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Planet Idea Lab e SocialFare® per la prima social smart city | Intervista a Gianni Savio, Chief Operating Officer

All’interno del grattacielo di Intesa San Paolo il 26 gennaio è stato presentato il bando che avvia la prima esperienza di Living Lab sul quartiere CampidoglioIl quartiere, nella IV Circoscrizione, è stato da tempo scelto come laboratorio per la sperimentazione di nuove tecnologie da implementare al modello torinese di smart city. Il bando si pone l’obiettivo di cercare soggetti che vogliano sperimentare iniziative e soluzioni tecnologiche innovative di interesse pubblico, coerentemente alle linee di azione indicate dal piano strategico di Torino Smart City.

La presentazione del bando, oltre che interessante stimolo per quanti stanno sviluppando tecnologie e servizi in questa direzione, è stata occasione per condividere cinque esperienze di innovazione candidate ad essere realizzate nel quartiere Campidoglio, oltre che rappresentare il primo passo per avviare la collaborazione tra Torino e Fortaleza (Brasile). A Croatà, nel nord del Brasile, sorgerà infatti la prima social smart city. A realizzarla saranno  gli imprenditori torinesi della start-up Planet Idea LabPresentazione standard di PowerPointAl momento è in fase di realizzazione un primo prototipo (foto), secondo una nuova metodologia che si pone l’obiettivo di mettere a sistema i servizi e le tecnologie con l’obiettivo di disegnare nuovi ecosistemi urbani. Questo nuova modellizzazione può essere applicata alle città nella loro interezza, ma può riguardare anche solo porzioni di essa o strutture specifiche. Nasce secondo quest’ottica la social smart square: un modello
che sarà declinato secondo le esigenze delle due città, primo strumento di dialogo tra le esperienze e le tecnologie delle due città.

Oggi incontriamo Gianni Savio, Chief Operating Officer di Planet Idea Lab. Buongiorno Gianni, stamattina in ufficio ti ho sentito dire che le smart city vengono considerate solo cavi e gadget. Cosa taglia fuori questa visione che vuole ridurre (provocatoriamente) tutto alla dimensione tecnologica?

La prima cosa che si nota quando si approccia il tema smart city è che in realtà a livello mondiale non c’è una definizione univoca. Quando parlo agli operatori tecnologici la loro visione di smart city è quella di una città connessa, ricca di ICT e iOT. Se mi confronto con gli architetti per loro il tutto è riconducibile alla pianificazione di una città disegnata per essere resiliente. Per gli ingegneri si tratta di acque reflue, smart grid e gestione delle risorse ambientali. Per quanti hanno il focus sugli aspetti sociali il tema è l’inclusione sociale: come bisogno e come potenziale. Quello a cui Planet Idea Lab punta è integrare tutti questi punti di vista in una visione sistemica che possa contemplare tutti gli elementi tecnologici, tecnici e sociali fioriti negli ultimi anni, una visione di pianeta. Ci sono tante idee smart lodevoli come singole iniziative, ma molto spesso sono singole iniziative che trovano un utilizzo solo estemporaneo.  Piero Fassino ieri durante la presentazione nel grattacielo di Intesa San Paolo metteva in guardia, a riguardo, dal rischio di “fare il presepe”, con una giustapposizione di iniziative. È da questa riflessione che prende le mosse la nostra visione, secondo la quale tutti lavorano in sinergia per la creazione di ecosistemi più sostenibili.

Perché avete deciso di costruire una social smart city?

Attualmente il 2% del pianeta è ricoperto da città. Il 50% della popolazione mondiale vive in centri urbani, che consumano il 75% dell’energia e emettono l’80% delle emissioni di monossido di carbonio. Questo perché il 50% delle abitazioni non rispondono ad una visione smart. In questo contesto costruire social smart city costituisce una sfida: utilizzare nuove tecnologie per case che devono avere costi contenuti. L’innovazione spesso viene associata a costi elevati, noi partiamo da assunti differenti. Ora stiamo creando un prototipo che generi economia di scala, per sondare la possibilità di dare vita a un ecosistema urbano intelligente testato su un numero minimo di 5000 unità abitative. L’obiettivo è quello di creare sistema integrato, in cui i vari fattori non costituiscano solo una sommatoria algebrica di utilities e servizi, ma che nella loro interazione portino un valore aggiunto.

