivo comune di sviluppare nuove e migliori soluzioni per affrontare le sfide sociali contemporanee identificate anche a livello europeo, creando valore non solo per gli investitori, per gli utenti e per l’intera collettività.

Questo nuovo modo di fare impresa, con una forte attenzione all’impatto sociale, si sta sviluppando sempre più anche in Italia – commenta Lorenzo Allevi, AD di Oltre Venture. Poter affidarsi e puntare su luoghi in cui professionisti del settore aiutino l’imprenditore a fare i primi passi nella concretizzazione delle proprie idee, è fondamentale sia per gli imprenditori stessi sia per gli investitori istituzionali. Per questo motivo siamo molto felici di aver investito in SocialFare® e siamo altresì contenti di sviluppare questa iniziativa nella città di Torino, che ha molti elementi positivi in grado di contribuire al successo del progetto.

Laura Orestano, AD di SocialFare®, ha espresso la massima soddisfazione di tutta la squadra SocialFare® e dei tanti partner presenti nella rete Rinascimenti Sociali: “Poter contare su un fondo come Oltre Venture, precursore in Italia per questo nuovo approccio, è per noi motivo di grande orgoglio e un consolidamento del modello di convergenza sociale e finanziaria per costruire quelle nuove imprese di servizi e prodotti delle quali l’Italia ha tanto bisogno per creare innovazione sociale e sostenibilità economico-finanziaria. In questi mesi abbiamo lanciato un programma unico in Italia e particolarmente ambizioso, nel quale le start-up accelerate diventeranno aziende con un buon fatturato, con una buona scalabilità e con una proposta innovativa rispetto ai cittadini e ai loro bisogni.”

Alla conferenza stampa sono intervenuti anche Mario Calderini (Politecnico di Milano – School of Management), Marco Demarie (Compagnia di San Paolo) e Danilo Magni (SocialFare®). A moderare Annalisa Magone (Torino Nord Ovest).

SocialFare® gestirà, in collaborazione con Oltre Venture e i main partner di rete, il processo di selezione delle start-up e business idea che avranno accesso ad un programma di accelerazione ad alto impatto di 4 mesi, che aggrega partner nazionali e internazionali in una piattaforma di convergenza e innovazione a impatto sociale, con l’obiettivo di generare start-up pronte a ricevere investimenti. Alla fine del loro percorso, le start-up accelerate saranno presentate ad un network di investitori (tra i quali Oltre Venture e Club degli Investitori). Oltre Venture, nel mese di giugno, ha lanciato il secondo fondo – Oltre II Sicaf, partecipato da importanti investitoti istituzionali – che metterà a disposizione degli imprenditori sociali nuove risorse finanziarie e supporto manageriale per la realizzazione di nuove imprese. Uno dei bisogni primari delle nuove imprese, è proprio quello di entrare in contatto con investitori pronti a far crescere nuove realtà di eccellenza.

Per questa ragione la conferenza stampa è stata l’occasione, inoltre, per lanciare FOUNDAMENTA #2: seconda edizione della call italiana per business idea e start-up a impatto sociale, il cui bando rimarrà aperto fino al 7 agosto 2016. FOUNDAMENTA #2 si pone l’obiettivo di selezionare, a livello nazionale, startup e business idea con soluzioni di eccellenza, innovative e scalabili, che rispondano alle importanti sfide sociali contemporanee, nelle seguenti aree di interesse:

  • Salute e benessere
  • Innovazione didattico formativa
  • Welfare
  • Cultura
  • Agricoltura e cibo

Le start-up selezionate avranno accesso ad un programma di accelerazione unico perché partecipato da partner nazionali ed internazionali, da mentor e advisor di assoluta eccellenza, in una location nel centro di Torino e in collaborazione con il primo fondo di social venture italiano, Oltre Venture. Il fondo si è impegnato a mettere a disposizione 400 mila euro come start-up investment da allocare – a sua totale discrezionalità – nelle migliori start-up partecipanti ai programmi di accelerazione di SocialFare®.

