SOCIAL IMPACT INVESTOR DAY: da Torino l’economia che innova

Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti.

SocialFare® | Centro per l’Innovazione Sociale con un’ampia rete di partner nazionali ed internazionali accelera impresa a impatto sociale attraverso il design sistemico e il design thinking, le tecnologie abilitanti, social finance, mentoring e networking per la scalabilità.

27 gennaio 2017

Si è appena chiuso, presso gli spazi di Rinascimenti Sociali, il Social Impact Investor Day. Oggi la sfida per le start-up che hanno partecipato al programma di accelerazione gestito da SocialFare® è stata conquistare  gli investitori, e convincerli a finanziare il loro business a impatto sociale. I team delle 7 start-up accelerate hanno avuto la possibilità di verificare i progressi compiuti in questi 4 mesi, e di avviare il dialogo con importanti investitori del panorama nazionale.

Ad ottobre 2016, quando sono state selezionate attraverso la call FOUNDAMENTA#2 tra più di 100 proposte arrivate da tutta Italia,  le start-up presentavano livelli diversi di sviluppo ed hanno lavorato per 4 mesi con dedizione e passione al proprio miglioramento per divenire attrattive per gli investitori e per la società.

Negli ultimi giorni precedenti il Social Impact Investor Day, gli startupper hanno lavorato in dialogo serrato con il team di accelerazione di SocialFare® per perfezionare il proprio business model, strutturare i financials e costruire una narrazione efficace nei 5 minuti del pitch.

Chi di loro sarà riuscito a stimolare la curiosità degli investitori? Molto difficile dirlo ora, al termine di questa intensa giornata.”. Commenta Monica Paolizzi, coordinatrice del team di accelerazione di SocialFare®.

Il dialogo con gli investitori è la costruzione di un rapporto di fiducia, e in quanto tale richiede tempo. L’obiettivo per noi era che le start-up riuscissero a raccontare il proprio prodotto, la propria soluzione innovativa a impatto sociale, rendendo credibile la solidità dei loro business model agli occhi degli investitori, che per assumersi i rischi connessi all’innovazione, soprattutto applicate alle sfide sociali, devono anche innamorarsi dell’idea.” Monica Paolizzi, coordinatrice del team di accelerazione di SocialFare®

Osservare il modo in cui startupper e investitori hanno portato avanti il dialogo durante e al termine dell’evento induce ad essere ottimisti..

A introdurre il Social Impact Investor Day è stata Laura Orestano, CEO di SocialFare®, che ha presentato il contesto dell’impact investing e raccontato come Torino sempre più possa posizionarsi come città ideale per lo sviluppo di questo nuovo ramo finanziario.

Il primo team a salire sul palco è quello di Merkur.io, che si è presentato portando con sé una valigetta dotata di un piccolo pannello solare: una tecnologia semplice che è parte del sistema innovativo sviluppato per facilitare, grazie a nuove tecnologie legate a cripto-valute e hardware a basso consumo, i programmi di Cash Transfer in occasione delle fiere umanitarie, a favore di rifugiati o vittime di catastrofi naturali nei paesi in via di sviluppo. La presentazione ha stimolato immediatamente molte domande da parte della platea. Gli investitori hanno chiesto delle esperienze sul campo maturate dal team, della loro visione di lungo periodo, e soprattutto degli eventuali rischi a cui il sistema potrebbe esporre le transazioni. Il team ha avuto così l’occasione di raccontare del pilot che partirà quest’anno in Congo, del modo in cui mira a costruire per il 2018 la connessione tra dimensione online e offline, e di come l’altissimo livello di sicurezza garantito da Merkur.io sia reso evidente dall’impossibilità per gli sviluppatori stessi di intervenire sulle transazioni.

È seguito Yeerida, il primo content provider che permette un’esperienza di lettura gratuita in streaming dei testi letterari liberi o protetti da diritti d’autore.  Le prime domande, rivolte al team, hanno riguardato il quadro legislativo, ma soprattutto il rapporto con la SIAE. La risposta è stata pronta: la piattaforma non distribuisce contenuti, ma li condivide. Al momento non si crea conflitto né concorrenza. I contenuti, infatti, ad oggi non possono essere scaricati dagli utenti, ma solo consultati online. Altra novità, la possibilità di proporre formati innovativi e monitorarne il successo. La piattaforma offre, inoltre, strumenti di audience engagement capaci di aprire il dialogo tra domanda e offerta e connettere la dimensione web all’editoria tradizionale, come nel caso della campagna social dove gli utenti di Yeerida sono stati invitati a mostrare la preferenza tra titoli ormai fuori catalogo, perché il più votato fosse ristampato.

Il team di Open Terzo Settore ha presentato con un video, che ha catturato immediatamente l’attenzione del pubblico, la sua piattaforma: “Italia non profit, database lanciato all’inizio di gennaio. Un sistema unico, standardizzato, dedicato alla raccolta di dati sul Terzo Settore. “Italia non profit” mira a sopperire alla scarsità di informazioni, qualificate e organizzate, che ad oggi limita la crescita di questo ambito. L’obiettivo è rendere più facile ed efficace l’incontro tra domanda e offerta di servizi di utilità sociale, offrire efficaci analisi e confronti sulle performance degli enti non profit, generare ricerche e studi di settore, e realizzare sistemi di analisi ed elaborazioni personalizzate di dati. Proprio sulla raccolta di questi ultimi si sono concentrate le domande degli investitori. Il processo di raccolta ne garantisce l’affidabilità: l’utente compie una prima registrazione in autonomia, e i dati così inseriti vengono poi validati, ed arricchiti, grazie al confronto incrociato tra diversi database. Ad oggi più di 200 enti si sono già registrati, e molti lo stanno facendo in questi giorni.

Più complesso è stato presentare Apical, progetto innovativo che propone un sistema alternativo di raccolta fondi per ONG, grazie alla connessione con il sistema di promozione e ticketing per eventi culturali e sportivi. Il modello,  in questi giorni, ha validato il proprio minimum viable product  di social impact ticketing. L’obiettivo è costruire un servizio dedicato, che non si limiti a dialogare con il ticketing, ma che favorisca il networking tra organizzazioni e l’audience engagement. L’idea è che sia il “valore” a connettere stili di vita, supporto ad attività benefiche, e consumo culturale. Un primo test è stato condotto nell’ambito del festival Re:Found:Jazz a Torino e oltre 10 collaborazioni, italiane ed europee, sono già in programma per il 2017.

Una breve pausa per tornare subito a confrontarsi su un’altra proposta innovativa: Pharmatruck, piattaforma che permette di acquistare online i prodotti offerti dalle farmacie della propria città, e riceverli comodamente a domicilio entro 60 minuti dall’ordine. Il mercato in cui la start-up si propone è nuovo, e l’urgenza è creare una barriera rispetto a possibili competitor. Ad oggi copre già il 20% delle farmacie a livello nazionale, e sono in corso accordi con i principali fornitori di gestionali per farmacie. Giganti come Amazon al momento non possono inserirsi in questo mercato, e rispetto ad aziende affini Pharmatruck si differenzia per i prodotti interessati dal suo servizio.

Molto esteso, e ancora poco esplorato, è invece il mercato a cui mira Bed&Care. Un progetto di rete che permette alle aziende turistiche di integrare la propria offerta con servizi mirati, consentendo di soddisfare le esigenze di una nicchia rimasta fino ad ora scoperta: i viaggiatori con disabilità ed esigenze specifiche di assistenza. Nel rispondere alle domande degli investitori il team chiarisce l’estensione del target, che va dagli anziani ai disabili. Al momento molte persone con esigenze di assistenza non vanno in vacanza, specialmente in Italia. L’idea è quella di non fermarsi ad eliminare le barriere architettoniche di hotel e luoghi turistici, ma di rivoluzionare la concezione dell’accessibilità, attraverso strumenti che la rendano più veloce da ottenere e servizi personalizzati rispetto alle diverse necessità. La strategia elaborata è il frutto di un anno intero di studio del settore e delle esigenze degli utenti.

A chiudere le presentazioni è Xnoova, l’azienda che propone di innovare il sistema di apprendimento nella scuola italiana grazie a nuove soluzioni tecnologiche. In particolare, attraverso il prodotto  Chimpa, suite di app per la didattica su tablet (iOS e Android) che va incontro alle esigenze di coordinamento, profilazione, gestione e monitoraggio dei device nelle scuole primarie e secondarie. Recentemente il prodotto è stato implementato con un servizio cloud, che permette di abbattere i costi e aumentare l’accessibilità per le scuole.

Al termine dei pitch un buffet ha accolto i partecipanti per continuare il networking e portare avanti in maniera informale il dialogo con gli investitori maggiormente interessati.

Nelle prossime settimane, SocialFare® avvierà il follow up con gli investitori e le start-up per sostenerne il dialogo verso l’investimento.

Qui trovi lo storify del Social Impact Investor Day.

Continua a seguire il blog “People Innovation” per leggere le interviste agli startupper e agli investitori, e non perdere gli aggiornamenti relativi a tutti i successi delle start-up sulla pagina facebook e twitter di SocialFare®.

 

SOCIAL IMPACT INVESTOR DAY: +15 social impact investor per 7 social impact start-up

Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti.

SocialFare® | Centro per l’Innovazione Sociale con un’ampia rete di partner nazionali ed internazionali accelera impresa a impatto sociale attraverso il design sistemico e il design thinking, le tecnologie abilitanti, social finance, mentoring e networking per la scalabilità.

 

20 gennaio 2017

Il 27 gennaio 2017 si svolgerà il Social Impact Investor Day, evento conclusivo del programma di accelerazione per social impact start-up by SocialFare® iniziato in ottobre 2016.

L’evento sarà ospitato presso Rinascimenti Sociali in via Maria Vittoria 38 a Torino, luogo e rete di convergenza dedicato all’accelerazione di conoscenza e imprenditorialità a impatto sociale.

Le sette start-up accelerate da SocialFare® si presenteranno ad un panel ristretto di social impact investor: ad oggi più di quindici hanno già confermato la propria partecipazione all’evento. Oltre ai venture partner di SocialFare® – Oltre Venture e Club degli Investitori –  hanno aderito enti privati, business angel, private investor e family office interessati a sostenere la nascita, lo sviluppo e la scalabilità di imprese innovative in grado di generare valore economico dal valore sociale.

Sono passati ormai sette mesi dal lancio di FOUNDAMENTA#2, la call nazionale per social impact start-up che, reduce dal successo della sua prima edizione, ha permesso di individuare le otto imprese di eccellenza e ad alto impatto sociale per ammetterle al programma di accelerazione di SocialFare® della durata di 4 mesi.