Il Social Housing tradizionale segue un modello massificante e indistinto, con unità abitative aggregate in maniera intensiva, che non considera la sostenibilità sociale e ambientale, e slegato dalla pianificazione urbana. SocialHousingMexicoNoi opponiamo a questo modello la progettazione di SMART URBAN ECOSYSTEM: la crescente urbanizzazione richiederà capacità e conoscenza per la progettazione, lo sviluppo e il miglioramento della pianificazione, delle infrastrutture, dell’edilizia e dei servizi in un approccio sistemico. Un esempio della visione integrata dei servizi può essere la app che abbiamo sviluppato. L’app offre, tra le altre, la possibilità con l’interazione con le smart grid di monitorare i consumi di energia elettrica in tempo reale, ma anche di pianificare il consumo del mese in relazione alle possibilità di spesa della famiglia. Allo stesso modo sono previste sinergie tra i sistemi di mobilità interna (come ad esempio il bike sharing) con quelli di mobilità esterna (es. car pooling). Questo approccio consentirà moltissimi vantaggi anche alla parte amministrativa della città (che ad esempio potrà ottenere big data utili alla sua pianificazione), ma soprattutto offrirà vantaggi immediati al cittadino.

Nella tua presentazione parli di quattro pilastri, tra cui citi l’inclusione sociale. In che modo quest’ultima offre alla città una dimensione smart?

Non ci può essere smart city senza un’adeguata pianificazione. Questo prevede un primo livello infrastrutturale: urbanistica, infrastrutture tecnologiche e smart grid, che potremmo definire come l’hardware della città. E poi c’è il software che riguarda la connessione tra i cittadini, la comunità. Naturalmente i servizi di cui parliamo offerti a Miami o all’interno di un contesto legato al social housing hanno due gittate completamente diverse. In contesti di difficoltà economica reti di prossimità, interazione e servizi a favore dell’inclusione assumono una valenza comprensibilmente diversa.

Non ci può essere smart city senza un’adeguata pianificazione. Questo prevede un primo livello infrastrutturale: urbanistica, infrastrutture tecnologiche e smart grid, che potremmo definire come l’hardware della città. E poi c’è il software che riguarda la connessione tra i cittadini, la comunità.

GIANNI SAVIO

 

Com’è nata la collaborazione con SocialFare?

Un progetto così catalizza automaticamente i diversi componenti: chi ha un know-how utile allo sviluppo di questo progetto si sente naturalmente coinvolto. È quasi un processo naturale. Non ci si sceglie, ci si incontra. SocialFare® è stato un incontro importante, soprattutto per la sua capacità di attrarre le idee migliori, di stabilire connessioni capace di dare forma a qualcosa che ancora non esiste in un’ottica di innovazione sociale.

Cosa ti aspetti da questo dialogo con SF?

Il dialogo fino ad ora è stato molto fruttuoso: mi aspetto che andremo a realizzare grandi cose.

Dai tuoi racconti so che hai vissuto, e continui a trascorrere molta parte del tuo tempo, in Brasile. In che modo la tua conoscenza della popolazione locale ha influito sulla progettazione di strutture e servizi?

Per me la molla non è stata tanto l’incontro con questo meraviglioso territorio, ma la scoperta che non si può continuare a costruire in questo modo: bisogna cambiare il modo di costruire. Ma soprattutto, che è possibile farlo. Spesso si pensa che innovare significhi ricorrere a capitali enormi, ma a volte questo può avvenire anche garantendo costi estremamente ridotti e una piena sostenibilità economica. Tornando alla distinzione tra hardware e software, una volta che hai individuato il software in un’economia di scala ammortizzi rapidamente i costi di progettazione. A volte ci si lascia prendere dal pregiudizio che replicare una buona idea costituisca un tentativo di omologazione, ma un format efficace opportunamente personalizzato costituisce l’esatto opposto e ti consente di portare l’innovazione sui territori che meno sarebbero in grado di captarla e che maggiormente ne hanno bisogno.