Per il lancio della call FOUNDAMENTA #2 interverranno gli altri soci presenti nel capitale sociale di SocialFare®: Corrado Ferretti (PerMicro S.p.A), Leonardo Camiciotti (Consorzio TOP-IX) e Marco Muzzarelli (ENGIM). 

La prima edizione del programma 2015-2016 ha accelerato 16 business idea/start-up, selezionate nel corso della prima call FOUNDAMENTA che ha visto la partecipazione di oltre 180 candidati per un totale di 67 proposte, che hanno avuto l’opportunità di entrare a far parte di  un programma di accelerazione “su misura” per generare startup a impatto sociale replicabili e scalabili. La prima edizione del programma di accelerazione si concluderà il 14 luglio 2016 con la partecipazione delle start-up all’investor day.

 

Le quattro facce dell’imprenditoria femminile | 15 Giugno, 9:30 – 17:30

La Camera di Commercio di Torino, mercoledì 15 giugno, propone presso il centro congressi “Torino Incontra” (via Nino Costa 8) l’evento Le quattro facce dell’imprenditoria femminile. Una giornata dedicata a 4 temi d’attualità, che influenzano i trend di sviluppo imprenditoriale e di carriera delle donne:

  • Leadership
  • Innovazione
  • Con-divisione dei tempi
  • Imprenditorialità straniera

Programma dell’evento

9.30 Apertura lavori
Intervengono:

/ Guido Cerrato | Dirigente Area Promozione del Territorio e Regolazione del Mercato, Camera di commercio di Torino
/ Silvana Neri | Presidente Comitato Imprenditoria Femminile di Torino
/ Monica Cerutti | Assessore regionale alle Politiche giovanili, Diritto allo studio universitario, Cooperazione decentrata internazionale, Pari opportunità, Diritti civili, Immigrazione
/ Isa Maggi | Referente nazionale Stati Generali delle donne

10.15 Sessione I – Leadership al femminile
Coordina e introduce la sessione: Livia Damilano

10.25 Consegna del premio “Donne che ce l’hanno fatta”

10.35 Rubrica: A tu per tu…
La rubrica sarà un momento di confronto ed approfondimento su tema con due donne leader; “cos’è la leadership”, “quali sono le caratteristiche per essere una leader”, “come ci si sente leader”, questi alcuni dei punti che verranno affrontati.

11.00 Sessione II – Innovazione è donna
Coordina e introduce la sessione: Mariella Berra

11.10 Lettura degli abstract

11.40 tavola rotonda: Smart, Slow e Green…le tre facce dell’innovazione
La tavola rotonda, moderata da Annalisa Magone, avrà l’obiettivo di mettere in evidenza le azioni che il territorio piemontese ha messo in campo per supportare le imprese, e le imprenditrici, nel processo di innovazione delle loro realtà.

13.00 – 14.00 Pausa pranzo

14.00 Sessione III – Con-dividiamo tempo e risorse
Coordina e introduce la sessione: Anna Maria D’Angelo

Ore 14.10: Lettura degli abstract

Ore 14.40 tavola rotonda: Pratiche di conciliazione: ideazione, strutturazione e sostegno
Obiettivo della tavola rotonda, moderata da Anna Maria D’Angelo, sarà la messa in luce delle politiche attive a sostegno della conciliazione, delle problematiche ancora oggi esistenti e l’individuazione di proposte operative da attivare sul territorio piemontese e/o nazionale.

15.20 Sessione IV – L’imprenditoria femminile straniera
Coordina e introduce la sessione: Alessandra Brogliatto (da confermare)

Ore 15.30 Lettura degli abstract

Ore 15.50 tavola rotonda: I servizi a sostegno dell’integrazione
La tavola rotonda, moderata da Alessandra Brogliatto sarà occasione per conoscere quante e quali sono le donne straniere che fanno impresa sul nostro territorio, quali le loro propensioni, aspettative ed esigenze, e quali i servizi messi loro a disposizione per aiutarle nel processo di orientamento all’imprenditorialità e di integrazione.