4 mesi per preparare le start-up a ricevere investimenti

Un periodo di lavoro ad alta intensità, con scadenze serrate e specifiche co-progettate con e per ogni start-up, che il 27 gennaio 2017 raggiunge il suo apice con il Social Impact Investor Day.

Le imprese hanno avuto occasione di accrescere le proprie competenze e professionalità grazie al supporto di un team dedicato esperto in investment readiness, business delevolpment & strategy, systemic design e sono state accompagnate, durante tutto il percorso, da mentor e advisor di altissimo livello. Nuove reti, occasioni di confronto e opportunità di sperimentare il proprio business model, hanno permesso alle start-up di approcciarsi in maniera consapevole, matura e pronta al proprio mercato di riferimento.

Le sette start-up che presenteranno venerdì prossimo operano in diverse aree: salute e benessere, innovazione didattico-formativa, welfare e cultura.

Scopriamole in breve:

  • Bed&Care, start-up innovativa a vocazione sociale che opera nel settore del turismo accessibile;
  • GetWYS-Apical, progetto che parte dal presupposto che “ogni momento di felicità possa generare un impatto sociale positivo”; l’industria del divertimento e della cultura può divenire happiness industry;
  • Merkur.io, progetto che propone un sistema innovativo basato su criptovaluta per facilitare i programmi di cash transfer a favore di rifugiati o vittime di catastrofi naturali nei paesi in via di sviluppo in occasione di fiere umanitarie;
  • Open Terzo Settore, start-up innovativa a vocazione sociale che lancia  “Italia non profit”, piattaforma gratuita che rende più efficiente il marketplace filantropico attraverso la presenza di un sistema unico e standardizzato, dedicato alla raccolta dei dati sul Terzo Settore;
  • PharmaTruck, start-up innovativa che permette, tramite la propria piattaforma, di confrontare i prezzi e acquistare online i prodotti offerti dalle farmacie della propria città e riceverli comodamente a casa entro massimo 60 minuti dall’ordine;
  • Xnoova, impresa che ha sviluppato “Chimpa”: la suite di app per la didattica che va incontro alle esigenze di coordinamento, gestione e monitoraggio dei device nelle scuole 2.0.;
  • Yeerida, start-up innovativa che è il primo e unico content provider che consente la lettura online, gratuita e senza limiti, di un ampio catalogo di testi di autori, professionisti ed editori tradizionali.

Il Social Impact Investor Day è un evento chiuso al pubblico e ristretto ai social impact investor: ogni team avrà 5 minuti di tempo per fare il proprio pitch e raccontare il proprio business e convincere l’audience di investitori ed esperti dell’innovatività, sostenibilità, e scalabilità anche sociale della propria proposta.

La giornata si concluderà con un networking lunch per favorire il confronto e la reciproca conoscenza tra start-up, investitori ed esperti di settore.

Vi invitiamo il 27 gennaio 2017 a seguire i flash sull’evento sulla nostra pagina Facebook e su Twitter. Scopri com’è andata la giornata grazie al racconto del Social Impact Investor Day.

 

www.facebook.com/socialfaretorino

@SocialFareCSI  #SocialInvestorDay

www.socialfare.org

 

CONTATTI: Monica Paolizzi, Accelerator Programme Coordinator: monica.paolizzi@socialfare.org

 

SocialFare®

Seconda Giornata della Generatività sociale

Venerdì 16 dicembre

Cosa significa per un’organizzazione essere generativa?
Su quali dimensioni deve concentrarsi per diventarlo? È possibile misurare questa propensione alla generatività sociale?

Per rispondere a queste domande, il centro di ricerca ARC (Anthropology of Religion and Cultural Change) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e l’Archivio della Generatività Sociale hanno predisposto un set di indicatori di generatività sociale per le organizzazioni italiane. La Seconda Giornata della Generatività Sociale, promossa dall’Archivio della Generatività e da VITA  in partnership con il Gruppo Unipol e con il sostegno di Intesa Sanpaolo, presenterà i risultati di questa ricerca. L’evento, soprattutto, sarà l’occasione per dare voce alle realtà generative scelte, che il 16 dicembre a partire dalle ore 17:00 si alterneranno sul palco del bellissimo teatro Litta di Milano, per raccontare la propria attività. SocialFare® | Centro per l’Innovazione Sociale è onorato di essere tra le dieci esperienze scelte.

Le storie che verranno raccontate sono storie di persone che hanno intrapreso azioni condivise dando luogo a organizzazioni, famiglie, imprese e comunità. Persone il cui agire è orientato da innovazione e rigenerazione, nuove alleanze di governance e modelli di business, passione per i prodotti, cura dei legami e ricerca di direzione e senso. Si va dall’altissima tecnologia di una società di Como che ha aperto una nuova frontiera della sostenibilità occupandosi del recupero dei satelliti che hanno esaurito la loro vita, all’allegria esplosiva di una banda dei 70 giovani, abili e diversamente abili insieme, che suonano gli strumenti che hanno creato da soli utilizzando oggetti di recupero.

Le dieci esperienze generative saliranno sul palco e si racconteranno, presentando ciascuno un oggetto simbolo della loro attività. Le esperienze generative scelte sono:

1. Penny Wirton, Milano
Una scuola informale ma accogliente e rigorosa: nata quattro anni fa dall’impegno di Eraldo Affinati (insegnante e scrittore) e di sua moglie Anna Luce Lenzi. I professori sono docenti, pensionati, ragazzi italiani e non; gli allievi sono minori spesso non accompagnati e migranti anche meno giovani che apprendendo la lingua italiana cercano di porre le basi per un futuro meno difficile.

2. SocialFare® | Centro per l’Innovazione Sociale,  Torino
Centro per l’Innovazione Sociale, è il primo centro italiano interamente dedicato all’innovazione sociale: attraverso la ricerca, l’engagement e il co-design sviluppa soluzioni innovative alle pressanti sfide sociali contemporanee, generando nuova economia. Danilo Magni, presidente di SocialFare® racconterà come il valore sociale possa generare valore economico e convergenza per innovare prodotti, servizi e modelli. Inoltre sarà presentata l’intervista a Vita in cui abbiamo raccontato come, con un’ampia rete di partner nazionali ed internazionali, acceleriamo conoscenza ed imprenditorialità a impatto sociale attraverso il design sistemico, il design thinking, le tecnologie abilitanti, social finance, mentoring e networking per la scalabilità.

3. D-Orbit, Como
D-Orbit è oggi considerata una tra le 100 aziende più innovative al mondo. Una start-up dal nome evocativo che suona come una missione: rispondere al problema della rimozione dei satelliti obsoleti o non più utilizzati dallo spazio. D-Orbit apre dunque una nuova frontiera della sostenibilità – lo spazio – dopo terra, aria e acqua. I suoi prodotti sono portatori di nuove logiche: lo spazio, non più considerato risorsa da sfruttare o ambiente in cui scaricare i rifiuti terrestri, diventa un nuovo valore da custodire poiché strettamente legato al destino del pianeta Terra.

4. Officine Culturali, Catania
Divertire, emozionare ed educare allo scopo di rendere vitali i beni culturali anche come luoghi di occupazione e professionalizzazione. Attraverso lo studio, la ricerca e la comunicazione Officine Cuturali creano nuove grammatiche che siano a servizio della società e del suo sviluppo. Si propone quale agente della valorizzazione dei beni culturali, ambientali e paesaggistici, attivando processi virtuosi finalizzati alla più ampia e migliore conoscenza del patrimonio culturale per il grande pubblico, primo passaggio indispensabile nella tutela e valorizzazione del patrimonio stesso. Nel quadro di tali obiettivi ne sussiste uno “sociale”, ovvero la prospettiva che dalla valorizzazione del patrimonio possa scaturire occupazione e professionalizzazione giovanile.

5. Neuron Guard, Modena
Neuron Guard è una start-up innovativa che sviluppa un sistema integrato di protezione cerebrale per pazienti con ictus, trauma cranico grave e arresto cardiaco. La soluzione si compone di un collare refrigerante ed un innovativo sistema di somministrazione per un farmaco ad azione neuro-protettiva. Frutto dell’esperienza professionale e personale di Enrico Giuliani nell’ambito della Medicina d’Emergenza con una forte componente di ricerca, l’azienda nasce alla fine di maggio 2013 nell’ambito del programma di incubazione intensiva SeedLab che si conclude con la vittoria di Neuron Guard, coronata da un’esperienza in Silicon Valley per studiare le più moderne tendenze in ambito di imprenditorialità innovativa.

6. Brandina The Original, Pesaro
Brandina The Original è la linea di borse e accessori made in Italy realizzata con il tessuto dei lettini da mare. Il fascino di Brandina risiede nel suo immenso potere evocativo: un’esperienza tattile e visiva che conduce al mare, ai suoi colori e profumi, alla spensieratezza ed al brio che hanno caratterizzato nel tempo – ed ancora oggi – le spiagge del Bel Paese. Il nome del brand coincide con la sua essenza materiale, ciò crea una forte associazione mentale. Per questo, prima di essere un prodotto, Brandina è un concept che comunica con decisione la propria personalità.

7. San Benedetto Po
San Benedetto Po è un paese di circa 7.000 abitanti, a cavallo tra il Po e il Mincio. Terra di contadini e di allevatori, nel passato il piccolo centro mantovano ha fatto da scenario ad eventi che hanno segnato la storia dell’Europa. La svolta giunge con le elezioni amministrative del 2006, quando un gruppo di cittadini accomunati dall’idea di abbandonare progetti di crescita che non si percepiscono coerenti con la propria vocazione storica, territoriale, economica decide di dare vita ad una lista civica.

8. Cauto, Brescia
La Cooperativa Sociale CAUTO nasce con lo scopo di arginare situazioni di marginalità ed esclusione sociale attraverso percorsi lavorativi. Fin dall’inizio battono all’unisono tre cuori: la centralità della persona; il rispetto per l’ambiente; l’interesse per il benessere della Comunità, attraverso lo svolgimento di attività ambientali.

9. Valemour, Verona
VALEMOUR è un marchio sociale la cui missione è favorire l’inserimento di persone con sindrome di Down e disabilità intellettiva nel mondo del lavoro. Acquistando i prodotti e gli accessori VALEMOUR sostieni percorsi di formazione ed inserimento personalizzati. Dei veri e propri Hub Formativi dove le persone con disabilità imparano abilità, mansioni, diritti e doveri dei lavoratori.