Per me la molla non è stata tanto l’incontro con questo meraviglioso territorio, ma la scoperta che non si può continuare a costruire in questo modo: bisogna cambiare il modo di costruire. Ma soprattutto, che è possibile farlo. Spesso si pensa che innovare significhi ricorrere a capitali enormi, ma a volte questo può avvenire anche garantendo costi estremamente ridotti e una piena sostenibilità economica.

GIANNI SAVIO

 

Chi collabora con te a questo progetto?

Tante persone. Alcune lavorano in Brasile: una ventina tra architetti, ingegneri, capo-cantiere e responsabili amministrativi. La parte operativa della costruzione del prototipo. Nell’ideazione del concept sono invece coinvolti RECS ARCHITECTS (per l’area pianificazione urbanistica, architettura). Francesco Tresso a capo del team per la sostenibilità ecologica. Daniele Alberti a capo del team ICT e iOT e SocialFare® per tutto ciò che concerne l’innovazione sociale e la valutazione di impatto.

Ora siamo impegnati nella realizzazione dei due esperimenti di piazza intelligente. Questo prima connessione costituisce la volontà di mettere a sistema la dimostrazione dei benefici che possono nascere quando l’ecosistema urbano è progettato e realizzato in maniera smart. Un concetto declinabile su differenti scale e che già adesso vede dei tentativi di applicazione nei concetti di smart station, smart factory, e per l’appunto smart square.

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Digital Urbanism | semi di Eden (Energy Data ENgagement)

Internet smetterà di essere il protagonista della nostra evoluzione tecnologica. Lo ha affermato Erich Schmidt al World Economic Forum 2015. L’executive chairman di Google ritiene, infatti, che la rete sarà completamente assorbita  da tutto ciò che ci circonda e, metabolizzata dalla nostra società, arriverà a far parte di essa in modo definitivo. A innescare questo processo l’internet delle cose (Internet of Things-IoT), ovvero l’estensione per cui i nostri oggetti acquisiscono intellingenza comunicando dati su se stessi e sull’ambiente che li circonda.

//Internet of Things

L’analisi di Schmidt sull’IoT trova conferma nei dati di una recente ricerca di mercato condotta da Gartner secondo cui entro il 2020 questa rivoluzione arriverà a coprire oltre 26 miliardi di dispositivi connessi. Un numero di gran lunga superiore a quello attuale di smartphone, tablet e pc: l’Internet of Things avrà un impatto sulla società superiore a quello che ha avuto internet stessa.

Sempre Gartner, compagnia leader nella ricerca sull’informazione tecnologica e nella consulenza, dichiara in un report dedicato  che le persone stesse diventeranno “nodi” di internet, producendo sia dati statici che un sistema costante di attività capaci di generare informazioni.

In quest’ottica rispetto all’IoT le città sono leggibili come microcosmi che beneficiano della connesione tra persone, processi, dati e cose. L’evoluzione del concetto di “Smart City” negli anni è stata soggetta a numerosi rielaborazioni, ma una parte è rimasta sempre costante: la parte relativa alla dimensione “smart” è sempre stata connessa con la tecnologia delle informazioni e della comunicazione e internet per rispondere alle sfide urbane. La sfida che ora sorge per progettisti, architetti e urbanisti è ilDigital Urbanism”.

//Efficienza Energetica

Oltre alle sfide legate al passato l’IoT diventa strumento fondamentale anche per il miglioramento di ciò che esiste, come ad esempio nei processi di efficientamento energetico degli edifici pubblici. La Direttiva europea 2002/91/CE, fonte di tutta la recente legislazione in materia di rendimento energetico nell’edilizia, sottolinea che “l’energia impiegata nel settore  residenziale e terziario, composto per la maggior parte di edifici, rappresenta oltre il 40% del consumo finale di energia della Comunità; in questo contesto, gli edifici pubblici   costituiscono   un   considerevole   patrimonio   edilizio   sul   quale   poter intraprendere iniziative di miglioramento del rendimento e di efficienza energetica.

Il modello consolidato di produzione centralizzata di energia elettrica va trasformandosi in quello più articolato e avanzato, sia dal punto di vista tecnologico che gestionale, di generazione distribuita. Tale evoluzione suggerisce un nuovo paradigma per la produzione e distribuzione di energia che vede energia e informazioni veicolate su rete attiva, secondo un modello internet-like, con interazione continua tra produttori e consumatori e scambio costante di informazioni sui flussi di energia prodotta e la richiesta del momento.