Ore 16.40 Relazione conclusiva Progettualità future
Alla luce delle proposte, esperienze ed istanze raccontate nella giornata, il botta e risposta conclusivo della giornata sarà finalizzato all’individuazione di azioni da mettere in campo nel triennio 2016-2019 atte a supportare le donne a meglio capire, affrontare ed avvicinarsi al mondo dell’imprenditorialità.

Ore 17.15 Conclusione dei lavori

Per chi è interessato a condividere la propria esperienza durante l’evento, è possibile mandare un abstract di massimo 1500 caratteri all’indirizzo mail comitatoimprenditoriafemminile@to.camcom.it, o portarlo direttamente con sè il 15 giugno.

Per effettuare l’iscrizione occorre essere registrati al sito tramite il seguente link: Registrati al sito.

Per ulteriori informazioni contattare il numero 011.5716354 o mandare una mail a comitatoimprenditoriafemminile@to.camcom.it .

Le iscrizioni verranno chiuse al raggiungimento massimo dei partecipanti.

Esplode Supernova, festival dell’innnovazione e della creatività: scopri gli eventi promossi da SocialFare!

Il 27 – 28 – 29 maggio 2016, Torino ospiterà la seconda edizione di SUPERNOVA: il festival dell’innovazione e della creatività “targato” Talent Garden, partner di rete di SocialFare. L’edizione di quest’anno vuole esplorare i cambiamenti dell’ambiente attuali e futuri, per dimostrare come creatività e tecnologia possano limitare quelli negativi, e apportare modifiche positive all’ambiente che ci circonda.

Innovazione e ambiente saranno declinati non soltanto nell’accezione più propriamente ambientalistica, ma in quello di ambiente condiviso, human habitat (reale e virtuale), sociale e connesso. Il programma è ricco di eventi, tra cui segnaliamo “Wikisocial – Il vocabolario delle esperienze di innovazione sociale” (nel Main Dome, sezione Talk, in Piazza Carlo Alberto domenica 29 maggio dalle ore 14:00 alle ore 15:00).

Il format innovativo Wikisocial articola la conferenza sulla base dell’alfabeto di innovazione sociale. Si parte con delle lettere iniziali che agganciano parole chiave, spiegazioni, testimonianze, esempi, riflessioni, critiche. I relatori spiegano i termini e rispondono alle domande dal pubblico per condividere maggiore conoscenza e esperienze pratiche. 

Nel panel sarà presente nel ruolo di Moderatore:

  • Monica Paolizzi – SocialFare

Interverranno gli speaker e gli innovatori sociali:

  • Daniele Russolillo – Turin School of Local Regulation
  • Gianni Savio – Planet Idea
  • Fabrizio Galliati – Coldiretti
  • Miriam Bicocca – Politecnico di Torino
  • Edoardo Bianchi – Ortja

Durante la manifestazione potrete incontrare molte delle start-up accelerate nel programma di accelerazione Rinascimenti Sociali, lanciato da SocialFare nel 2015.

Presso gli stand allestiti in piazza Carlo Alberto saranno presenti:

Sabato 28 maggio dalle 17:30 alle 19:00, Sport Grand Tour  accompagnerà i bambini alla scoperta degli sport con il laboratorio “Il percorso della Torcia Olimpica” nel Dome Kids di Piazza Carlo Alberto. L’evento è gratuito, ma è necessario iscriversi

Nel panel Civic Crowdfunding (domenica 29 maggio alle 11:00, nel Main Dome di Piazza Carlo Alberto) sarà presente Armando Mattei di PlanBee.

Per le start-up iscritte al Mentor Game, invece, la possibilità di incontrare alcuni tra i membri del team SocialFare in un evento dedicato al confronto tra esperti d’impresa e realtà emergenti.