10. Banda Rulli Frulli, Mirandola
Banda Rulli Frulli è un progetto sperimentale di musica, integrazione e riutilizzo creativo dei materiali di recupero nato da un’idea di Federico Alberghini all’interno della Fondazione Scuola di musica C. e G. Andreoli di Mirandola (MO) che comprende i nove comuni dell’area nord. Rulli Frulli è un percorso di crescita nei confronti dell’altro, nel rispetto delle diverse capacità. “La banda è la banda.” Non ci sono solisti, non ci sono elementi che spiccano rispetto ad altri ma si è tutti uguali e ognuno dà il proprio contributo col massimo del proprio impegno.

Per saperne di più leggi l’articolo di Vita dedicato agli Spiriti Creatori.

Il programma della Giornata prevede anche un intervento del presidente di Unipol Pierluigi Stefanini (che ha sostenuto la Giornata) e un riconoscimento speciale di Vita alla Fondazione Rava, per le attività svolte nel salvataggio dei migranti nel Mediterraneo. In chiusura un’esibizione straordinaria della Banda Rulli Frulli.

Spiriti Creatori

Seconda Giornata della Generatività Sociale

Teatro Litta, Corso Magenta 24 – Milano
16 dicembre (17:00 – 23:00)
Per maggiori informazioni e iscrizioni: evento Spiriti Creatori su facebook!


L’Archivio della Generatività Sociale è un progetto nazionale promosso dall’ARC (Centre for the Anthropology of Religion and Cultural Change) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e diretto da Mauro Magatti. L’Archivio raccoglie le video story di oltre 100 esperienze di generatività sociale nei settori dell’impresa, della società civile e delle policy istituzionali. È dedicato ai policy maker e amministratori pubblici, studenti e accademici, imprenditori, artigiani, creativi, professionisti del welfare, volontari e cittadini attivi. L’Archivio si pone scopi multipli: comunicativi, formativi, culturali e scientifici.

Net2Share | La rivoluzione dell’atto di donare

16 Settembre 2016. Cinque famiglie con bambini abitanti di Mirafiori quest’anno hanno iniziato la scuola con materiale scolastico acquistato da tutta la comunità, grazie a Net2Share. Questo ancora prima che il sito web fosse online.

Da oggi il sito sarà disponibile all’indirizzo: net2share.org.

Net2Share è lo strumento che rivoluziona l’atto di donare. Un progetto di associazione Enzo B. Onlus in collaborazione con SocialFare®| Centro per l’Innovazione Sociale. In un’intervista a Elena Fabris (Community Keeper, associazione Enzo B. onlus), Roberta Destefanis (Systemic Designer, SocialFare®) e Francesco Majno (Service e Information Designer, SocialFare®) scopriamo le origini del progetto, le novità e gli sviluppi futuri.

A quale bisogno risponde Net2Share (N2S)?

Elena Fabris: Net2Share nasce per ottimizzare l’uso di tutte le risorse disponibili in una comunità locale. Siamo partiti da una considerazione: le risorse a disposizione per le fasce più deboli della popolazione sono spesso frammentarie e discontinue nel supporto.

Roberta Destefanis: A questo si aggiunge la necessità di rispondere a nuove fasce di povertà, meno visibili, quasi latenti. Intervenire su queste nuove forme di povertà è più difficile, infatti non sempre rientrano nel campo di azione delle istituzioni. Questo si combina con uno dei principali obiettivi di SocialFare®: incentivare e abilitare la partecipazione attiva, perché i cittadini attivandosi possono davvero cambiare le sorti della propria comunità.

Elena Fabris: Siamo convinti che ogni comunità abbia già al suo interno le risorse necessarie alla risoluzione dei problemi che l’affliggono. Bisogna, però, attivare e mettere in relazione queste risorse.

Francesco Majno: Net2Share vuole dare nuova energia alle reti di prossimità e fornirgli uno strumento per prendersi cura del benessere della sua comunità. In questo processo i piccoli negozi di via hanno un ruolo centrale e assolvono ad una nuova funzione sociale.

“Siamo convinti che ogni comunità abbia già al suo interno le risorse necessarie alla risoluzione dei problemi che l’affliggono. Bisogna, però, attivare e mettere in relazione queste risorse.”

Elena Fabris, Community Keeper, associazione Enzo B. onlus

Ora che il pensiero alla base di N2S è chiaro, mi piacerebbe sapere come siete arrivati alla definizione del modello proposto da N2S.

E.F.: L’esperienza da cui siamo partiti è quella dell’istituzione pubblica con la social card, evidenziandone però tutti i limiti. La grossa differenza è che con N2S è la collaborazione nella comunità stessa a ricaricare la tessera, evitando l’erogazione di fondi pubblici in esaurimento. Un cambio di prospettiva che offre a questo strumento uno sviluppo che potenzialmente non ha limiti temporali.

R.D.: Un modello che punta all’auto-sostenibilità e a un nuovo modo di valorizzare la propria comunità. Insieme abbiamo ridefinito l’atto di donare, trasformandolo da un gesto occasionale in un atto semplice e quotidiano.

Parlavamo prima della difficoltà di identificare chi è colpito da queste nuove forme di povertà, voi come scegliete i vostri beneficiari?

E.F.: N2S lascia molte possibilità: è uno strumento estremamente malleabile, capace di adattarsi alle specificità della comunità che lo adotta. A Mirafiori per la prima sperimentazione i beneficiari sono stati identificati da un comitato etico. Un gruppo composto dai rappresentanti di associazioni, scuole, e parrocchie. Questo perché come si diceva prima volevamo intercettare la fascia grigia della povertà non coperta dalle istituzioni.

R.D.: Per fare questo anche l’opinione dei commercianti di via è molto importante, perché conoscono le persone che hanno bisogno: chi arriva a fine giornata per acquistare l’ultima pagnotta a un prezzo ridotto, o il pensionato che non riesce a coprire tutte le spese, ma per orgoglio non lo ammetterà mai.

F.M.: Un riferimento è quello del caffè sospeso – lasciare un caffè in sospeso per l’avventore bisognoso, identificato dal barista. La scelta di coinvolgere in questi termini i commercianti stimola fortemente la capacità della comunità di monitorarsi e di intervenire dove c’è bisogno.

Però nel caso di N2S la differenza rispetto al caffè sospeso è che anche il donatore viene compensato!
In che modo?

E.F.: Nel momento in cui il donatore lascia la sua donazione viene ricompensato con un carnet di buoni sconti equivalente all’importo donato con una piccola maggiorazione. Una delle idee fondamentali di N2S è che partecipare sia utile e produca un beneficio personale.

R.D.: La premialità ora passa attraverso la scontistica, ma in futuro vorremmo potesse diventare anche un  reward civico: abbonamenti a mezzi pubblici, dopo scuola, accesso a servizi educativi o ricreativi…

F.M.: Il claim che abbiamo scelto infatti è “Insieme per la buona economia”: l’obiettivo è offrire una definizione più ampia di economia, che valorizzi anche gli scambi tra persone per creare maggiore benessere.

“Il claim di Net2Share è Insieme per la buona economia, perché l’obiettivo è offrire una definizione più ampia di economia: capace di valorizzare anche gli scambi tra persone, e creare maggiore benessere.”

Francesco Majno, Service e Information Designer, SocialFare®

Prima si parlava delle specificità di Mirafiori, qual è il vostro rapporto con questa quartiere dalla storia complessa e rappresentativa della Torino operaia?

E.F.: Per l’associazione EnzoB è un rapporto storico. Siamo all’interno delle reti associative attive sul territorio, e quello che negli anni è emerso fortemente è il grosso impegno nel voler dimostrare che Mirafiori ce la può fare. C’è l’orgoglio di sapere che ci sono delle risorse sopite dal grande potenziale.

Un rapporto così stretto con il territorio apre una domanda sulla scalabilità del progetto.

E.F.: La scalabilità è a mille. N2S potrà espandersi a macchia d’olio. Il modo in cui è strutturato il progetto ha una portata virale fortissima, per cui può coinvolgere i territori circostanti ma anche trovare terreno fertile in luoghi molto distanti. L’importanza delle reti di prossimità emerge proprio in questo: Net2Share è un nuovo modello capace di diffondersi in ogni quartiere e attivare lì nuovi soggetti e nuove risorse.

Nelle tue parole sento un grande entusiasmo, che riconosco anche nella passione con cui Roberta e Francesco hanno contribuito a questo progetto. Cosa ha stimolato in voi una partecipazione così sentita?

R.D.: Mi ha entusiasmato trovare dei partner che hanno veramente voglia di arrivare alla realizzazione delle loro idee,  senza fermarsi al piacere della progettazione. Il poter fare concretamente le cose su cui si ragiona è per me un motore potentissimo: non si tratta solo di progettare ma anche di agire!

F.M.: Progettare un sistema che in maniera semplice porta una rivoluzione nel quotidiano, uno strumento concreto alle portata di tutti per poter fare la differenza. E questo è bello anche per noi progettisti: avverti l’utilità della tua azione.

Invece, Elena, per voi il contributo fondamentale di SocialFare® qual è stato?
E.F.: Il confronto con SocialFare® è stato indispensabile proprio rispetto alla concretezza e al pragmatismo nella realizzazione, ma anche nello studio della comunicazione e studio dell’immagine. E’ stata una collaborazione fondamentale per dare corpo a N2S.

Cosa potrà fare l’utente a partire da oggi sul sito N2S?

E.F.: Aderire, e partecipare a questa grande rivoluzione: diventarne parte. Potrà osservare la rete ampliarsi, e il totale delle donazioni crescere attraverso il contatore dedicato. Avrà visibilità su come si sviluppa il progetto.

R.D.: L’utente potrà scoprire tutti i negozi che aderiscono alla rete, dove utilizzare i propri buoni sconto, frutto della donazione. E potrà visualizzare i luoghi in cui è possibile recarsi per fare la donazione, anche se a breve potrà effettuare anche online.

F.M.: Sul sito potrà farsi un’idea di tutti i protagonisti che fanno in modo che questa rete funzioni! A breve saranno disponibili le applicazioni per Android e Ios.

E.F.: Con il rilascio delle app Net2Share sarà accessibile da tutto il mondo! (Ride)

R.D.: È vero! Per esempio la città di Chieri ha già manifestato il proprio interesse!

“Da oggi l’utente potrà scoprire tutti i negozi che aderiscono alla rete, in cui utilizzare i propri buoni sconto, frutto della donazione. E potrà visualizzare i luoghi in cui è possibile recarsi per fare la donazione, in attesa di poterlo fare online.”