Le nuove tecnologie offrono agli obbiettivi di efficenza energetica strumenti rivoluzionari. Di particolare interesse il sistema di smart metering : sistema di controllo basato su reti di sensori (wireless, Pic, RS485) per il monitoraggio in tempo reale dei consumi di luce, gas e acqua. La possibilità di monitorare i consumi con una cadenza molto più serrata che in passato (si passa dai dati della bolletta mensile alle informazioni prodotte ogni ora dagli smart meters) offre opportunità interessanti sia per i consumatori che per i produttori. Ma la massa di dati prodotti non sempre è leggibile. La sfida degli open data, infatti, è aperta.

Ma i cittadini sono pronti ad utilizzare questi strumenti?

//EDEN_Energy Data ENgagement

L’abilitazione al cambiamento trova idealmente sponda nell’educazione ma la scuola fatica ad accogliere le istanze tecnologiche sottese a questi processi. Alcuni esperimenti iniziano a prendere piede, come EDEN_Energy Data ENgagement. Progetto di IREN che nasce dall’idea di utilizzare il paradigma dell’Internet delle Cose per favorire una consapevolezza diffusa sui consumi energetici all’interno delle scuole.


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Il progetto ha coinvolto 3 scuole del quartiere Campidoglio della Città di Torino (Scuola Elementare Gambaro, Scuole Medie Nigra e De Sanctis). In alcune classi, o luogo significativi per la socialità sono stati posizionati dei sensori (in maggioranza rilevatori di parametri termici) distribuiti e connessi a internet. Questi smart meters sono stati integrati a una serie di strumenti di controllo dei dati raccolti (app, siti internet, cruscotti digitali di analisi e gestione dei dati), la cui osservazione permette di elaborare strategie di divulgazione e comunicazione che rendano gli utenti capaci di compiere scelte energetiche razionali e improntate alla riduzione dei consumi.

 

SocialFare® | Centro per l’Innovazione ha contribuito allo sviluppo di una social platform digitale studiata per l’engagement che, dando visibilità e significato a dati raccolti da sensori collocati negli istituti scolastici e in altri edifici e luoghi pubblici, potesse generare consapevolezza e stimoli comportamenti sostenibili negli studenti e, attraverso loro, nella cerchia più ampia di famiglie e cittadini. Il progetto intende sviluppare un sistema di raccolta, rappresentazione e condivisione di informazioni a soggetti diversi (Energy Manager, Studente, Stakeholder), rendendo accessibili e trasparenti i dati afferenti alle “cose” che ci circondano e stimolando l’implementazione di azioni e progetti di efficienza energetica. 

Al termine del progetto, conclusosi a luglio del 2015, è stato prodotta una valutazione dell’impatto sociale generato, rendendo evidente:

– l’importanza centrale degli insegnanti come mediatori di diffusione di consapevolezza e acquisizione di buone pratiche;

– l’importanza del gaming nell’engagement degli studenti;

– le potenzialità di diffusione connesse al ruolo degli studenti all’interno dell’ecosistema scuola-famiglie-quartiere.

La valutazione d’impatto ha coperto tutta la durata del progetto, prevedendo:

//in fase preliminare i rilievi olistici di contesto per evidenziare le specificità delle tre scuole e per studiare le condizioni “ambientali” in cui il progetto veniva realizzato.  

//In fase di implementazione alcuni nostri progettisti hanno proposto laboratori living-lab sia ai docenti che agli studenti con la finalità di co-progettazione la social-platform. L’indagine a chiusura del progetto ha previsto, accanto ad alcune interviste semi-strutturate, la somministrazione di sondaggi on-line ai docenti, e questionari in versione cartacea per  raggiungere studenti e famiglie.

//A chiusura del progetto gli esiti delle nostre ricerche sono stati formalizzati attraverso una data visualization, che ha rappresentato l’impatto sociale generato come una goccia capace di propagarsi attraverso le diverse cerchie coinvolte a seconda dell’estensione degli stakeholder raggiunti.

Il progetto ha vinto il premio SMAU per le Smart Communities.