Per maggiori informazioni sul programma è possibile consultare il sito http://torino.festivalsupernova.it/

 

 

Torino Startup | Una proposta per potenziare l’ecosistema locale per la creazione d’impresa

Un ecosistema coeso al suo interno, aperto e attrattivo verso l’esterno, integrato con le aziende locali, attento al capitale umano, efficace nel business support, flessibile sul piano finanziario. Questa la direzione e l’obiettivo di crescita suggeriti dal gruppo di lavoro, composto dagli attori attivi sul territorio, che ha realizzato il report presentato venerdì 15 aprile 2016 nell’ambito della manifestazione “Torino Startup”.

Il report è l’esito del laboratorio Start-up Metro Torino. Il progetto si inscrive nell’ambito del programma Metros (Metropolitan Economic Transformation and Regional Organizational Structures), promosso dal German Marshall Fund of United States. Il programma, sostenuto anche dallaCompagnia di San Paolo, vuole favorire la collaborazione tra alcune città del sud Europa (Torino, Genova, Bilbao e Salonicco) sui temi dello sviluppo economico, attraverso la condivisione di buone pratiche, lo scambio e il confronto tra operatori. Start-up Metro Torino è nato con l’obiettivo di fornire in maniera congiunta e coordinata indicazioni qualificate ai decisori istituzionali per definire le scelte strategiche di potenziamento dell’ecosistema piemontese per la creazione d’impresa.

METODO DI INDAGINE

L’elaborazione di questo report si è sviluppata nell’arco di sei mesi (da settembre 2015 a febbraio 2016), grazie a un percorso condiviso di lavoro che ha portato al coinvolgimento di numerosi interlocutori locali. Ogni fase dell’intervento è stata discussa, concordata e valutata con il Gruppo di progetto, composta da: Torino Strategica (coordinamento generale), Fondazione Human+ (supervisione scientifica), Camera di Commercio di Torino/Torino Social Innovation, Città Metropolitana di Torino (MIP – Mettersi in proprio), SocialFare, Incubatori accademici I3P e i 2i3T, PerMicroLab, Rèseau Entreprendre Piemonte, Università degli Studi di Torino.

Il percorso di lavoro ha inoltre previsto alcuni momenti di consultazione con i diversi portatori di interesse attraverso:
/ un opinion survey realizzata con un questionario inviato a tutti i 65 attori dell’ecosistema per la creazione di impresa,
/ alcuni focus group realizzati con panel di neo-imprenditori locali con almeno due anni di esperienza,
un dibattito pubblico dal titolo “Local Insights Torino’s Ecosystem che ha visto la partecipazione di Greg Horowitt,
diversi incontri individuali con leader locali sui temi di governance, sistema univesitario, fondazioni bancarie, e associazionismo.

Tre le tappe principali di questo percorso condiviso: 1. la definizione degli obiettivi futuri, generare più impatto economico grazie all’ecosistema, l’analisi dei punti di forza e aree da potenziare (analisi dello stato attuale dell’ecosistema), e la formulazione di proposte per il rafforzamento dell’ecosistema (proposta condivisa articolata in sei punti).

VALUTAZIONE DELL’ECOSISTEMA TORINESE

La forte attenzione rivolta agli ecosistemi imprenditoriali ha una semplice ragione: dove è presente un ecosistema evoluto e dinamico è maggiore lo sviluppo economico e sociale. Le economie contemporanee premiano quei territori che dispongono di un ecosistema performante, in accordo con quanto evidenziato dall’Entrepreneurship Indicator Programme (sviluppato da OECD ed EUROSTAT) secondo cui gli ecosistemi imprenditoriali hanno un’influenza accertata su tre output economici fondamentali: nascita di nuove imprese, creazione di posti di lavoro, aumento della ricchezza collettiva.