Roberta Destefanis, Systemic Designer, SocialFare®

Quindi se qualcuno vuole attivare N2S come fa?

E.F.: Sul sito sono disponibili i nostri contatti, basta scrivere e noi saremo subito a loro disposizione!

Roberta e Francesco si guardano, hanno avuto un’idea a riguardo.

Ringraziamo i nostri intervistati per il tempo che ci hanno concesso e auguriamo loro buon lavoro.

Scopri Net2Share e tutti gli aggiornamenti a riguardo.

 

 

OLTRE VENTURE INVESTE IN SOCIALFARE® E VIENE LANCIATA LA NUOVA CALL FOUNDAMENTA #2

Oltre Venture, primo fondo italiano di social venture, entra ufficialmente nella compagine sociale di SocialFare®, primo Centro per l’Innovazione Sociale italiano. Oltre Venture è una società di Venture Capital Sociale, operante da oltre dieci anni nel supporto e nel lancio di nuove iniziative ad impatto sociale.  L’annuncio ufficiale dell’ingresso di Oltre Venture in SocialFare® è avvenuto durante la conferenza stampa del 28 giugno 2016, presso la sede di Rinascimenti Sociali (a Torino). L’accordo contribuisce a valorizzare anni di esperienza di SocialFare® nello sviluppo, accompagnamento e accelerazione di business idea e start-up a impatto sociale.

Grazie a questo nuova unione, i due attori si focalizzano ancora di più sull’obiettivo comune di sviluppare nuove e migliori soluzioni per affrontare le sfide sociali contemporanee identificate anche a livello europeo, creando valore non solo per gli investitori, per gli utenti e per l’intera collettività.

Questo nuovo modo di fare impresa, con una forte attenzione all’impatto sociale, si sta sviluppando sempre più anche in Italia – commenta Lorenzo Allevi, AD di Oltre Venture. Poter affidarsi e puntare su luoghi in cui professionisti del settore aiutino l’imprenditore a fare i primi passi nella concretizzazione delle proprie idee, è fondamentale sia per gli imprenditori stessi sia per gli investitori istituzionali. Per questo motivo siamo molto felici di aver investito in SocialFare® e siamo altresì contenti di sviluppare questa iniziativa nella città di Torino, che ha molti elementi positivi in grado di contribuire al successo del progetto.

Laura Orestano, AD di SocialFare®, ha espresso la massima soddisfazione di tutta la squadra SocialFare® e dei tanti partner presenti nella rete Rinascimenti Sociali: “Poter contare su un fondo come Oltre Venture, precursore in Italia per questo nuovo approccio, è per noi motivo di grande orgoglio e un consolidamento del modello di convergenza sociale e finanziaria per costruire quelle nuove imprese di servizi e prodotti delle quali l’Italia ha tanto bisogno per creare innovazione sociale e sostenibilità economico-finanziaria. In questi mesi abbiamo lanciato un programma unico in Italia e particolarmente ambizioso, nel quale le start-up accelerate diventeranno aziende con un buon fatturato, con una buona scalabilità e con una proposta innovativa rispetto ai cittadini e ai loro bisogni.”

Alla conferenza stampa sono intervenuti anche Mario Calderini (Politecnico di Milano – School of Management), Marco Demarie (Compagnia di San Paolo) e Danilo Magni (SocialFare®). A moderare Annalisa Magone (Torino Nord Ovest).

SocialFare® gestirà, in collaborazione con Oltre Venture e i main partner di rete, il processo di selezione delle start-up e business idea che avranno accesso ad un programma di accelerazione ad alto impatto di 4 mesi, che aggrega partner nazionali e internazionali in una piattaforma di convergenza e innovazione a impatto sociale, con l’obiettivo di generare start-up pronte a ricevere investimenti. Alla fine del loro percorso, le start-up accelerate saranno presentate ad un network di investitori (tra i quali Oltre Venture e Club degli Investitori). Oltre Venture, nel mese di giugno, ha lanciato il secondo fondo – Oltre II Sicaf, partecipato da importanti investitoti istituzionali – che metterà a disposizione degli imprenditori sociali nuove risorse finanziarie e supporto manageriale per la realizzazione di nuove imprese. Uno dei bisogni primari delle nuove imprese, è proprio quello di entrare in contatto con investitori pronti a far crescere nuove realtà di eccellenza.

Per questa ragione la conferenza stampa è stata l’occasione, inoltre, per lanciare FOUNDAMENTA #2: seconda edizione della call italiana per business idea e start-up a impatto sociale, il cui bando rimarrà aperto fino al 7 agosto 2016. FOUNDAMENTA #2 si pone l’obiettivo di selezionare, a livello nazionale, startup e business idea con soluzioni di eccellenza, innovative e scalabili, che rispondano alle importanti sfide sociali contemporanee, nelle seguenti aree di interesse:

  • Salute e benessere
  • Innovazione didattico formativa
  • Welfare
  • Cultura
  • Agricoltura e cibo

Le start-up selezionate avranno accesso ad un programma di accelerazione unico perché partecipato da partner nazionali ed internazionali, da mentor e advisor di assoluta eccellenza, in una location nel centro di Torino e in collaborazione con il primo fondo di social venture italiano, Oltre Venture. Il fondo si è impegnato a mettere a disposizione 400 mila euro come start-up investment da allocare – a sua totale discrezionalità – nelle migliori start-up partecipanti ai programmi di accelerazione di SocialFare®.

Per il lancio della call FOUNDAMENTA #2 interverranno gli altri soci presenti nel capitale sociale di SocialFare®: Corrado Ferretti (PerMicro S.p.A), Leonardo Camiciotti (Consorzio TOP-IX) e Marco Muzzarelli (ENGIM). 

La prima edizione del programma 2015-2016 ha accelerato 16 business idea/start-up, selezionate nel corso della prima call FOUNDAMENTA che ha visto la partecipazione di oltre 180 candidati per un totale di 67 proposte, che hanno avuto l’opportunità di entrare a far parte di  un programma di accelerazione “su misura” per generare startup a impatto sociale replicabili e scalabili. La prima edizione del programma di accelerazione si concluderà il 14 luglio 2016 con la partecipazione delle start-up all’investor day.

 

Il ruolo dell’imprenditore nella comunità | Lezione di Luigino Bruni per il corso di Economia Civile

tempo di lettura:15 minuti

Dalla lezione del professor Luigino Bruni sull’imprenditore civile per il corso di Economia Civile presso l’Acceleratore di conoscenza e imprenditorialità a impatto sociale Rinascimenti Sociali:

Imprenditore è una parola abbastanza recente, il primo ad averla usata pare sia stato Richard Cantillon (banchiere irlandese), nel suo celebre Essai sur la nature du commerce en général scritta intorno al 1730. Entrepreneur: lo prendono dal francese, ma subito entra nella teoria economica inglese. Nell’economia classica abbiamo tre categorie: i lavoratori (direi gli operai), gli imprenditori, e i proprietari terrieri (intesi come coloro i quali forniscono i mezzi di produzione). Oggi dovremmo ascrivere a quest’ultima categoria anche banche e leasing. Ricardo, Marx, Smith dicevano che ai lavoratori va il salario, agli imprenditori il profitto, ai proprietari terrieri la rendita. L’imprenditore paga il lavoro, paga la rendita: il profitto è uno scarto tra costi e ricavi.”

“L’imprenditore è un soggetto che ha un’idea di impresa. Se sono imprenditore vado in banca accendo un mutuo, trovo i lavoratori, affitto lo spazio. Questi sono tutti costi che sostiene: interessi sui mutui, affitti, costi indiretti, salari, costi di uso, erogazione energia. Il profitto è un valore residuale. Se l’impresa non trova sostenibilità economica in un medio periodo, chiude. L’imprenditore è qui, al centro: attorno a lui possiamo tracciare tutti i rapporti che mette in atto.  Questo flusso produce un ricavo se il flusso generato è maggiore dei costi, se è minore va in perdita. In questo caso un tempo il consiglio era chiudi: hai distribuito meno ricchezza di quella che hai utilizzato.”

“Ora si è affermato il concetto di start-up: hai tre anni per riuscire a trovare la tua sostenibilità economica. E nel caso di attività orientate dall’innovazione sociale, posso rifarmi al concetto di impatto sociale: il valore economico allora si relaziona al valore sociale. Questo si traduce nella possibilità di inserire nei ricavi l’impatto positivo che generi, ma perché questo possa accadere qualcuno deve riconoscerlo e assumerne i costi. Vedete come l’impresa si pone al centro di una rete di relazioni? La prima skill necessaria a un imprenditore è saper gestire la complessità di relazioni: l’imprenditore è in primo luogo un costruttore di relazioni.”

“ A tutto ciò bisogna aggiungere che il profitto non si basa sul merito: è questione di tempistica, di fortuna, di serendipità. Ricardo ci mette in guardia: date le difficoltà a generare profitto, quello che tende ad accadere è che si affermi il reddito. Secondo la sua analisi, il capitalismo finirà per la tensione tra redditieri e imprenditori. Il redditiere gode di qualcosa che ha fatto ieri, e che probabilmente non ha realizzato lui, mentre chi produce oggi è l’imprenditore: il redditiere in questa ottica rischia di essere poco più che un parassita. Qual è il problema? Il capitalismo che vive di rendita strozza l’imprenditore, rischiando a causa di ciò di andare in crisi per mancanza di profitti. Piketty ha dato esattamente questo input: dati alla mano ha sostenuto che le economie che hanno avuto più rendite che profitti sono andate in declino.”

“Dopo Ricardo arriva Marx, che pone il conflitto tra lavoratori e imprenditori lasciando crescere gli ereditieri. Cento anni di capitalismo hanno fatto crescere gli ereditieri, senza far capire a lavoratori e imprenditori che sono alleati. Qual è quindi l’idea che c’è in Ricardo? Tassate molto le rendite e lasciate crescere il profitto. La storia conferma questa analisi: tra gli anni Trenta e i Sessanta la tendenza non è stata questa, e l’Italia ha funzionato. Negli anni Novanta però le cose sono nuovamente cambiate. Tuttavia il primo protagonista che è sottoposto al ciclo profitto-rendita è proprio l’imprenditore, che nasce imprenditore e diventa redditiere. Dopo una fase di “giovinezza imprenditoriale” in cui sei generativo subentra la stanchezza, e le energie residue le impieghi per difendere quello che hai prodotto: prendi i paletti e non vuoi più spostarli in avanti. Li utilizzi per difendere il tuo patrimonio.”

“Quando subentra questa fase puoi decidere di vendere l’azienda, di diventare speculatore o hai la maturità di cedere agli eredi. In quest’ultimo caso il rischio è che l’imprenditore condanni i propri eredi a una libertà vigilata. Questa vigilanza, se non c’è paternalismo, può non essere negativa: i figli e le mogli non sempre sono capaci come il fondatore di un’azienda. Anche se i figli hanno bisogno di spazi per poter crescere, l’imprenditore deve fare accompagnamento. Tuttavia inevitabilmente l’impresa risulta essere un po’ la foto di chi l’ha creata. Per questa ragione alcuni amici sostengono che le imprese italiane sono, in media, invendibili. Ci vuole che chi l’ha fatta nascere faccia qualcosa.”

“ Qual è la caratteristica fondamentale dell’imprenditore? L’anticipazione. Lo vedremo ora attingendo alle riflessioni di un economista più recente, Jevons.  Devi vedere prima del mercato dove vanno le cose. Quando il cielo si rannuvola vedi comparire i venditori indiani di ombrelli, pronti agli angoli delle strade esattamente un minuto prima che la pioggia inizi. Se tu aspetti che piova è troppo tardi. Come puoi capire quando il cielo si rannuvolerà? Fuor di metafora la risposta è che devi ascoltare la gente, devi leggere. Il mondo cambia ovunque: non solo in centro, cambia anche nelle periferie. Per questo il segno più chiaro del decadimento di un imprenditore, secondo Einaudi, è quando non esce dalla propria azienda. Per rigenerare devi frequentare luoghi promiscui, esporti a stimoli inattesi. Come diceva Edgard Moren: se non ti rigeneri, degeneri. Allora innovi, e devi capire quando è necessario farlo. Vale la legge del tramonto dentro il mezzodì: il declino inizia dentro il massimo successo. L’importante è fermarsi un minuto prima dell’apice, poi inizia il declino.”

“Parlare di anticipazione implica anche la  propensione al rischio, la disponibilità all’innovazione. A questo proposito è utile citare il contributo di due economisti: Keynes e Schumpeter. Quest’ultimo scrive la Teoria dello sviluppo economico: la prima descrizione dell’imprenditore, la prima teorizzazione completa. Immaginiamo un mondo stazionario in cui il tempo non conta niente. Ogni anno l’impresa produce solo ammortamenti. Cosa spezza questo stato stazionario? L’Innovazione, qualsiasi cosa sia nuova. Ma cosa spinge a innovare? Chi crede che sia il profitto sbaglia, quella è una conseguenza. L’imprenditore è mosso dall’innovazione, non dal profitto. Il premio e il movente non sono la stessa cosa. Direbbe qualcuno, me compreso, tu cerchi il profitto e non ti arriva. Arriva come nella favola veneziana dei figli del re Serendippo che grazie al caso, all’osservazione e alla sagacia si trovano a venir fuori dalle situazioni più complicate. Arriva come la scoperta della  penicillina. L’imprenditore innova per vocazione, perché gli imprenditori sono come gli artisti: abitati da un demone che li rende irrequieti. Se fossero mossi dal profitto non sarebbero imprenditori, ma speculatori.”

“La cosa incredibile del profitto per gli innovatori è che quando l’imprenditore idea un’innovazione, arrivano gli imitatori e si appropriano della rendita. Perché l’imprenditore possa continuare ad avere profitto l’unica soluzione è continuare a innovare: il profitto viene asciugato dagli imitatori. Che soluzione resta allora all’innovatore? Fare cose ancora più innovative, perché se tu inizi a lamentarti inizia il declino. Dico questo perché all’arrivo degli imitatori quello che succede è che l’innovazione diventa patrimonio del mercato: si abbassano i prezzi, si favorisce il dinamismo del mercato. In un mondo stazionario la prima povertà è che mancano le idee. Quindi quello che bisogna fare è innovare ancora di più, perché se non lo farete voi lo faranno altri, e voi resterete indietro.”

“Innovare non è semplice. Non si tratta solo di avere l’idea giusta: il primo problema in cui si imbatte chi innova è che senza credito non si fa innovazione. Ma l’innovazione non può essere compresa da chi porta una mentalità vecchia, e i banchieri solitamente oppongono naturalmente resistenza al cambiamento. Ci vuole allora un banchiere innovatore. Eppure il problema si ripropone: se il sistema è tradizionale, come trova i fondi il banchiere? A partire da questa domanda cambia la teoria della banca e viene messa in discussione la visione classica, per cui la banca, per fare i prestiti, deve avere alle spalle del credito come accadeva con i depositi fino al 1910. Da economista pratico Schumpeter dice: non è assolutamente così, la banca crea moneta con un tratto di penna. La banca presta soldi che non ha. Nasce la teoria della rendita finanziaria: co-credito. La banca ti finanzia senza avere già i soldi. Nasce l’idea che la banca possa essere un imprenditore, perché se le banche si basano sul reddito e non sono imprenditrici, non c’è sviluppo.”

“Ora che abbiamo delineato la figura dell’imprenditore, vediamo come queste caratteristiche sono declinate dall’abbinamento a un aggettivo che un po’ tutti conoscete: civile. Se volessimo tradurre la relazione tra questi due elementi in una formula matematica potrebbe essere “imprenditore x civile”, di modo che se sono tutti e due zero il risultato è zero. Ma da cosa deriva questo effetto moltiplicatore connaturato all’unione di questi termini? Moltiplica: è un moltiplicatore, non un sommatore. Occorre che porti valori positivi sotto entrambi i profili. L’imprenditoria civile è eccedente: eccedente rispetto al territorio, eccedente rispetto a ciò che produce  verso i propri stakeholder, eccedente rispetto alla responsabilità sociale di azienda.”

“Il talento dell’imprenditore non è esaurito dall’economia, dall’ambito economico. Per me un buono esempio è quello di Muhammud Yunus, il banchiere dei poveri che ha fondato la Grameen Bank. L’idea è che il talento di un imprenditore non può limitarsi all’azienda. Cosa inventa Yunus? L’assicurazione per i poveri: mutue postmoderne che ridistribuiscono il rischio su tanti. Si inventa le terapie con gli smartphone: fotografie dei casi nel Bangladesh , e da Harvard arriva la soluzione. Come Yunus l’imprenditore civile sente di avere dei talenti che non possono limitarsi all’azienda: è un risolutore di problemi.

“Un’altra caratteristica che a me sta molto a cuore è quella del mutuo vantaggio. Questa è un’idea tipica dell’economia civile. Voi avete da una parte il modello dell’egoismo, e quello dell’altruismo dall’altro. Il modello di Freedman: l’imprenditore fa il suo interesse e il bene comune arriva senza che se ne rende conto. Oppure il filantropo che mette i propri soldi a disposizione. L’imprenditore ha come talento però non i soldi, ma se stesso. Il mio dono sono le mie risorse come persona, non quelle finanziarie. Io mi metto in gioco. Come ci dissero gli studenti nel summer camp africano: a noi non servono i soldi, a noi servono gli imprenditori. Quindi avete la visione dell’egoismo o l’altruismo: nel mezzo tra questi due atteggiamenti, c’è quello che i genovesi chiamavano mutuo vantaggio. Per l’economia civile il mercato è cooperazione, non competizione. Uno scambio mutuamente vantaggioso. Leggo il mercato come un luogo pienamente umano, dove mi arricchisco non grazie a te, ma con te. Il mercato è un luogo bello. La tua crescita è nelle mie intenzioni. C’è una intenzionalità collettiva. C’è un gruppo di persone che fanno azioni collettive: il team temporaneo.”

“Si pone allora una domanda: il sentimento del noi, di fraternità (in senso laico), è un criterio ex ante o nasce dopo il contratto? Il noi diventa un criterio di scelta o nasce dopo il contratto? Nasce dopo il contratto: se noi scegliamo amici, parenti e vicini, il mercato finisce. Prima guardo il mercato: vedo chi ha bisogno di me, dove ci sono opportunità di mutuo vantaggio. Vedo nell’ottica del laico sistema di prezzo. Poi scatta il noi. Non deve farmi scegliere te a prescindere dal costo di ciò che proponi. Quando salta questo concetto, viene meno la parte laica della vita. Io devo salvare il mercato e il rapporto con te. Poi nella vita esistono i cugini e i parenti, ma bisogna tener presente che dare la priorità a queste relazioni ha un costo. Cos’è bello dell’economia vera? Il fatto che la gente compie un sacco di contratti nuovi, diventa mezzo di scoperta nuovo. Tutto questo va detto sapendo che è costoso, è complicato. Se noi perdiamo questa laicità facciamo il gruppo di amici. Poi detto questo il mondo è complicato. La bellezza è questo intreccio.”

“Torniamo ancora a Ricardo. Uno dei teoremi che ha inventato è quello dei vantaggi comparati, che parte dall’assunto che un paese tenderà a specializzarsi nella produzione del bene su cui ha un vantaggio comparato (cioè la cui produzione ha un costo – opportunità, in termini di altri beni, minore che negli altri paesi). L’economia ha senso se dice delle cose contro intuitive. Come ad esempio che lo scambio conviene anche con persone svantaggiate.  A quale condizione non si scambierà mai? Se sono uguali. In un mondo troppo omogeneo scambieremo di meno. Ti conviene scambiare dove c’è differenza, anche se la differenza è data dalla condizione di svantaggio.”

“Qual è il messaggio che si può trarre da Ricardo? Io come posso comportarmi nella relazione con una persona svantaggiata? Torniamo ai due profili delineati prima. Sono un egoista: ti posso assumere solo se ho dei finanziamenti pubblici. Sono un filantropo: ti aiuto. Possibilità tre: stiamo crescendo assieme. A certe condizioni, stiamo crescendo assieme. Molto più dignitoso. Tu mi aiuti, e io aiuto te. Quando per legge è stata prevista la presenza di persone portatrici di handicap alcune aziende hanno preferito la multa all’avere uno svantaggiato tra le risorse umane. Ci vuole molta creatività.”

“Ho visto cooperative di giardinieri dove persone che erano state in galera facevano la differenza. Non mi devo dare pace, finché l’altro  non si sente utile a me. Questa è la più alta forma di economia civile, gli stai dicendo: siamo uguali. Ci vuole creatività. Soprattutto perché se non mi invento un lavoro vero non guariscono mai. Non c’è nulla di più umiliante che fare un lavoro inutile. Carlo Tedde questo l’aveva capito bene, e lo ha dimostrato nella sua gestione  del carcere minorile Quartucciu. Iniziò con il tentativo di coinvolgere i detenuti nel lavoro per la mensa. Il progetto partì bene, ma i poliziotti credevano i detenuti sputassero nei piatti. Allora attivò la sua creatività: lavanderie per le navi da crociera che passano da Cagliari.”