Performance

Ne deriva che misurando gli output economici riconducibili all’azione dell’ecosistema imprenditoriale di Torino (relativi a questi tre aspetti), è possibile valutare il suo livello di performance e compararlo a quello di altre realtà italiane. L’analisi comparata condotta a livello nazionale per l’anno 2015, vede Torino collocarsi sempre in una posizione mediana delle classifiche,  evidenziando come l’ecosistema imprenditoriale torinese possa migliorare in modo rilevante  le proprie prestazioni sia quanto a creazione di nuove imprese, che a occupazione prodotta dalle neo-imprese e innovazione generata come forma di ricchezza collettiva.

Un  ecosistema imprenditoriale può essere definito come un insieme interconnesso di singole individualità con “intenzione imprenditoriale”, di operatori economici e di istituzioni che formalmente e informalmente interagiscono per generare attività di impresa (definizione è liberamente tratta da: C. Mason, R. Brown, Entrepreneurial ecosystems and growth oriented entrepreneurship, Final Report to OECD, Paris, 2014). Per poter valutare la struttura di un ecosistema imprenditoriale è quindi necessario prendere in considerazione due aspetti: numerosità dei suoi attori, e relazioni che tra essi intercorrono.Schermata 2016-04-20 alle 11.48.32

La mappatura effettuata nel corso dell’intervento ha individuato 65 attori attivi nell’ecosistema torinese a fine 2015. I diversi attori sono stati poi ricondotti a otto aree di azione, definite in concordanza con le indicazioni di OECD/EUROSTAT : business support (incubatori, acceleratori, servizi di mentoring), imprenditorialità (trade association, industry association), community (start-up network, coworking agency, fablab), infrastrutture (accesso a facility), finanza (banche, angel investor, venture capital), settore pubblico e policy (governi locali, associazioni pubbliche, camera di commercio), capitale umano (università pubbliche e private), ricerca e sviluppo (centri di ricerca, technological park).

Ne emerge un ecosistema adeguato per il numero e la varietà degli attori presenti sul territorio (65 soggetti mappati), ma il cui livello di networking è ampiamente migliorabile: i costi di transazione sono elevati sia per garantire una fluida e rapida circolazione delle informazioni e conoscenze, che per generare progetti e iniziative coordinate e condivise.

Valutazione del funzionamento

Rispetto al suo funzionamento la valutazione del sistema torinese è stato compiuto in relazione a cinque dimensioni:

  1. SUPPORTO AL BUSINESS: fornitura di servizi e consulenze per il processo di creazione di impresa.

L’ecosistema torinese offre una gamma soddisfacente di servizi e risorse per le neo-imprese nelle fasi iniziale e intermedia del ciclo di start-up, ma non riesce a supportare adeguatamente le neo-imprese nel momento cruciale del consolidamento (business growth) al termine del percorso di creazione di impresa.

  1. MENTALITÀ IMPRENDITORIALE: promozione dello spirito imprenditoriale come cultura e valore.

Sotto questo profilo l’ecosistema svolge un’azione efficace nel consolidare e diffondere il significato e il valore collettivo del fare impresa verso il pubblico di potenziali imprenditori adulti. Migliorabile invece la promozione della mentalità imprenditoriale fra i giovani e gli studenti.

  1. CAPITALE UMANO: crescita professionale e sociale dei nuovi talenti imprenditoriali.

Parziali punti di forza dell’ecosistema sono l’individuazione di nuovi potenziali imprenditori e l’azione formativa nei loro confronti, basata su un mix di formazione formale e di apprendimento sul campo. L’area di miglioramento è lo sviluppo di community per consolidare apprendimenti, senso di appartenenza e generare opportunità di business.

  1. RISORSE FINANZIARIE: reperimento di capitali di rischio a disposizione delle imprese nascenti.

L’ecosistema è in grado di intercettare risorse finanziarie adeguate per le esigenze delle neo-imprese. Il punto critico è la logica complessiva di finanziamento e investimento, distante dai bisogni e richieste delle neo-imprese in termini di velocità di erogazione, flessibilità amministrativa, gestione del rischio.