“Quando si fanno accordi internazionali valgono gli stessi principi, e accade che alcuni produttori molto capaci risultino penalizzati dagli accordi presi. Questo danneggia l’imprenditore, e la potenziale crescita. Mi muovo tra discorsi ambivalenti: in settori per cui è positivo fino a un certo punto, poi ha il lato oscuro. Perché la vita è così. Ma le ambivalenze portano storie generative. Sono terreni sempre scivolosi. La vita è sfumata, però è possibile raccontare una bella storia.”

Il prossimo appuntamento con il corso di Economia Civile è dedicato alla FINANZA ETICAMENTE ORIENTATA.

Se ne discute il 10 marzo, dalle 9:30 alle 17:30, con Laura Orestano (CEO di SocialFare | Centro per l’Innovazione Sociale), Franco Becchis (economista e direttore scientifico di Fondazione per l’Ambiente),  e il Prof. Leonardo Becchetti.

L’11 marzo, 9:30 – 17:30, con il prof. Rocco Ciciretti (Professore associato di Politica economica – Università di Roma Tor Vergata) si affronterà il tema degli Investimenti sostenibili e Responsabilità Sociale d’Impresa. Imprese, Banche e Fondi di investimento.

Le iscrizioni sono ancora aperte: è possibile frequentare i singoli moduli.

Per informazioni indirizzare le proprie richieste alla segreteria organizzativa della Scuola di Economia civile, all’attenzione del dottor Leonardo Brancaccio (segreteteria@scuoladieconomiacivile.it, dal lunedì al venerdì, ore 9.00-13.00).

 

Boosting Social Innovation | Social Innovation Pitch Event

Il potenziale delle città come agenti della social innovation è enorme. Nuove forme di organizzazione e interazione per tracciare le sfide sociali consentono alle città di rispondere in modo nuovo: le trasformazioni dell’amministrazione in collaborazione con i cittadini, la cittadinanza attiva, il soddisfacimento delle reali esigenze della popolazione, la creazione di un ambiente innovativo e prolifico che consenta il coinvolgimento attivo dei cittadini nell’attuare soluzioni alle sfide sociali più pressanti. Tutto ciò con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita, e di tracciare i bisogni non soddisfatti attraverso soluzioni sostenibili sotto il profilo ambientale, economico e sociale.

 

Obiettivo del progetto Boosting Social Innovation  è l’acquisizione di nuove competenze e avvio di un confronto/scambio con le città partecipanti sul tema dell’innovazione sociale, al fine di creare una rete tematica volta a promuovere il ruolo di intermediatori e promotori dell’innovazione sociale e di ecosistemi locali e transnazionali, da parte delle pubbliche amministrazioni, per favorire la creazione di nuovi modelli e nuove forme organizzative in grado di affrontare le nuove sfide sociali.

 Social Innovation Pitch Event (18 Febbraio): Rinascimenti Sociali presenta alcune delle start-up accelerate alle delegazioni delle 12 città europee coinvolte nel progetto Boosting Social Innovation per valutare le condizioni di replicabilità dei loro modelli di business in altri contesti urbani europei.

La Città di Torino ospiterà dal 17 al 19 febbraio 2016 il meeting finale della prima fase del progetto europeo Boosting Social Innovation, con la visita delle delegazioni di 12 città europee. In questa occasione sarà proposto il Social Innovation Pitch Event, ospitato presso gli spazi di Rinascimenti Sociali.  Il gruppo del progetto nella serata del 18 Febbraio incontreranno alcune start-up accellerate presso Rinascimenti Sociali, o inserite nel percorso FaciliTo Giovani di Torino Social Innovation, per valutare le condizioni di replicabilità dei loro modelli di business in altri contesti urbani europei.

 

L’evento è chiuso, la partecipazione su invito.

 

Modelli ed esperienze di innovazione sociale in Italia | Secondo rapporto CERIIS

“Innovare è connettere”

Greg Horowitz

È diventato sempre più difficile offrire una definizione univoca del concetto di innovazione, soprattutto lì dove viene abbinato alla sua declinazione sociale. Il secondo rapporto CERIIS (Centro di ricerche internazionali sull’innovazione sociale) mira a offrire una definizione aggiornata di questo fenomeno a partire dalla mappatura di modelli ed esperienze di innovazione sociale in Italia. L’innovazione sociale, scrive Gianni Lo Storto (Direttore generale LUISS Guido Carli), può essere definita come “una soluzione a un problema sociale che sia più efficace, efficiente e sostenibile di quelle già messe in atto, e in cui il valore creato vada a vantaggio della società prima che ai suoi singoli individui.”

Il “cuore” dell’innovazione sta quindi soprattutto nelle nuove relazioni attivate: più che di oggetti o fenomeni isolati, l’innovazione è questione di connessioni. Innovazione sociale significa innanzitutto mettere in contatto fasce diverse di popolazione, ampliare i confini della comunità, includere anziché escludere, coinvolgere anziché discriminare. L’innovazione sociale è intrinsecamente frugale (jugaad) e vantaggiosa economicamente, perché prevede una più efficace allocazione delle risorse a beneficio del più vasto bacino di persone possibile.

 

“L’innovazione Sociale può essere definita come una soluzione a un problema sociale che sia più efficace, efficiente e sostenibile di quelle già messe in atto, e in cui il valore creato vada a vantaggio della società prima che ai suoi singoli individui. L’innovazione sta quindi, soprattutto, nelle nuove relazioni attivate:  mettere in contatto fasce diverse di popolazione, ampliare i confini della comunità, includere anziché escludere, coinvolgere anziché discriminare.”

Gianni Lo Storto (Direttore generale LUISS Guido Carli)

Il CERIIS per analizzare il fenomeno dell’innovazione sociale nel nostro paese ha compiuto rilevazioni su quasi 500 progetti ed esperienze, e ha compiuto approfondimenti sui 56 casi di maggior rilevanza (tra le realtà selezionate per Torino: Paratissima e SocialFare®). Sulla base di questa ampia analisi empirica, il rapporto illustra i modelli e le attuali tendenze dell’innovazione sociale maggiormente consolidate nel nostro Paese. In particolare lo studio identifica le caratteristiche chiave dell’innovazione sociale e le principali condizioni che ne favoriscono lo sviluppo; evidenzia gli ambiti di rilievo sociale dove il fenomeno in questione risulta più frequente.

Il Rapporto CERIIS porta all’ampia letteratura diffusa sul tema dell’innovazione sociale due elementi di miglioramento che ne fanno un punto di riferimento nel dibattito sulle nuove modalità di creazione di valore collettivo: un’attenta rappresentazione della realtà empirica del fenomeno, e l’approfondimento dei criteri pratici che permettono di distinguere l’innovazione sociale e i fattori da cui dipende il suo impatto. Sulla base dei risultati derivanti dall’analisi il rapporto presenta un set di proposte per l’elaborazione di una politica organica a favore dello sviluppo dell’innovazione sociale.

Gli studi sinora condotti raccontano l’innovazione sociale come tipologia di innovazione a sé, a prescindere dal settore o dall’ambito in cui si manifesta, come fenomeno dipendente dalla capacità di attivazione di relazioni nuove tra diversi attori, per mezzo di nuove forme di coinvolgimento, modelli organizzativi e strumenti innovativi. Il grado di innovatività delle soluzioni impatta sul capitale relazionale, attraverso il quale individuare e successivamente soddisfare un bisogno sociale espresso o latente. Lo scopo dipende dai mezzi ed è influenzato dai fini. L’innovazione sociale deve essere riconoscibile rispetto ai risultati ottenuti, ma anche nel modo in cui questi sono raggiunti: ogni innovazione sociale è tale se attiva una collettività di soggetti e i risultati ottenuti sono di beneficio a tutti e non a pochi.

L’analisi del CERIIS per individuare le caratteristiche chiave e le determinanti dell’innovazione sociale prende avvio dalla considerazione che l’innovazione sociale è context dependentQuesto significa che essa si attua in un più ampio contesto istituzionale, sociale, economico, culturale e ambientale che ne influenza fortemente i contenuti e le modalità realizzative. La sua specificità e rilevanza sta nel fatto che introduce qualcosa di nuovo (e con un positivo e rilevante impatto sociale) nel contesto in cui si manifesta: la sua innovatività non va considerata in senso assoluto, ma relativamente ai soggetti coinvolti nella sua realizzazione.

 

Ogni innovazione sociale è sia path-specific che place-specific (Zamagni, 2015), dipende dalle precendeti esperienze e dal bagaglio socio culturale degli attori partecipanti, nonché dalle caratteristiche storico-sociali del contesto in cui si sviluppa. Il modello italiano si caratterizza per una lettura relativa e soggettiva dell’innovazione sociale, dove le caratteristiche tipiche di ogni comunità sono la forza e la debolezza di tale modello. Ogni comunità svolge il ruolo di facilitatatore e disseminatore di innovazione sociale (Guida e Maiolini, 2013). In Italia, data la grande tradizione dell’imprenditorialità sociale, dell’associazionismo e del ruolo delle famiglie, intese come primo livello di comunità il dibattito è di grande interesse e richiede un attento rilievo empirico.

 

L’innovazione sociale e le sue possibilità di impatto variano in relazione alla dimensione geografica in cui si attuano, e si modificano nel tempo in quanto processi che evolvono rispetto a manifestazioni, modalità di partecipazione, interazione tra gli attori coinvolti, , output e benefici generati. Nonostante le numerose variabili che queste caratteristiche comportano è possibile identificare sei elementi chiave dell’innovazione sociale:

/ la migliore soddisfazione di un’esigenza collettiva

/ innovazione delle relazioni tra gli attori economici e sociali e dei loro ruoli

le tecnologie

il miglior uso dei beni e delle risorse disponibili

impatto strutturale

/ forza economica

I costrutti teorici hanno trovato riscontro nelle caratteristiche emerse dal campione d’indagine. L’innovazione sociale dimostra di essere un fenomeno estremamente eterogeneo, sia dal punto di vista degli ambiti in cui si manifesta anche delle modalità. La distribuzione del campione in funzione del tipo di di innovazione (relazionale, tecnologica, entrambe) è piuttosto omogenea: l‘innovazione relazionale risulta leggermente superiore a quella tecnologica, con 164 casi rispetto ai 159 della seconda. L’analisi del campione dimostra, inoltre, una maggiore sostenibilità dal punto di vista economico quando è basata sull’innovazione delle relazioni, mentre lo è meno quando è centrato sulla tecnologia.

Il report per studiare più approfonditamente questi concetti ha individuato un numero ristretto di casistiche nelle quali sono emerse più complesse dinamiche attuative. Per quanto concerne il sitema degli attori, il modello permette di tracciare il profilo dei principali attuatori delle iniziative. L’indagine campionaria mostra che essi agiscono per lo più sotto forma di imprese e di NPO suggerendo il ruolo dominante delle entità private rispetto a quello del soggetto pubblico e degli individui privi di struttura organizzativa.

L’approccio all’innovazione sociale cambia in base alle modalità organizzative e di gestione dei flussi di innovazione delle imprese. Ciò che emerge in maniera preponderante riguarda la consapevolezza delle imprese del fatto che per fare innovazione sociale è fondamentale riuscire a integrare la propria visione di organizzazione all’interno di un sistema di relazioni. In questo senso la rete delle partnership e le modalità di interzione tra i diversi attori rendono una innovazione sociale coerente nei fini e nei mezzi.

cover Sulla base delle questioni chiave evidenziate dall’indagine qualitativa condotta, il report analizza le relazioni tra gli attori, la forza economica e l’incidenza della variabile finanziaria nei progetti d’innovazione, l’evoluzione della relazione dell’innovazione sociale con le imprese, il quadro delle opzioni di intervento pubblico a favore dell’innovazione sociale sviluppate a livello nazionale ed europeo arrivando a formulare delle proposte per una politica organica in favore dell’innovazione sociale.

Il report si chiude con approfondimenti dedicati alle prospettive dell’innovazione sociale nel coinvolgimento dei cittadini, nell’impegno verso la sostenibilità ambientale, nello sviluppo di una rete nazionale e nella sua relazione con il settore bancario.

Un report ricco di spunti che scatta una foto accurata e realistica del grande dinamismo che caratterizza l’innovazione sociale in Italia, scaricabile gratuitamente nella sua versione integrale.

Planet Idea Lab e SocialFare® per la prima social smart city | Intervista a Gianni Savio, Chief Operating Officer

All’interno del grattacielo di Intesa San Paolo il 26 gennaio è stato presentato il bando che avvia la prima esperienza di Living Lab sul quartiere CampidoglioIl quartiere, nella IV Circoscrizione, è stato da tempo scelto come laboratorio per la sperimentazione di nuove tecnologie da implementare al modello torinese di smart city. Il bando si pone l’obiettivo di cercare soggetti che vogliano sperimentare iniziative e soluzioni tecnologiche innovative di interesse pubblico, coerentemente alle linee di azione indicate dal piano strategico di Torino Smart City.

La presentazione del bando, oltre che interessante stimolo per quanti stanno sviluppando tecnologie e servizi in questa direzione, è stata occasione per condividere cinque esperienze di innovazione candidate ad essere realizzate nel quartiere Campidoglio, oltre che rappresentare il primo passo per avviare la collaborazione tra Torino e Fortaleza (Brasile). A Croatà, nel nord del Brasile, sorgerà infatti la prima social smart city. A realizzarla saranno  gli imprenditori torinesi della start-up Planet Idea LabPresentazione standard di PowerPointAl momento è in fase di realizzazione un primo prototipo (foto), secondo una nuova metodologia che si pone l’obiettivo di mettere a sistema i servizi e le tecnologie con l’obiettivo di disegnare nuovi ecosistemi urbani. Questo nuova modellizzazione può essere applicata alle città nella loro interezza, ma può riguardare anche solo porzioni di essa o strutture specifiche. Nasce secondo quest’ottica la social smart square: un modello
che sarà declinato secondo le esigenze delle due città, primo strumento di dialogo tra le esperienze e le tecnologie delle due città.

Oggi incontriamo Gianni Savio, Chief Operating Officer di Planet Idea Lab. Buongiorno Gianni, stamattina in ufficio ti ho sentito dire che le smart city vengono considerate solo cavi e gadget. Cosa taglia fuori questa visione che vuole ridurre (provocatoriamente) tutto alla dimensione tecnologica?

La prima cosa che si nota quando si approccia il tema smart city è che in realtà a livello mondiale non c’è una definizione univoca. Quando parlo agli operatori tecnologici la loro visione di smart city è quella di una città connessa, ricca di ICT e iOT. Se mi confronto con gli architetti per loro il tutto è riconducibile alla pianificazione di una città disegnata per essere resiliente. Per gli ingegneri si tratta di acque reflue, smart grid e gestione delle risorse ambientali. Per quanti hanno il focus sugli aspetti sociali il tema è l’inclusione sociale: come bisogno e come potenziale. Quello a cui Planet Idea Lab punta è integrare tutti questi punti di vista in una visione sistemica che possa contemplare tutti gli elementi tecnologici, tecnici e sociali fioriti negli ultimi anni, una visione di pianeta. Ci sono tante idee smart lodevoli come singole iniziative, ma molto spesso sono singole iniziative che trovano un utilizzo solo estemporaneo.  Piero Fassino ieri durante la presentazione nel grattacielo di Intesa San Paolo metteva in guardia, a riguardo, dal rischio di “fare il presepe”, con una giustapposizione di iniziative. È da questa riflessione che prende le mosse la nostra visione, secondo la quale tutti lavorano in sinergia per la creazione di ecosistemi più sostenibili.

Perché avete deciso di costruire una social smart city?

Attualmente il 2% del pianeta è ricoperto da città. Il 50% della popolazione mondiale vive in centri urbani, che consumano il 75% dell’energia e emettono l’80% delle emissioni di monossido di carbonio. Questo perché il 50% delle abitazioni non rispondono ad una visione smart. In questo contesto costruire social smart city costituisce una sfida: utilizzare nuove tecnologie per case che devono avere costi contenuti. L’innovazione spesso viene associata a costi elevati, noi partiamo da assunti differenti. Ora stiamo creando un prototipo che generi economia di scala, per sondare la possibilità di dare vita a un ecosistema urbano intelligente testato su un numero minimo di 5000 unità abitative. L’obiettivo è quello di creare sistema integrato, in cui i vari fattori non costituiscano solo una sommatoria algebrica di utilities e servizi, ma che nella loro interazione portino un valore aggiunto.

Il Social Housing tradizionale segue un modello massificante e indistinto, con unità abitative aggregate in maniera intensiva, che non considera la sostenibilità sociale e ambientale, e slegato dalla pianificazione urbana. SocialHousingMexicoNoi opponiamo a questo modello la progettazione di SMART URBAN ECOSYSTEM: la crescente urbanizzazione richiederà capacità e conoscenza per la progettazione, lo sviluppo e il miglioramento della pianificazione, delle infrastrutture, dell’edilizia e dei servizi in un approccio sistemico. Un esempio della visione integrata dei servizi può essere la app che abbiamo sviluppato. L’app offre, tra le altre, la possibilità con l’interazione con le smart grid di monitorare i consumi di energia elettrica in tempo reale, ma anche di pianificare il consumo del mese in relazione alle possibilità di spesa della famiglia. Allo stesso modo sono previste sinergie tra i sistemi di mobilità interna (come ad esempio il bike sharing) con quelli di mobilità esterna (es. car pooling). Questo approccio consentirà moltissimi vantaggi anche alla parte amministrativa della città (che ad esempio potrà ottenere big data utili alla sua pianificazione), ma soprattutto offrirà vantaggi immediati al cittadino.

Nella tua presentazione parli di quattro pilastri, tra cui citi l’inclusione sociale. In che modo quest’ultima offre alla città una dimensione smart?

Non ci può essere smart city senza un’adeguata pianificazione. Questo prevede un primo livello infrastrutturale: urbanistica, infrastrutture tecnologiche e smart grid, che potremmo definire come l’hardware della città. E poi c’è il software che riguarda la connessione tra i cittadini, la comunità. Naturalmente i servizi di cui parliamo offerti a Miami o all’interno di un contesto legato al social housing hanno due gittate completamente diverse. In contesti di difficoltà economica reti di prossimità, interazione e servizi a favore dell’inclusione assumono una valenza comprensibilmente diversa.

Non ci può essere smart city senza un’adeguata pianificazione. Questo prevede un primo livello infrastrutturale: urbanistica, infrastrutture tecnologiche e smart grid, che potremmo definire come l’hardware della città. E poi c’è il software che riguarda la connessione tra i cittadini, la comunità.

GIANNI SAVIO

 

Com’è nata la collaborazione con SocialFare?

Un progetto così catalizza automaticamente i diversi componenti: chi ha un know-how utile allo sviluppo di questo progetto si sente naturalmente coinvolto. È quasi un processo naturale. Non ci si sceglie, ci si incontra. SocialFare® è stato un incontro importante, soprattutto per la sua capacità di attrarre le idee migliori, di stabilire connessioni capace di dare forma a qualcosa che ancora non esiste in un’ottica di innovazione sociale.

Cosa ti aspetti da questo dialogo con SF?

Il dialogo fino ad ora è stato molto fruttuoso: mi aspetto che andremo a realizzare grandi cose.

Dai tuoi racconti so che hai vissuto, e continui a trascorrere molta parte del tuo tempo, in Brasile. In che modo la tua conoscenza della popolazione locale ha influito sulla progettazione di strutture e servizi?

Per me la molla non è stata tanto l’incontro con questo meraviglioso territorio, ma la scoperta che non si può continuare a costruire in questo modo: bisogna cambiare il modo di costruire. Ma soprattutto, che è possibile farlo. Spesso si pensa che innovare significhi ricorrere a capitali enormi, ma a volte questo può avvenire anche garantendo costi estremamente ridotti e una piena sostenibilità economica. Tornando alla distinzione tra hardware e software, una volta che hai individuato il software in un’economia di scala ammortizzi rapidamente i costi di progettazione. A volte ci si lascia prendere dal pregiudizio che replicare una buona idea costituisca un tentativo di omologazione, ma un format efficace opportunamente personalizzato costituisce l’esatto opposto e ti consente di portare l’innovazione sui territori che meno sarebbero in grado di captarla e che maggiormente ne hanno bisogno.

Per me la molla non è stata tanto l’incontro con questo meraviglioso territorio, ma la scoperta che non si può continuare a costruire in questo modo: bisogna cambiare il modo di costruire. Ma soprattutto, che è possibile farlo. Spesso si pensa che innovare significhi ricorrere a capitali enormi, ma a volte questo può avvenire anche garantendo costi estremamente ridotti e una piena sostenibilità economica.

GIANNI SAVIO

 

Chi collabora con te a questo progetto?