  1. APERTURA: connessione con realtà esterne e attrattività rispetto ad altri territori ed ecosistemi.

L’Openness è la dimensione più carente dell’ecosistema. Il suo funzionamento è ampiamente migliorabile sotto ogni profilo: capacità di attrarre iniziative imprenditoriali a Torino, capacità di collegarsi al circuito nazionale e internazionale della creazione di impresa, capacità di accreditarsi e rendersi visibile come “Città delle start-up”.

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LE PROPOSTE

Alla luce di questa analisi, e con la prospettiva di potenziare l’ecosistema affinché generi maggiore impatto economico, il Gruppo di Lavoro ha formulato le seguenti proposte:

Proposta 1 
Un ecosistema coeso al suo interno per favorire maggiore integrazione e scambio fra gli attori: creazione di un tavolo di coordinamento permanente da affidare ad un soggetto facilitatore che garantisca l’attività, e per promuovere il confronto internazionale e l’analisi delle attività svolte.
(Presentata da Mario Lupo, Tessa Zaramella – Città Metropolitana di Torino)

 

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Un ecosistema aperto e attrattivo per connettere l’ecosistema al circuito nazionale e internazionale delle start-up. Elaborazione di una strategia di comunicazione e marketing specifica, supportata dall’organizzazione e l’ospitalità di eventi internazionali di rilievo su questi temi; e l’allestimento di un welcome-desk unico e dedicato per attrarre le start-up.
(Presentata da Laura Orestano – SocialFare, Fabrizio Barbero – Città di Torino)

 

 

Proposta 3
Un ecosistema integrato con le aziende locali per aumentare i capitali a disposizione delle neo-imprese e accrescere il numero di start-up originate da spin-off aziendali. Attività di promozione e matching fra neo-imprese e aziende, e tra atenei e imprese, per la creazione di spin-off aziendali.
(Nicoletta Marchiandi Quatraro – Camera di Commercio di Torino)

Proposta 4
Un ecosistema attento al capitale umano per aumentare il numero, la qualità professionale e il ruolo sociale dei neo-imprenditori attraverso programmi di imprenditorialità nelle Scuole Superiori e nelle Università, professionalizzazione basata sui mentor d’impresa e attività di formazione finanziata anche per il target neo-imprese.
(Mario Montalcini – Réseau Entreprendre, Enrico Gastaldi – Università di Torino)

Proposta 5
Un ecosistema efficace nel business support per favorire il consolidamento delle neo-imprese, tramite servizi mirati per crescere sui mercati e sviluppare l’organizzazione e sviluppo di public procurement a favore delle neo-imprese.
(Marco Cantamessa – Incubatore PoliTo I3P, Giuseppe Serrao – Incubatore UniTo 2i3T)

Proposta 6 
Un ecosistema flessibile sul piano finanziario per differenziare e rendere più flessibili le forme di finanziamento e credito alle neo-imprese attraverso la diffusione di buone pratiche creditizie, il consolidamento di acceleratori locali e reti di business angel, e modelli innovativi di sostegno pubblico alle neo-imprese.
(Corrado Ferretti – PerMicro, Giancarlo Rocchietti – Club degli Investitori)

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Il Gruppo di lavoro ha scelto di formulare proposte che pur prevedendo interventi di natura varia condividono alcune caratteristiche essenziali: la realizzabilità nel breve termine (6-12 mesi) o tutt’al più in 12-24 mesi, costi contenuti per la collettività, valorizzazione degli asset esistenti, non necessitano di un “cambio di sistema” o  interventi straordinari.

PROSSIMI PASSI

A seguito della redazione di questo rapporto, la prossima fase richiede quindi che le raccomandazioni vengano considerate operativamente dalle leadership e che queste valutino se e come ingaggiarsi nel trasformarle in azioni concrete, anche a fronte di decisioni e atti formali, nonché allocazione di finanziamenti. Dopo questo passaggio di sostegno della strategia, potrà seguire l’elaborazione di un piano d’azione fatto su misura, più o meno ampio e omnicomprensivo di quanto indicato in questo rapporto, che indicherà, per quanto possibile, attori, risorse, modalità, tempi e risultati attesi.