Tante persone. Alcune lavorano in Brasile: una ventina tra architetti, ingegneri, capo-cantiere e responsabili amministrativi. La parte operativa della costruzione del prototipo. Nell’ideazione del concept sono invece coinvolti RECS ARCHITECTS (per l’area pianificazione urbanistica, architettura). Francesco Tresso a capo del team per la sostenibilità ecologica. Daniele Alberti a capo del team ICT e iOT e SocialFare® per tutto ciò che concerne l’innovazione sociale e la valutazione di impatto.

Ora siamo impegnati nella realizzazione dei due esperimenti di piazza intelligente. Questo prima connessione costituisce la volontà di mettere a sistema la dimostrazione dei benefici che possono nascere quando l’ecosistema urbano è progettato e realizzato in maniera smart. Un concetto declinabile su differenti scale e che già adesso vede dei tentativi di applicazione nei concetti di smart station, smart factory, e per l’appunto smart square.

PlanetIdea_logo_LAB

L’Economia civile, una via di innovazione del mercato

I volti dei partecipanti sono sorridenti e concentrati. Anche ora che dopo due intesi giorni di lezioni, testimonianze e laboratori si conclude il primo appuntamento con il Corso di Economia Civile. Rinascimenti Sociali ha, infatti, ospitato nei suoi spazi il 14 e il 15 gennaio 2016 il primo modulo del corso di Economia Civile, dedicato all’economia civile come via di innovazione del mercato.

IMG-20160121-WA0004A introdurre il tema è il professor Zamagni. Il noto professore di Economia politica spiega che l’economia di mercato è comunemente intesa come il modello economico più efficiente che conosciamo per ottimizzare il rapporto tra domanda e offerta di merci e servizi, grazie alla possibilità di misurare la sua efficacia attraverso il profitto. L’economia di mercato, tuttavia, non dispone di uno solo, bensì di almeno tre modelli economici: quello liberista di stampo anglosassone, quello sociale di matrice tedesca e quello civile di origine italiana. Per Zamagni l’impresa capitalistica e quella sociale o civile non sono alternative, ma complementari.

L’economia civile è in grado di rispondere alle gravi lacune intrinseche all’economia classica. Il modello proposto riesce ad ovviare all’endemico aumento della diseguaglianza nella distribuzione dei beni, a sciogliere il paradosso elaborato da Richard Easterlin relativo al rapporto tra crescita del reddito e felicità, a dare risposte alle problematiche sollevate dai beni comuni.

La sfida dell’Economia Civile è quella di far coesistere, all’interno del medesimo sistema sociale, tutti e tre i principi regolativi dell’ordine sociale:

  • il principio dello scambio di equivalenti di valore (le relazioni si basano su un prezzo, che è l’equivalente in valore di un bene/servizio scambiato) attraverso cui il sistema garantisce la sua efficienza;
  • il principio di redistribuzione per cui l’efficacia del sistema economico è determinata dalla sua capacità di redistribuire la ricchezza tra tutti i soggetti che ne fanno parte, garantendo loro la possibilità di partecipare al sistema stesso attraverso cui si determina l’equità del sistema;
  • e il principio di reciprocità: è il principio fondante dell’Economia Civile ed è caratterizzato dalla presenza di tre soggetti (struttura triadica), di cui uno (homo reciprocans) compie un’azione nei confronti di un altro mosso non da “pretesa” di ricompensa dell’azione stessa, bensì da aspettativa, pena la rottura della relazione tra le due.

Attuando questi comportamenti l’homo reciprocans non solo agisce mettendo in primo piano le emozioni (la cosiddetta intelligenza emotiva), bensì riesce anche a rendere la razionalità “ragionevole”, in modo tale che i sentimenti possano essere maggiormente rilevanti rispetto alla pura e semplice razionalità, intesa come l’utilità caratteristica dell’homo oeconomicus. Il fine della reciprocità è l’affermazione della fraternità, principio che permette agli “uguali” di essere “diversi” “e” postula, di conseguenza, il pluralismo, il quale permette ad una società di garantirsi un futuro e di non scomparire.

Le imprese sociali rappresentano una forma moderna e innovativa attraverso la quale la società civile assume le possibilità offerte da questa trasformazione. In particolar modo lì dove il sistema capitalistico si ritrova a vivere una fase di jobless growth (crescita senza creazione di posti di lavoro) dovuto all’uso delle tecnologie, digitali e non, che presuppone un livello fisiologico e costante di disoccupazione. In questo contesto l’economia civile, che intende il lavoro come un fine e non solo come un mezzo o un fattore della produzione,  rende la generazione di posti di lavoro prioritaria e strettamente connessa alla capacità propositiva e innovativa dei lavoratori. Sembra sempre più vicina l’era paventata dalla fantascienza dei robot umanoidi in cui il lavoro di routine è delegato quasi integralmente alle macchine. Per questa ragione è fondamentale che il lavoro torni a essere un fine, e non solo un mezzo. Sarà necessario occuparsi di sanare il gap tra lavori creativi e lavori di routine, e questo riguarda fortemente il modello economico che orienta le scelte politiche, soprattutto nella scelta di favorire o meno imprese che non abbiano come fine obiettivi puramente economici.

Dopo la pausa pranzo il quadro disegnato dal professor Zamagni prende forma nel racconto di Gaetano Giunta. Un passato da fisico teorico, trasformato dalla scelta di tornare in Sicilia per proporre qualcosa di diverso. Seguendo la logica pregnante dell’economia civile ha scelto di non sfidare la mafia, ma di offrire ai cittadini un’alternativa creando un programma di infrastrutturazione sociale, altamente sperimentale, incentrato sulla promozione di forme evolute di welfare comunitario intrecciate con esperienze produttive di economia sociale e solidale. Un atto d’amore verso un territorio ed una comunità caduti da anni sotto la soglia di povertà trappola. La Fondazione di Comunità di Messina nasce per andare oltre la prospettiva della società liberal-individualista che non persegue una specifica concezione del bene e sancisce che né i diritti individuali possono essere sacrificati a vantaggio del bene comune, né i principi di giustizia, che specificano quei diritti, possono essere basati su una qualche nozione di solidarietà e fraternità. Coerentemente con i valori a cui essa si ispira, i meccanismi sociali ed economici proposti dalla Fondazione sono pensati nella logica relazionale del mutuo vantaggio.

IMG-20160121-WA0002Giunta racconta come una parte consistente del fondo è stato destinato alla creazione di un parco diffuso di energie rinnovabili dal vento, dal mare e dal sole, ricco di prototipi, e reso economicamente significativo attraverso tecnologie tradizionali, quali il fotovoltaico. Un bando pubblico ha permesso di selezionare tutte le famiglie, le organizzazioni e le istituzioni disponibili a mettersi in rete e a ospitare su strutture ed edifici in loro possesso gli impianti fotovoltaici. Tutti coloro che hanno aderito all’invito pubblico sono oggi beneficiari della produzione energetica degli impianti di cui sono titolari, mentre il conto energia è stato ceduto a titolo di liberalità alla Fondazione di Comunità di Messina per finanziare sul lungo periodo i propri programmi sociali, culturali, di ricerca e sviluppo, ecc. Inoltre, le famiglie, le organizzazioni e le istituzioni che hanno aderito all’iniziativa costituiscono la base sociale da cui è nato il Gruppo d’Acquisto Solidale che sostiene le produzioni buone, pulite e giuste del territorio. I circa 200 impianti della Fondazione permettono di erogare un sostegno alle famiglie, alle organizzazioni ed alle istituzioni partner, sotto forma di consumo energetico, pari a circe € 250.000,00 ogni anno. Mentre tale meccanismo genera per la fondazione donazioni annue pari a circa il doppio.Con Vittorio Pelligra, Professore Associato di Politica Economica presso l’Università di Cagliari, i partecipanti hanno esplorato i fondamenti dell’Economia Civile: il superamento dell’auto aiuto, la fiducia, i beni relazionali. La riflessione ha preso le mosse dal paradosso di Easterlin (Easterlin Paradox), o paradosso della felicità, formulato per la prima volta nel 1974 da Richard Easterlin, il quale nel ricercare le ragioni della limitata diffusione della moderna crescita economica evidenziò come nel corso della vita la felicità delle persone dipenda molto poco dalle variazioni di reddito e di ricchezza. Questo paradosso, secondo Easterlin, si può spiegare osservando che, quando aumenta il reddito, e quindi il benessere economico, la felicità umana aumenta fino ad un certo punto, poi comincia a diminuire, seguendo una curva ad U rovesciata.

Quasi tutte le ipotesi per spiegare il paradosso rimandano più o meno direttamente alla necessità “economica” di inserire nell’analisi delle ricchezze un’altra categoria di beni: i beni relazionali (come l’ambito familiare, affettivo e civile della partecipazione alla vita sociale/volontariato e politica della propria comunità).  Molte ricerche mettono in luce che per i beni relazionali  il treadmill dell’adattamento e delle aspirazioni non è totale e la felicità, o infelicità nei casi negativi, pur diminuendo nel tempo rimane comunque più elevata. Pelligra spiega come ci siano beni che il denaro non sempre è capace di comprare e spesso vengono sacrificati al fine di conseguire il reddito monetario necessario per acquistare i “beni di consumo” (si pensi al tempo crescente che le attività lavorative rubano alle relazioni familiari e ai rapporti di amicizia).

IMG-20160121-WA0001

La seconda giornata si è conclusa con il laboratorio condotto da SOLEA con l’obiettivo di supportare l’apprendimento, di collegare i saperi alla propria esperienza organizzativa e di facilitare la conoscenza fra i partecipanti.

Il secondo modulo, in programma giovedì 25 e venerdì 26 febbraio, entrerà nel vivo della logica di impresa. Assieme al professor Luigino Bruni (docente di Economia Politica presso l’Università LUMSA di Roma) e Marco Frey (Direttore dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna e Presidente del Comitato scientifico di Symbola) si identificheranno le caratteristiche che distinguono un imprenditore civile, le caratteristiche di cura del welfare e il contributo alla vita del territorio che contraddistinguono l’imprenditoria civile, addentrandosi anche in temi controversi come la concorrenza sul mercato e la differenza tra profitto e rendita.

Le iscrizioni sono ancora aperte, ed è possibile partecipare anche a singoli seminari.

Per informazioni indirizzare le proprie richieste alla segreteria organizzativa della Scuola di Economia civile, all’attenzione del dottor Leonardo Brancaccio (segreteteria@scuoladieconomiacivile.it, dal lunedì al venerdì, ore 9.00-13.00).